lunedì 19 novembre 2018

SIRACUSA-BISCEGLIE 1 a 0, VITTORIA TARGATA LANERI E RUSSINI



   
   Questi i nomi dei due protagonisti della vittoria del Siracusa sul Bisceglie. Diciamoci la verità, Antonello Laneri, è tornato  al centro delle scelte tecniche/dirigenziali del Siracusa calcio. Va dato merito al presidente Alì di aver preso atto di una situazione che non era più sostenibile sotto tanti profili. Non si poteva più portare avanti quel progetto dell’estate al quale aveva dato appoggio entusiastico ed economico. Antonello con il linguaggio e la modestia che gli sono propri, in punta di piedi, è stato al suo posto soffrendo per quel che vedeva in campo e sugli spalti, ma era giusto che la nuova società verificasse sul campo quel progetto nel quale aveva creduto.

                                                    Antonello Laneri
     
    Lui intanto la settimana scorsa, come miglior direttore sportivo della categoria, a Nola, ha ritirato  il Premio “Italian Sport Awards”, il Gran Galà del Calcio, Serie C 2017/2018. 

                                                   Gaetano Auteri

   Insieme a lui un altro azzurro nel cuore, “Lo Special One”, Gaetano Auteri, ha ritirato la stessa targa come Premio alla Carriera.

                                                        I nuovi gadget del Siracusa


                                     Michele Pazienza e Antonello Laneri

   La presenza attiva di Laneri s’era già vista con l’arrivo dei due under Luca Bruno e Simone Russini. Nella conferenza stampa, nel primissimo pomeriggio di venerdì, in forma ufficiale, Antonello, aveva rotto il silenzio tanto atteso dagli sportivi siracusani e da parte di tutta la tifoseria, sia su un possibile impegno con il Pescara e con la dedica del Premio, ritirato a Nola, al Siracusa Calcio, alla città di Siracusa, a tutti i tifosi azzurri in generale. Diciamo allora che si è aperto un nuovo capitolo in questa stagione calcistica, fermo restando le volontà espresse dalla nuova gestione  e dei punti conquistati dai tecnici e dalla squadra sul campo.
   Vogliamo partire spedendo due parole sulla prestazione offerta dagli azzurri a Catania e sulla sconfitta immeritata del Siracusa al Massimino. La prestazione del Siracusa, con la guida in panchina di Michele Pazienza, con il Catania ci è sembrata di una certa importanza perché tutti avevamo considerato il Catania di una spanna superiore. Quella partita e le prestazioni successive del Catania ci hanno detto che se i catanesi non si rafforzano seriamente nel mercato di gennaio, al pari del Siracusa, i rispettivi obiettivi delle due società sarebbero considerevolmente compromessi, ogni società per i propri. È anche vero che il livello generale di tutte le squadre è più basso delle stagioni precedenti.
   Ora veniamo a qualche nota sulla partita. Con il palo colpito, dopo il ventesimo,  il Bisceglie ha fatto la partita per quasi tutto il primo tempo, bisogna arrivare al 43° per vedere il Siracusa pericoloso sotto-porta con una bella punizione di Vasquez respinta dal portiere e due successive fortunose respinte dentro l’area di rigore del Bisceglie. Nel secondo tempo le squadre si sono controllate senza nessuna azione pericolosa degna di nota. È con l’ingresso in campo di Russini, al 23° del s.t., al posto di un Celeste che non decolla né incide, che cambia la gara. Qualche scambio per entrare in partita, come ha detto Pazienza, il ragazzo non ha ancora tanti minuti nelle gambe, e finalmente, dopo dodici gare, tutti abbiamo ammirato la prima azione degna di nota di un esterno d’attacco: ricevuta palla sul suo versante salta due avversari e mette al centro un cross degno di questo nome. Non è stato sfruttato appieno, però tutti, sugli spalti, si sono accorti di questa giocata, evviva, finalmente un esterno d’attacco che sa fare il suo mestiere. Il Bisceglie non sa correre ai ripari, gli azzurri avvertono emotivamente che possono osare di più. Vasquez  acquista più fiducia in se stesso. La partita è cambiata nello spirito degli azzurri. Conquistata una punizione ai 30 metri dalla porta Russini si presenta a calciare, i compagni glielo lasciano fare. Tiro intelligente che sorprende la difesa per un intelligente intervento di testa, basso, di Lele Catania che sigla un goal liberatorio e che giocatori e tifosi sentono particolarmente. È il goal-vittoria che tutti speravano e cercavano.

                                                Simone Russini e Lele Catania


                                                               Simone Russini


   Il "Tocco di classe" di questa partita lo assegniamo a Simone Russini. Nei 32 minuti, questo è il tempo che ha avuto a disposizione, ha messo in mostra quel che i tifosi si aspettavano di vedere da chi giuoca in quel ruolo ed anche per aver dimostrato di avere carattere per come è stato in campo. 


  Salvatore Spallina

domenica 4 novembre 2018

SIRACUSA-CAVESE 3 a 1, OSSIGENO PURO IN VISTA DEL DERBY CON IL CATANIA





    Bene ha fatto Ezio Raciti a condividere la conquista di questa vittoria meritata con Giuseppe Pagana. Da uomo grande, maturo e navigato del calcio non si è voluto prendere gran parte del merito. In fondo con Pagana aveva condiviso tutto fino, a qualche giorno fa,  rispettando i ruoli: il primo allenatore era Pagana e le scelte tecniche erano sue. Per tanti versi era giusto che pagasse, per la caparbietà con la quale ha creduto nel “suo gruppo” (e questa di certo caratterialmente non è una dote negativa), per le responsabilità che era giusto si assumesse. Con le sue scelte determinate aveva creato i presupposti per quella difficile situazione nella quale si trova, ancora adesso, la squadra e la stessa società. Perché le scelte decisive su tanti punti importanti di questa stagione le aveva compiute lui, quanto meno le aveva ispirate fortemente. Il progetto della nuova società, staff compreso, lo aveva visto protagonista ed il Presidente Giovanni  Alì aveva creduto in quest’uomo che con tante vittorie lo aveva portato ad un passo dalla Serie C.
  Gli errori ci sono stati sia nella valutazione del gruppo, sia nel linguaggio inadeguato con il quale giustificava le sconfitte della squadra e per, prima cosa, aver convinto la società che l’apporto di Antonello Laneri dovesse fermarsi ai limiti della gestione tecnica. Questi tre elementi alla fine sono deflagrati e lo stesso presidente Alì si è reso conto che tante delle valutazioni del suo pupillo non erano all’altezza che la situazione venutasi a creare esigessero. Il presidente Alì ha preso in mano la situazione scegliendo di ricollocare al centro delle decisioni la figura, il ruolo ed il prestigio di Antonello Laneri. A questo punto era inevitabile che a fare il passo indietro non poteva che essere Pagana. Nel nostro commento, dopo la sconfitta in casa con il Potenza, avevamo individuato che nelle pieghe del comunicato stampa emesso dalla società che confermava ancora Pagana, come guida tecnica per la partita di Rieti, c’era già la mano e la mente di Laneri. Infatti al rientro dalla trasferta vittoriosa di Rieti, per il giuoco espresso e la gestione della gara, con una delle squadre, a nostro parere, più inadeguate per la categoria, la sua esperienza a Siracusa si sarebbe chiusa. Così è stato. Laneri è tornato a ricoprire quel ruolo auspicato da tutti, noi compresi, ma il cammino per risalire la china non sarà facile. I primi segnali/rinforzi di Luca Bruno e Simone Russini stanno comunicando alla tifoseria il lavoro di Laneri. il suo esser stato presente ed accanto alla squadra in questa settimana, in cui Raciti ha preso le momentanee redini della squadra, ha dato i suoi frutti, in attesa di nuovi sviluppi. Altri rinforzi saranno necessari. Le esperienza delle stagioni precedenti giuocano tutte a suo favore.
   Però, per tornare alla gara con la Cavese, le differenza nella gestione della partita e degli uomini ci sono tutte. Raciti ha tenuto il 4-4-2 per tutta la gara, anche quando, dopo il pari della Cavese, il centrocampo azzurro ha molto sofferto per tutto il primo tempo e rischiato di prendere il 2 a 1. Al ritorno in campo, nel secondo tempo, quel modulo tattico non l’ha snaturato, anzi l’ha rinforzato cercando di frenare i campani proprio a centrocampo. Certo c’è da dire che Catania e Vasquez hanno tenuto il campo alla grande mettendo paura ed apprensione, per quasi tutta la gara, nella trequarti avversaria. I quattro del centrocampo hanno retto e per la prima volta il Siracusa non ha ceduto il dominio territoriale troppo a lungo agli avversari, come invece era successo in tante gare precedenti. Le due autoreti dei due momentanei vantaggi del Siracusa, procurate da due cross in area di Marco Palermo, prima del 3 a 1 di Di Sabatino, sono due piccoli colpi di fortuna che, secondo un vecchio modo di dire, hanno voluto aiutare le scelte tecniche di Ezio Raciti. Comunque vittoria meritata e già che stiamo citando meriti, noi non sentiamo di dover rimproverare a questi ragazzi, fino ad ora, impegno ed abnegazione, mostrati durante le gare.
   Secondo noi c’è un episodio importante che è avvenuto al 25° del primo tempo. Vasquez in una incursione solitaria sulla sinistra della area avversaria lascia partire un diagonale forte, preciso, inatteso, di poco fuori. Lo stesso Vono, l’esperto portiere avversario, rimane sorpreso. Quel tiro ha dato un brivido a tutto lo stadio. Forte, inatteso, potente. Cose come queste cambiano le sensazioni nel pubblico, nella squadra, nello stesso calciatore.

                                                             Federico Vasquez 


   Assegniamo il "Tocco di classe" di questa partita a Federico Vasquez non solo per quella bella sensazione sul diagonale testé detto, ma perché è stato un punto di riferimento fermo, inseme ad Emanuele Catania, per tutta la squadra, per tutta la partita. Nei momenti critici ha tenuto palla, ha fatto salire la squadra, non si è mai arreso, ha conquistato tanti calci di punizione che son serviti a creare pericoli e ad alleggerire la pressione avversaria.  

       Salvatore Spallina

mercoledì 24 ottobre 2018

SIRACUSA-POTENZA 0 a 1- SECONDA SCONFITTA DI FILA AL NICOLA DE SIMONE, DI QUELLE CHE LASCIANO IL SEGNO






    Dopo l’1 a 2 con il Rende, giovedì 18, la gente è andata via dallo stadio,  dopo una partita sotto la pioggia, scontenta, irritata, inviperita. Scontenta per la sconfitta. Irritata per il giuoco. Inviperita (gran parte della Curva Anna assente) per via dei colori rosso/azzurri presenti sulla maglia dei Leoni appartenenti ad uno sponsor della squadra/società.
Dei motivi personali ci hanno impedito il nostro solito breve commento, ma sentiamo di riassumerlo in queste note riportate di seguito.
  
1- Ott Vale, quanto vale? Lo si aspettava come una manna dal cielo per rafforzare un centrocampo che non sa bene come conquistar palla e far ripartire l’azione offensiva e, lui, si è visto solo a sprazzi. La troppa responsabilità caricata sulle sue spalle, per scelta tecnica, quando esce Tuninetti per Fricano, gli ha fatto male, solo appoggi corti senza rischiare e quando lo ha fatto ha sbagliato tante palle importanti. “Non ha i novanta minuti” disse Pagana, prima della gara. In tanti abbiamo pensato che il cambio di ruolo era dovuto ad una stanchezza fisica. La differenza quando ha assunto il ruolo di Tuninetti c’è stata, ma in peggio.  
2- Troppi errori di tutta la squadra nell'impostazione della manovra in uscita dall'area.
3- Un tempo di giuoco, condotto dalla squadra, cui erano stati abituati i tifosi, nelle precedenti partite, Trapani compresa, con il Rende si è ridotto a 24 minuti nel secondo tempo, senza, fra l’altro, essere incisivi.
4- Certi errori nei cross, nell'impostare la manovra, nel non saper dialogare nella trequarti avversaria, nel non cercare la porta, irritano. Per chiarezza, non è che al De Simone si è abituati a vedere cose da scuola del calcio!!, no, (tranne grandi individualità che ci sono state e c’è memoria viva), ma è da tanto che di errori gravi se ne sono visti troppi.
5- La squadra appena comincia a giuocare dimentica gli schemi provati in settimana e dialoga male fra i reparti.
7- Il Rende è stato bravo a saper  tenere fuori dalla sua area l’attacco azzurro recuperando palla nella sua metà campo per far ripartire l’azione offensiva. In quei 24 minuti c’è stato un leggero calo fisico degli avversari.
 8- È vero che Francesco Modesto non aveva avuto bisogno dei filmati per studiare il giuoco di Pagana, lo ha visto in diretta nella sconfitta contro la Reggina a Rende. Ma questo ragionamento non vale contro il Potenza. La squadra ha  ripetuto, in peggio certi schemi, anche contro il Potenza domenica scorsa.

   E ci fermiamo qui. Infatti c’era da sperare che la partita ravvicinata contro il Potenza avrebbe messo il silenziatore alle polemiche forti del dopopartita, in vista dell’appuntamento contro il Potenza. In buona parte è stato così e la scelta della società di cambiar maglia e far scomparire lo sponsor con i colori di richiamo catanesi (per i tifosi azzurri, e noi lo capiamo benissimo, è come sventolare un drappo rosso davanti ad un toro in una arena per toreare) è stata una scelta positiva e saggia.
   La partita con il Potenza presenta delle novità. Fuori Bertolo, dentro Turati, dall'inizio. Fuori Tuninetti, al centro dello scacchiere Ott Vale. Un 4-4-2 o 1-1, nel primo tempo,se si vuole, ed Emanuele Catania in panchina. 

                                                        Emanuele Catania
                                         
Un minimo di turn over era indispensabile,  a fine gara con il Rende tutti i giocatori erano stramazzati a terra per la stanchezza.  Pagana non è un deficiente seduto su una panchina e non capisce nulla di calcio. Questo non è vero e non ci sentiamo di dirlo. Però, però i suoi giocatori non riescono a giuocare contro squadre di categoria come lui vorrebbe, come si era illuso (e insieme a lui tutta la società, tranne Laneri!!) che potesse accadere. Le altre squadre per livello tecnico-tattico hanno una qualità diversa, superiore, alla quale non si può sopperire solo con la volontà e con degli schemi che in parte hanno funzionato fino a Trapani. Tutti quelli che ci teniamo a questa squadra/città (non ci siamo mai persi una partita negli ultimi quarant’anni), siamo in grado di fare delle piccole valutazioni tecniche che fanno a pugni con quel che si vede in campo adesso. Ci spieghiamo meglio. Come fa la Vibonese che abbiamo battuto bene sul loro campo in Coppa Italia il 5 agosto ad avere adesso 13 punti e a fare giuoco e risultati importanti? Il nostro parere personale è che le differenze sono rimaste nascoste fintanto che le altre squadre sono rimaste in rodaggio, cioè erano all'inizio della loro fase di preparazione atletica (anche se con la Reggina, in Coppa Italia, la differenza nei tocchi, nei passaggi, nel modo di stare in campo s’è notato da subito). Ora le differenze sono chiare e lampanti e cercare di trasferire rabbia e motivazioni, da parte di Pagana, dagli stessi tifosi, dalla società ai calciatori non basta. A questi ragazzi non si può dare la croce addosso (anche se il tifoso e lo sportivo, in maniera istintiva non può fare a meno di farlo e di inveire quando vede strafalcioni ed errori pacchiani.
   La società tutta ha fatto una scommessa illudendosi di poter accontentare una piazza destinata a sprofondare. Il tempo per studiare la storia, i sentimenti del popolo azzurro, i valori tecnici della categoria che si andava ad affrontare non è stato fatto più a fondo. La società ha pensato di avere acquistato un credito di riconoscenza nei riguardi della piazza stessa e della città maggiore di quel che, in realtà oggi, non ha.
  Gli sforzi economici fatti nessuno può negarli e le prime uscite, sul campo, per quel che abbiamo detto prima e per qualche facile illusione creata dalle prime magie di Rizzo, hanno indotti i vari responsabili ad utilizzare un linguaggio inappropriato che ora si sta ritorcendo contro loro stessi. Le teste calde ci sono sempre state e di azioni e reazioni che sconfinano fino all'insulto ed alle minacce non sono una novità, ci sono stati anche prima dell’ultimo fallimento.
   Esagerare situazioni e fatti per difendersi dagli attacchi è umano, dire che gli avversari hanno fior di giocatori per giustificare le sconfitte non serve a molto. Dire che non c’è stata vera accettazione  e tante perplessità perché si viene da Catania è vero solo in piccolissima parte. Se la squadra avesse 9 punti tutto questo non ci sarebbe. La buona volontà e l’esborso di denaro, ribadiamo, è innegabile ed è un credito vero, ma nulla di tutto ciò sarebbe successo se si fossero stati risultati e giuoco. 
   Così stando le cose sembra che la squadra sia entrata in un tunnel ed il buio è intenso. Facciamo l’esempio del Potenza? Il cambio d’allenatore ha fruttato alla squadra due vittorie esterne con una migliore disposizione dei giocatori in campo e con idee diverse nell'impostare il giuoco.


   Finalmente Antonello Laneri è rientrato in un ruolo ufficiale. Anche prima della chiamata in causa dagli spalti, in tanti, ci eravamo interrogati sul perché fosse stato messo da parte nel ruolo fondamentale che ha ben svolto in questi anni e tanti, a cominciare da noi, ne abbiamo chiesto il reintegro nel ruolo a lui più congeniale, fare il mercato!!!!. Nell'ultimo comunicato diramato dalla società, anche nel linguaggio si capisce il ruolo svolto dalla sua presenza nelle decisioni.
    La conferma di Pagana è la miglior scelta in questo momento drammatico. Inveire contro la dirigenza non giova né alla squadra né alla città. Nessuno dei componenti la società, Laneri compreso, può fare magie per cambiare lo stato delle cose. Si possono apportare correttivi, e ci vuole tempo, senza dare la stura ad una escalation di atteggiamenti da ambo le parti che farebbero solo del male alle tasche del presidente Alì ed alla città tutta.
   La paura di sbagliare sta prendendo tanto spazio nella mente dei calciatori, anche in quelli più navigati. La paura ti fa sbagliare anche le cose semplici. I calciatori non reggono i cambi di modulo in corso d’opera durante le gare perché la maggioranza della rosa ha giuocato sempre con il modulo vincente con il quale questo allenatore ha portato al successo questa rosa. Non è un caso che la squadra si esprime molto meglio quando giuoca nel modulo che gli è più congeniale 3-4-1-2, che diventa a 5-3-2 in difesa in fase di non possesso. 
   Il Potenza in tutto il primo tempo non ci ha fatto arrivare neanche nella loro lunetta dell’area se non con un colpo di testa di Di Sabatino su anglo di Rizzo al 42° del p.t.. Il cambio di modulo, nel s.t., (ritorno all'antico), l’ingresso di Catania, ha dato un poco i suoi frutti, ma anche perché gli avversari qualcosa ti lasciano. L’azione più pericolosa, un cross basso, al 22°, rasoterra di Rizzo, sul quale arriva in ritardo Catania e più quasi nulla. La scelta tecnica di lasciare Tuninetti fuori è stata un fallimento sotto il profilo tattico. Ott Vale in quel ruolo non vale Tuninetti.
   La squadra fa tiki-taka, un possesso palla sterile nella propria metà campo fin quando non è pressata, poi queste trame non si ripetono vicino l’aria avversaria o vengono intercettate o perché i centrali difensivi sono possenti e non concedono spazi di giuoco. Vasquez  in questa squadra è tanta roba!!. Insieme a Rizzo e Catania potrebbero dialogare se avessero delle palle più decenti. I falli di frustrazione, con le espulsioni annesse, dello stesso Rizzo e di Vasquez, due domeniche fa,  raccontano più di quel che diciamo. Pochi innesti mirati da parte di Antonello Laneri, e più di qualche suggerimento da dare alla stessa panchina, potrebbero rimettere le cose in sesto e salvare una stagione, che è ancora lunga e salvabile, senza sprofondare psicologicamente già fin d’ora.


  

   Il “Tocco di classe” di queste due partite in casa lo assegniamo a Marco Turati per la sensibilità e l’affetto che nutre per la città e per la squadra. È lui che sta tentando di tenere insieme il legame/rapporto con i supporter storici della squadra in questo momento difficile. Il fatto di rimettersi al cielo, appena entrato in campo, la dice lunga su quel che pensa. E poi non vorremmo più vederlo negli ultimi 20 minuti posizionato in attacco (è la terza volta ufficiale di Pagana) sperando, alla Pannozzo, che la sua testa salvi la gara  e la squadra. Lui lo ha fatto in tante occasioni, ma per tornare al suo ruolo ufficiale subito dopo. L’esperienza Pannozzo-Giacomarro evoca nei tifosi momenti tristi e difficili. Non ci resta che incrociare le dita, però non solo due, ma quante più possibili.

    Salvatore Spallina

mercoledì 26 settembre 2018

SIRACUSA-PAGANESE 3 a 1. PRONTO RISCATTO. VASQUEZ, UNA RETE D’AUTORE



     



   Un Siracusa diverso, in questa terza di campionato di Serie C, una Paganese di livello inferiore rispetto alla Juve Stabia, giusto per restare in un confronto dentro il campionato. Il primo goal all’undicesimo, su una prodezza in area di Emanuele Catania, come spesso succede nel calcio, ha agevolato la partita del Siracusa. La squadra ha potuto giuocare la gara, come l’aveva preparata Giuseppe Pagana e il modulo tattico di tutto il primo tempo ha giovato alla squadra, anche se, prodezza di Catania a parte, le azioni di un certo pericolo in area sono state costruite da entrambi le squadre.
   Il secondo tempo vede, invece, un Siracusa predisporsi con un 4-3-3- fino al 12°, cioè fino a quando è rimasto in campo Rizzo, che, dopo le mirabilie tecniche contro la Reggina, non ha più tirato fuori dal suo cappello magie spettacolari. Pur giuocando una buona partita, ma senza incidere più di tanto sulla gara, Pagana lo sostituisce e passa al suo modulo preferito, il 5-3-2, che in fase di non possesso diventa 3-5-2, con Catania spostato in maniera fissa in attacco insieme a Vasquez. Il nostro taccuino comincia a registrare una presenza in area paganese in maniera crescente, due in particolare prima dello splendido goal di Vasquez. Turati di testa al 17° sfiora il goal, al 25° Catania servito da Palermo non riesce a metterla dentro per una buona  e pronta uscita di Galli. 
   Il goal, Federico Vasquez, lo aveva cercato e voluto per tutta la gara. Un palo pieno glielo aveva negato nel primo tempo. Però al 28° tira fuori una perla dai trenta metri. Una prodezza balistica. Il portiere della Paganese si aspetta un tiro, si predispone a riceverlo (ha visto partire la palla!!!), ma il calcio inferto al pallone, lungo il percorso, fa cambiare la traiettoria e lo stesso si insacca sotto l’angolo della traversa nel palo opposto. Il De Simone, pur con una relativa presenza di pubblico, falcidiato dal giorno lavorativo e dall'orario, è esploso in un urlo potente e lungo. In tanti aspettavamo che Vasquez andasse in goal, andarci in quel modo, probabilmente aumenterà anche la sua autostima. Passano cinque minuti, Vasquez tiene palla e la serve molto bene a Catania in area. Messo giù da Galli, l’arbitro assegna un rigore che ci sta tutto. Vasquez prende il pallone, Catania è ancora dolorante sul posto dello scontro con il portiere, si avvia a posizionarlo  sul dischetto per trafiggere ancora una volta Galli, spiazzandolo. La Paganese, dicevamo prima, non è la Juve Stabia e le geometrie, volute da Pagana, nella proposizione del suo giuoco, hanno funzionato meglio.  Lo stesso portiere Giuseppe Messina, chiamato ancora a  sostituire Gomis, è sembrato molto più sicuro ed ha salvato il goal del pari paganese col piatto destro su un tiro di Della Morte (omen non nomen!!). Tuninetti è cresciuto molto nel corso della gara. Aspettiamo l’incontrista, che dovrebbe essere Ott Vale, per vedere un centrocampo più robusto che sappia coprire una difesa che stavolta ha tremato poco, ma che si è fatta sorprendere, non controllando a dovere gli avversari in area di rigore, sia nel primo tempo che in occasione del 3 a 1 per la Paganese.

                                   Federico Vasquez si alza per colpire di testa


                                       Federico Vasquez scocca il tiro del 2 a 1


    Federico Vasquez, gioia ed esultanza dopo il primo goal in Azzurro ed in Serie C


   Il “Tocco di classe” di questa partita lo assegniamo a Federico Vasquez  per la sua prima doppietta in maglia azzurra, in Serie C e per la prestazione in sé. Andare, sabato sera, a Trapani, far goal e vincere, considerate le tre vittorie, i nove punti e zero goal subiti dal Trapani, sarà impresa molto ardua. Siamo certi che Federico ci metterà del suo non solo per segnare, ma per portare a casa un risultato positivo.

   Salvatore Spallina

mercoledì 19 settembre 2018

SIRACUSA-JUVE STABIA 0 a 3 – SIRASTABIA TRIONFA SUGLI SPALTI, IN CAMPO TRE PUNTURE AVVELENATE SENZA ANTIDOTO






    Le vespe lasciano 3 pungiglioni avvelenati che hanno fatto veramente male agli azzurri, ai tifosi, alla società. Però ci sono punture e punture…. Se sberle dovevano essere,  benvenute siano, per far aprire gli occhi, dopo questa prima di campionato, a chi li deve aprire senza trovare giustificazioni di sorta, per porre rimedio sia dal punto di vista tattico che dal punto di vista del mercato. Già contro la Reggina erano emersi i limiti del raccordo fra centrocampo e difesa, ma in quella partita ci aveva pensato Nicolas Rizzo a tappare la bocca alle scontate critiche che sarebbero venute fuori se il Siracusa fosse uscito dalla Coppa Italia. Anche nella partita di domenica sera fino al 12°, con Emanuele Catania in panca, le prime magie di Rizzo, viste in campo, anche senza comprimari, avevano illuso i tifosi che la partita potesse prendere una certa piega. Un minuto dopo Paponi ha squarciato il velo delle illusioni e ha rimesso il Siracusa con i piedi per terra, dentro la triste realtà di un campionato che non sarà facile per questa squadra e per una mentalità che ancora non c’è. Se punti dovevano esser persi, a mente fredda, è meglio che se li siano presi, con merito, i cugini stabiesi. Però i tre punti in testa agli azzurri vanno cuciti con arte. Per non lasciare residui l’antistaminico/antidoto si chiama mercato. Non ce ne voglia nessuno, ma la persona giusta in società per farla lavorare, coadiuvando il lavoro dello staff che si occupa della materia, c’è, e tutti, società compresa, sappiamo chi è.
  Certo, per tutto questo nuovo blocco societario è stato un inizio difficile, bisogna riconoscerlo e i settori in cui si sta impegnando sono tanti. L’intenzione di far bene pure. Ogni giorno una tegola in testa. La più pesante, la perdita del Team Manager Davide Artale e il serio infortunio di Gomis, fra ieri e oggi, il deferimento (Stabia, Matera e Rende) anche del Siracusa con una querelle fra Cutrufo e Santangelo che non ci appassiona affatto , piuttosto ci dà la dimensione provinciale nella quale il Leone continua a sopravvivere (ben meritevole di altri palcoscenici e quant'altro!!!), si deve aggiungere una mancata ed adeguata programmazione della stagione, il subentro in luglio ( come a dire nati il 14 luglio!!!, sinonimo di rivoluzione, senza voler essere irriguardosi), e poi ultime ma, non meno gravose, le tante pendenze di varia natura. Tutte buone ragioni per aspettare che questa barca possa prendere il largo ed approdare su rive sicure.
    Non facciamo neanche cenno alle vicende relative alle decine di migliaia di appassionati di calcio, delle due Serie, B e C, che seguono,sgomenti ormai da mesi questa farsa che vede come protagonisti i maggiori vertici del calcio in Italia. Si paventa un possibile intervento del sottosegretario Giorgietti " per uscire dal caos". 

 
 Filippo Anfuso e le amiche stabiesi, a seguire, Marina Arianna, Daniela Gancagnolo, la piccola ma tostissima Chiara Iacono

   Però questa prima giornata comincia con l’amore, con i sorrisi, con la gioia dell’incontro fra persone, ancora prima che le squadre scendano in campo.  Lo 0 a 3 non ha frenato questo abbraccio a fine partita. Il nome di Nicola De Simone è ancora oggi un collante che tiene unite centinaia di persone e tutto questo, abbiamo la certezza, che non sarà mai messo in discussione.
   Però i punti in palio erano in giuoco, cioè la partita in campo doveva essere partita vera, e così è stato. Detto dello sfogo azzurro iniziale, al 24° il Siracusa è sotto di due goal, frutto di due gravi sbavature difensive con la naturale responsabilità del mancato filtro a centrocampo. Il primo cross pericoloso del Siracusa arriva al 31°, al 35° un flipper trova Turati vicino al dischetto del rigore, palla fuori, poi nulla più. Disposizione tattica e tasso tecnico hanno fatto la differenza. Non va meglio nel secondo tempo con i due cambi di modulo e con l’ingresso di Catania. Il tanto decantato Celeste, una mezza delusione, Tuninetti non è nel cuore tattico dei compagni di squadra, questo ruolo dovrà conquistarselo. Nell’intervista post-gara un Marco Turati, scuro in volto, come non lo avevamo visto mai, mette, con sincerità, sul piatto tutta la sua delusione per una sconfitta, così pesante, che negli ultimi tre anni la squadra non aveva mai subito. L'allenatore Giuseppe Pagana ha da lavorare sodo, ma secondo noi non basta. Aspettiamo che riconosca umilmente che quel che pensava verso la chiusura del mercato, " come rosa siamo messi bene al 99%", non sta trovando il riscontro del campo. Nulla di più. Lavorando bene le cose miglioreranno, gli errori diminuiranno, l'intelligenza dei calciatori messa al servizio del progetto potrà far dire a loro stessi che quel che bastava ed avanzava nello scorso campionato qui, in questo, non è ancora sufficiente per poter meritare un voto equivalente e dare soddisfazione a quelli che al campo ci vengono veramente, a partire dai quei 2000 che domenica sera erano sugli spalti del Nicola De Simone.



   Il "Tocco do classe" di questa partita lo assegniamo alle due tifoserie che insieme a tutti i giocatori presenti in campo hanno dimostrato che amicizia e amore non sono parole vuote.


    Salvatore Spallina















    

martedì 4 settembre 2018

“ È MÒ SONO ….. AMARI”- STORIE DI PERSONE, PASSIONI, CANTIERI DI GIUSEPPE MARINO - UNA VITA DI LAVORO IN PRIMA LINEA

                  La torre, simbolo della Nuova Fiera di Milano, durante i lavori al cantiere




La torre, della Fiera dei Primati, ricoperta di acciaio inox

                                               
   Giuseppe Marino è nato a Reggio Calabria il 22 novembre del 1939, la mamma di Siderno (RC), il papà, nato ad Augusta, è vissuto per tanto tempo a Catania. Pino fino alla laurea in Ingegneria civile ha vissuto tutte le estati fra Catania e Reggio Calabria.

   
   Ha frequentato il Liceo Classico e gli studi universitari a Roma. Ha scalato, dal basso, i vertici della società Astaldi S.p.A. fino a ricoprire  l’incarico di Direttore Generale dal 1996 al 2002, anno nel quale la società è stata quotata in borsa. Ha messo le mani, i piedi e, soprattutto, la testa nelle esecuzioni di lavori/opere importanti, alcune molto importanti. Ha cominciato, negli uffici di Roma, a 26 anni, elaborando buona parte dei calcoli statici e della progettazione esecutiva del cantiere di Pizzo Calabro, sul fiume Angitola dove era in costruzione, a tutt'oggi, “il viadotto ferroviario in cemento armato più lungo d’Europa”, 1132 metri,  60 metri sopra la campagna, per il  raddoppio della linea ferroviaria calabra. Un’opera importante, sotto i cui ponti siamo passati decine di volte, ammirandone struttura ed imponenza, ma ignorando il suo contributo alla realizzazione di questa opera.  
    Nel mese di ottobre del 1966 tutti i calcoli sono pronti. Immaginando quale grande organizzazione di cantiere sarebbe stata necessaria per mettere in opera i 100.000 metri cubi di cemento armato, dà la disponibilità per cominciare a “mettere i piedi nel fango”, come ripete spesso nel suo libro. Vuole andare a fare esperienza nel cantiere. Nel novembre dello stesso anno, come vice-direttore del cantiere, avviene il “battesimo”, nel Viadotto Angitola. Il suo capo è l’ing. Ottorino Zalposchi.  Dopo alcuni mesi, quando i continui attacchi febbrili costringeranno l’ing. Zap (come affettuosamente lo chiama lui) a doversi trasferire in ospedale per potersi curare bene, il nostro Pino ha dovuto prendere il suo posto ed ha provato, sulla sua pelle, come un giovane/guagliune ingegnere deve imparare a sapersi imporre sui veterani dell’azienda e del cantiere e sui presuntuosi gonfi e tronfi che si trovano in ogni dove nella vita di ognuno di noi. Far passare alcune linee, che lui riteneva più opportune nella prosecuzione dei lavori e nel far rispettare i tempi di lavorazione in previsione della consegna dell’opera, non è stato facile fino a quando non si è verificato “un incidente”, quasi opportuno, per mettere in riga tutti gli operanti nel cantiere.  Una mancata consegna ripetuta gli fece salire “il sangue agli occhi….avevo i nervi tesi come una corda di violino….dopo averlo alzato da terra, me ne andai in ufficio urlando che lo avrei spedito a Roma e non lo volevo avere più fra i piedi. Dopo un poco ripresi il controllo, ma radio cantiere aveva subito sparso la notizia”. Dopo il fatto c’era  “un atteggiamento diverso, un po’ meno confidenziale da parte di tutti…il geometra furbetto venne dopo qualche ora a scusarsi con la coda fra le gambe e da quel momento si rivolse sempre dandomi del lei, dimenticando il tu che prima ogni tanto gli scappava”.

Il Viadotto Angitola, ancora oggi, è il più lungo viadotto  ferroviario d'Europa in cemento armato    
  
   È in questo cantiere che il nostro autore si è fatto le ossa ed ha formato un piccolo gruppo, una squadra che poi lo seguirà nelle tante altre opere che lo hanno viso protagonista di primo piano: opere ferroviarie, stradali, idrauliche, di edilizia civile ed industriale. Uno fra questi collaboratori è stato Costantino Sarra, “il magazziniere per eccellenza”. Aveva la sola licenza elementare, ma una intelligenza fervida e tanta saggezza contadina. Parlava il “costantinese”, ma era capace di saper gestire un magazzino grande fino 1.000 mq, sapeva dove era collocato ogni pezzo di ricambio per qualunque mezzo del cantiere o altra cosa utile alla bisogna.
   Sono tante le esperienze che vengono raccontate nel libro, con tantissimi dettagli e spunti per la gestione di un cantiere, di una grande opera. Noi vogliamo soffermarci, in particolare, su quella relativa alla costruzione di una acciaieria nella Germania dell’Est (la DDR), “L’altra faccia del muro” e fare un cenno a quella della Fiera di Milano, “L’ultima scommessa”. Ma prima di parlare di queste due esperienze vogliamo mettere in risalto quello che per l’ing. Marino è diventato un metodo, una sorta di credo operativo: “nel progettare un’opera, non si può prescindere dalle conoscenze di base apprese negli studi, ma quando poi la devi costruire occorre un’organizzazione adeguata in termini di macchine, attrezzature, impianti, e soprattutto di uomini. Se non riesci a mettere a mettere al posto giusto tutti i pezzi di questo puzzle, ti porti dietro tanti di quei problemi che possono pregiudicare la buona riuscita del lavoro, o quantomeno di aumentarne il costo, col rischio di compromettere la sicurezza e la durabilità dell’opera stessa”. Alla luce dei gravi e luttuosi fatti avvenuti a Genova, nelle scorse settimane, sia nel lontano che nel recente passato, queste parole fanno pensare, dal momento che sono state "il suo credo", fatte proprie e messe in pratica quando già  era ancora un giovane ingegnere.
   Alla fine del 1973 il nostro ingegnere completa la consegna della seconda acciaieria dell’Italsider, 1.200.000 tonnellate/anno (Ilva), a Taranto. Nel 1974 viene promosso dirigente dall’Astaldi. Nel 1977 gli affidano una importante impresa: costruire, di sana pianta, una acciaieria di 600.000 tonnellate/anno nella Germania comunista, nella regione del Brandenburgo, a circa quaranta chilometri da Berlino Est.  La Danieli S.p.A., che mette le tecnologie, è la società capofila del consorzio di imprese, la Astaldi viene designata come responsabile dell'esecuzione di tutte le opere civili.
   “Io non conoscevo una sola parola di tedesco, nessuna impresa italiana era andata a lavorare nella Germania comunista dopo la seconda guerra mondiale, avremmo dovuto costruire un campo abitativo di 1.200 persone”.  
   La costruzione del Muro cominciò con i primi di agosto, sul Corriere della Sera del 24 agosto 1961 uscì un approfondimento dal titolo: «Berlino, polveriera del mondo».
    A casa sua non sono certo felici per questa scelta, “fu un trauma per mio figlio di otto anni, che non aveva più il coraggio di farsi vedere in giro per la vergogna che il papà avesse abbandonato la famiglia”. "Dire di no, non me la sentivo, non rientra nel mio carattere", ma “una nuova impresa in una terra tutta da scoprire, con tanta letteratura fantapolitica e di fatti di cronaca che parlavano di guerra fredda, di vicende di spionaggio, sotto un certo aspetto, mi attraeva”. Alle difficoltà connesse all'impresa da realizzare se ne aggiungevamo due molto spinose, “le modalità di progettazione e i visti d’ingresso in DDR”. Senza trascurare, come problema, quello relativo al “cibo”. Noi, qui, vogliamo accennare a quello sui "visti". Un dettaglio che  fa sorridere, ma darà l’idea, scorrendo questo capitolo, di quel che il gruppo guidato da Marino ha dovuto affrontare. 

   Questa foto, anche se in misura limitata, può dare l'idea della grandezza del  cantiere nella DDR 

   La sera, prima di attraversare la frontiera della DDR, una squadra di dodici persone, friulani e “romani” (per tutti quelli che non lavoravano in Astaldi, chiunque lavorasse in Astaldi era "romano") trascorrono una serata al ristorante per cominciare a conoscersi un po’. La mattina alle sei, un’auto ed un pulmino si addentrano in un’area che già mette paura: non ci sono alberi, ma barriere di filo spinato, più avanti specie di cavalli di Frisia, poi i Vopos  (poliziotti) con cani poliziotti, una radura erbosa  con  tante mine antiuomo, subito dopo, su una torre di vedetta, alta come come una palazzina di tre piani, erano posti dei fari e delle mitragliatrici.
   Un poliziotto prende visti e passaporti e va nell'ufficio. “Scendo per sgranchirmi le gambe e cominciai a contare le persone dentro il pulmino. Contai una volta, poi una seconda volta, ma il conto non tornava! …….dai e ridai venne fuori che al momento della partenza, Tommasino, per un bisogno impellente, si era allontanato, così noi eravamo partiti ed il pulmino ci era venuto dietro”.
   L’interprete spiega la situazione. Non potevano lasciarlo lì senza soldi e senza bagaglio. Una macchina con due persone sarebbe andata a prenderlo. Il soldato non poteva autorizzare una cosa così strana!!, Marino e i suoi insistono, viene coinvolto nella decisione un ufficiale che a prima botta sbotta “unmoeglich”, impossibile. Dopo aver spiegato che erano quelli dell’acciaieria l’ufficiale, restituiti i documenti, dice: “ uscite fuori tutti, qui non siete mai arrivati!! Andate a prendere il vostro collega  e ritornate di nuovo”. Quelli della DDR vivevano con una esasperazione parossistica il fatto che chiunque si sottraesse al loro controllo potesse far uscire foto, informazioni, notizie verso l’occidente.  Questo capitolo, in particolare, offre, a chi ne ha sentito solo parlare vagamente, una esperienza che va oltre l’immaginazione perché le cose che ci racconta Pino su quel mondo, prima della caduta del muro (1989), sono tutte “vere”

La colata d'acciaio di prova dell'impianto prima della consegna ufficiale

   In certi momenti il nostro ingegniere è un fiume in piena mentre trascrive, mette in ordine i lucidi ricordi che si susseguono nella sua mente. Ci ha confessato: “mentre stendevo questi capitoli, mi capitava, dormendo ormai poco, di svegliarmi molto presto. La mia memoria ripercorrendo quanto già trascritto riusciva a pescare un dettaglio che nella stesura precedente mi era sfuggito, allora subito mi alzavo, accendevo il pc e mi rimettevo a scrivere”.
   Superate le tante difficoltà, l’acciaieria, come da contratto, fu inaugurata, dopo solo 29 mesi, il sette ottobre 1979!!
   Dopo il 1980, con il consenso di Gianfranco Astaldi (“come un padre per me”), Teodorico De Angelis, come a.d., fa compiere un salto di qualità alla Astaldi e la pone nelle condizioni, svecchiandola, di poter concorrere alle nuove sfide che i tempi ora richiedevano, alla pari con altre società concorrenti sul piano della logistica e delle infrastrutture tecnologiche,.
   Non sono da trascurare nella lettura i passaggi di quando il nostro ingegnere ha attraversato i terreni melmosi di tangentopoli o di quando ha saputo rinunciare alla costruzione della diga Blufi, in Sicilia, senza doversi e volersi piegare alle pressioni, ai divieti ed agli impedimenti pretestuosi creati ad arte dai vari uffici (dalle 15 cave di pietra che circondavano la costruenda diga, il cantiere, da lui diretto, non riceveva i permessi per prelevare il materiale necessario per cominciare i lavori. Guarda caso le cave autorizzate erano quelle molto distanti dal cantiere!!!).

Il cardinale Tettamanzi celebra, dentro il cantiere, il Natale del 2003 (di spalle l'ing Marino)

   Come accennavamo “L’ultima scommessa”, è la costruzione de “Il Nuovo Polo Fieristico”, all'estrema periferia della città di Milano, nei comuni di Rho e Pero. Questa opera (2002-2005), voluta dalla fondazione “La Fiera di Milano”, rappresenta una sorta di fiore all'occhiello della sua carriera che lo aveva visto protagonista in tanti lavori importanti, a partire, appunto, dal 1966.
 Tante sono le esperienze contenute negli undici capitoli del libro. Molto spesso queste sono legate/comparate con  lucidità ai fatti ed agli avvenimenti politici sia del tempo che a quelli di stretta attualità.
   Pensiamo che molti giovani laureati nei vari rami di ingegneria ed i diplomati con un titolo di studio tecnico possano trarre spunti dalle tante note importanti e molto professionali contenuti in “È Mò Sono ….. Amari” - Storie di persone, passioni, cantieri e….poi percorrere una brillante e luminosa carriera pari a quella di Giuseppe Marino.

   Salvatore Spallina



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