martedì 31 luglio 2018

“LA MEGLIO GIOVENTÙ SIRACUSANA. TESTIMONIANZE A CINQUANTA ANNI DAL SESSANTOTTO E NON SOLO”.


                                                                   Carmelo Miduri
 
 Siamo ancora così “liberi” da poter sognare un mondo nuovo come cinquanta anni fa?
   
   È questa la domanda che ci siamo posti prima di iniziare a leggere questo ultimo libro di Carmelo Miduri (a cura), Lombardi Editori, Roma.
  Vero è, come sostiene Paolo Corallo, nel suo contributo, che se c’è “un torto della mia generazione? Non aver saputo trasmettere quella passione”. Ma è anche vero che nulla è rimasto come prima, a partire da quell’anno.  Segmenti, frammenti, elementi di ribellione, voglia di cambiamento, il bisogno di non accettare, supinamente, lo status quo ante, erano già presenti, anche se in maniera meno evidente, in tutta Italia. Quella spinta, secondo noi, è stata forte ed è durata almeno vent’anni. Con due parentesi forti.
   I primi dieci anni fino alla marcia di Bologna del 1977 ed al rapimento e alla morte di Aldo Moro nel 1978.
   Noi stessi siamo stati testimoni, a Milano, al Parco Lambro nel giugno del 1976, al Festival del Sottoproletariato Giovanile, di questi mutamenti, con la opportunità di aver avuto il piacere di ascoltare, dal vivo, Eugenio Finardi e Demetrio Stratos con gli Area, strepitosi!!!.
   I secondi dieci fino alla caduta del Muro di Berlino. L’abbattimento del Muro , dopo la scia di sangue e i conflitti armati, ci ha dato l’illusione che un pezzo di sogno, collegato/legato all’idea di libertà si fosse realizzato, materializzato.
   I ragazzi dell’ultimo decennio del Novecento, “ I millenials” hanno dei sogni che possano essere messi a confronto con le generazioni pre e post sessantottine? Noi crediamo di si, certo anche se meno forti, meno intensi. La lettura di questo libro con i suoi contributi,  comunque, secondo noi, serve a confrontarsi su queste domande. Meglio ancora, gli stimoli offerti che scaturiscono dai singoli contributi individuali ci portano ad interrogarci sull'oggi e sul domani, ci spingono a cercare una lettura, un orientamento per chiederci e spiegare a noi stessi come ci muoviamo e quali sono i progetti possibili dentro la società globalizzata e digitale.

  “Ci pensavo da tempo di voler raccogliere le testimonianze dei tanti ragazzi, che nell'anno fatidico del ’68 erano a scuola o da poco l’avevano lasciata per continuare gli studi o per entrare nel mondo del lavoro, ci dice Carmelo Miduri. Il mio obiettivo era quello di far rientrare in un fenomeno “macro”, che aveva pervaso il mondo occidentale, a partire dai primi anni sessanta fino ad arrivare al famoso maggio parigino del 1968, anche tratti di una storia “micro”, a pieno titolo, in una visione unitaria che desse al lettore una dimensione vera del legame fra questi due aspetti. Queste testimonianze, a loro modo, hanno fatto sentire quei protagonisti parte integrante di un momento storico, anche se stavano vivendo quei fatti in periferia”. 
   Puntuale la sintesi di  tutti i contributi presentati nel libro da Caterina Italia.
 Tantissimi i temi trattati/toccati dai vari contributi. Il libro si offre ai lettori con la consapevolezza di aver realizzato un buon servizio e tanti spunti interessanti a chi vorrà metterci le mani, gli occhi, la mente.  
   Noi non entreremo nel dettaglio della nostra personale esperienza, vissuta a Nicosia, in provincia di Enna fino all'estate del 1969. Ci siamo specchiati in alcuni dei racconti delle esperienze contenute in questo libro, a partire dal mese di ottobre del 1969, quando, come tanti, nel loro vissuto universitario, hanno incontrato il 1968 a partire da quella data, cioè dall'apertura dell’anno accademico 69/70 a Catania.  Da quell'anno accademico alla facoltà di Lettere e Filosofia le esperienze sono state forti e ben descritte, dalle occupazioni, alle assemblee incandescenti, fino all'assalto della polizia alla sede Centrale occupata. A partire dal marzo 1977 è iniziato, per noi, un rapporto personale, speciale con la città di Siracusa e la sua provincia. 
  Un innesco, specialmente al Sud, si è creato, all'inizio delle prime manifestazioni ed occupazioni, con una sorta di politicizzazione tout court. Sul campo, gli scontri con le forze dell’ordine, dalla maggior parte degli studenti di provincia, venivano percepiti come ingiusti, considerato che si scioperava/lottava/occupava per motivi, per diritti “giusti”.
  La critica al principio di autorità, diciamo meglio alle forme di autoritarismo, diventa però il cavallo di Troia attraverso cui la soggettività individuale irrompe sul palcoscenico della visione collettivista e non uscirà più fino ad oggi. Per la prima volta un movimento che si batte per una maggiore giustizia sociale, si pone dalla parte dell’individuo contro la massa amorfa, molto qualunquista ed avviata al consumismo.
    Dopo “l’innesco”, anche a Siracusa e a Catania, a partire dal 1969/70, sono tanti i riferimenti personali, soggettivi presenti nei vari contributi, nel libro.
    “Tutti” i contributi hanno un loro taglio, uno “spaccato” particolare. Le testimonianze portano con sé dei meriti non indifferenti. Tutti attestano, a cominciare da Paolo Corallo, Franca Carpinteri, Lillo Venezia ed altri che nel loro Liceo Classico, “T. Gargallo”, solo una sparuta minoranza aveva contezza ed aveva capito quello che era avvenuto e stava nel mondo, in Francia, a Milano. Come le prime assemblee negli istituti erano utilizzate solo per organizzare comitati e commissioni finalizzati a piccole cose, però i contatti li cercarono fuori dalla scuola e pur fra tante difficoltà cominciarono a darsi da fare.
   Noi senza togliere titolo ed importanza alle cose descritte nelle singole testimonianze, faremo qualche cenno a quelle che ci hanno colpito maggiormente, senza farne, come è ovvio, una classifica. Condensiamo le nostre segnalazioni ai grandi temi, quelli nei quali sono stati coinvolti di più i singoli testimoni. Questi vanno dalla politica, alle questioni sociali ed ambientali in genere, alla “questione femminile”, ai fatti di Avola che in maniera diretta, indiretta, e comunque per il tragico riverbero emotivo hanno colpito tutti ed influenzato per la vita le future scelte di alcuni. La Primavera di Praga ed il sacrifico umano di Jan Palach. La nascita delle Radio Libere, a cominciare dalla mitica SR1 FM Stereo che muove le prime onde radio con/intorno a Jose Mantineo, le nuove TV, il cinema, il teatro di Dario Fo, ultima, ma non ultima, la musica, tanta tanta musica. Qualche passaggio.
   Antonio Andolfi: “la voglia di cambiamento a trecentosessanta gradi covava da tempo e ci portava al desiderio di maggiore libertà ed eguaglianza contro ogni forma di totalitarismo”.
   Per esempio la chiusa sferzante e tostissima di Aldo Taranto ci ha colpito, “Io non avevo idee di rivoluzione, me ne stavo per i fatti miei a guardare l’universo  con i miei pensieri. Insomma per il fatto d’esserne ignorante era un casino, l’universo. Il tasto è questo: l’ignoranza. L’ignoranza è tutta passione”.
   Come non rilevare i tanti contributi che hanno messo al centro, a partire da Luciano Sansalone, lo spirito del “sessantotto ecclesiale”, come contraltare  all’integralismo di CL (Comuniore e Liberazione). Quest’altro sessantotto ha cercato di tradurre in esperienze dirette le linee rivoluzionarie dettate dal Concilio Vaticano II attraverso l’interprete, l’artefice principale di questa nuova visione spirituale, qui a Siracusa, il gesuita Mons. Sebastiano Gozzo. Intorno a questa figura, viva ancora oggi, a dieci anni dalla morte, tante sono state le testimonianze di stima ed affetto presenti nei contributi per il ruolo centrale avuto nelle loro esperienze sul territorio sia come operatori sociali che spirituali, una persona con la quale abbiamo avuto il piacere di lavorare nella stessa scuola e l’onore di considerarci amici.
   Quella cruda e senza sconti, con le lucide conseguenze negative di alcune sfaccettature proiettate fino ad oggi, di Giovanni Di Maria.
   Nel cuore rosso di Ortigia, la militanza di vita di Nuccio Giaccotto.
   Quelle sfumature molto colte ed interessanti di Paolo Fai quando ci dice che anche per gli indifferenti è cambiata la realtà, ma noi ne facemmo tesoro ed  “il sessantotto ce lo prendemmo, come la varicella e il morbillo, gli orecchioni e la rosalia, quando eravamo ragazzi”.
   Le esperienze universitarie “diverse” da Catania, fatte in altre città  da Roberto Cafiso e  da Salvo Adorno, in anni successivi, ma dove il peso e l’influenza di quei segni erano evidentissimi. Lontano da Roma, come in altre realtà del Sud, ma non solo del Sud si avvertiva la normalizzazione, "la Democrazia Cristiana che ne era la principale tutrice ti sfiancò e ti illuse di aver recepito le tue istanze, rimpinzandoti di promesse" racconta Roberto. "A Bologna nel 1977 ho seriamente rischiato di essere raso al suolo dalle manganellate della Celere e sono stato picchiato a sangue dai fascisti". "Se cerco di spiegarla ai miei studenti universitari di oggi, scrive Salvo Adorno, gli sembra come un fatto di archeologia fenicia punica”.
   Vibrante, forte, direttamente vissuta con la testa rotta e poi fasciata, dentro la Centrale di Catania, occupata, svuotata, “liberata” dalla polizia con l’aiuto della squadre dei giovani fascisti della destra catanese, la testimonianza del “cinese” Mario Blancato.
   Quelle di Roberto Fai e Fabio Moschella, fra le tante “scoperte” culturali e una overdose di musica, “la rivoluzione musicale altro non era che uno dei volti più influenti di questa plurale costellazione di un processo di contestazione sistemica ed universale verso tutte le forme di potere”, scrive Roberto. “Cominciai a leggere intensamente. Leggevo durante le noiose lezioni scolastiche, non sopportavo il nozionismo, leggevo ciò che stava accadendo nel mondo: del Vietnam, di Martin Luther King, della segregazione razziale, della Rivoluzione culturale di Mao Tse-Tung, di Che Guevara, della sua morte in Bolivia. Leggevo ed ascoltavo musica, in modo vorace, come posseduto” dice Fabio.
   Non vogliamo trascurare le tante citazioni sui cartelloni/Tazebao,  sui volantinaggi fatti da tanti, ragazze e ragazzi. Non tantissimi, ma molto vogliosi di vivere un’esperienza nuova, bella, politicamente coinvolgente, insieme agli operai davanti ai cancelli Sincat.
 Guardando alla “questione femminile” ci hanno colpito le testimonianze di Franca Carpinteri, forte, tenace, anticonformista, che sa guardare, ancora oggi al futuro. Quella bella, forte, tosta ed ancora fortemente convinta di Lucia Attardo, cattolica, eletta al Consiglio Comunale, come indipendente nella lista del PCI, “ il medico è tuttora una professione di cui non esiste neppure il femminile”. Il senso di Libertà e fratellanza che aleggia forte con quel “niente più angeli del ciclostile”, di Gilda Arcuri, espressione riportata anche in altre testimonianze. Come senza la sede di Lotta Continua, che tanti a Siracusa fino frequentarono, fino allo scioglimento, “ non avrei avuto la percezione di quanto fosse importante avere una coscienza politica”, scrive Ethel Puzzo.   
   Vogliamo chiudere con la testimonianza di Ermanno Adorno, una sorta di padre putativo, sia per essere più grande di qualche anno dei tanti testimoni, sia per la sua esperienza politica, sia per la sua fame incessante ed infinita di sapere, per quel suo carattere tenace, irrefrenabile ed istintivo, elementi che hanno caratterizzato tutte le sue esperienze politiche ed il suo voler essere testimone diretto di tanti avvenimenti siracusani. Del suo lungo contributo noi vogliamo citare una immagine dolcissima e rivoluzionaria allo stesso tempo, considerate le circostanze, il dove ed il come i fatti vengono descritti: “Per me indimenticabile una nonnina magrissima, incurvata, molto anziana e sola, che attendeva l’apertura, entrava, si sedeva in un vecchio divano e si addormentava per ore, malgrado il casino attorno. Alla chiusura la svegliavamo e l’accompagnavamo a casa sua. Credo fosse felice di non stare sola, ma in compagnia di tanti giovani, e ci ringraziava con un sorriso pieno di gratitudine”.
   Ogni libro porta con sé una sua spiritualità, anche quando resta chiuso e fermo in una libreria. Anche se resta lì, immobile, se il suo dorso diventa “visibile”, una parte della sua spiritualità continua a sprigionarla. Ancor più diventa “vivo” quando tenendolo fra le mani ci  trasmette qualcosa, ci fa pensare a qualcuno. Prontamente mettiamo un dito, la mano, una matita, un segnalibro in mezzo dove stiamo leggendo e cominciamo a pensare, a fare associazioni/confronti con persone, cose, situazioni che ci vedono o ci hanno visti convolti anche solamente in una situazione relazionale. Ecco “La meglio Gioventù Siracusana” di Carmelo Miduri noi la inseriamo in quel novero di libri che, per i contributi offerti dai protagonisti di quella stagione mette in moto questi pensieri.


   Qualche mese fa “La meglio gioventù siracusana. Testimonianze a cinquanta anni dal Sessantotto e non solo” è stato presentato, a Siracusa, con il coordinamento di Carmelo Saraceno ed i contributi canori di alcuni degli autori che hanno avuto modo, pur a cinquanta anni di distanza, di risalire sul palco ed esprimere performance musicali ancora molto gradite dal pubblico presente.

                                      Roberto Fai, Giuliana Taverniti, Peppe Tropea


                                  Carmelo Miduri, Carmelo Saraceno, Jose Mantineo



                                             Carmelo Maiorca, Andrea Schiavo


    Uno dei più bei percorsi di maturità del Liceo Einaudi di Alessia Vasta, di qualche anno fa

                                                             Ermanno Adorno
                               Antonio Randazzo, Fabio Moschella, Maurizio Amaldi

   Con i contributi di:
Carmelo Miduri, Caterina Italia, Ermanno Adorno, Roberto Fai, Jose Mantineo,  Fabio Moschella, Bruno Caruso, Gilda Arcuri,  Andrea Schiavo, Salvo Adorno, Franca Carpinteri, Lucia Attardi, Marika  Cirone, Bruno Marziano, Antonio Andolfi, Mario Blancato, Aldo Taranto, Antonino Risuglia, Ennio Formosa, Enzo Monica, Peppe Marziano, Giovanni Di Maria, Paolo Corallo, Lino Di Tommaso, Luciano Sansalone, Nuccio Giaccotto, Paolo Fai, Roberto Cafiso, Vittorio Muscia, Lillo Venezia, Fausto Consiglio, Toi Bianca, Pippo Zappulla, Gianpaolo Passanisi, Pippo Cascio, Enzo Annino, Ethel Puzzo, Elia Li Gioi, Carmelo Maiorca.


      Salvatore Spallina

mercoledì 25 luglio 2018

L’OPERA SOTTO LE STELLE A NOTO, CON “NORMA”, UN SUCCESSO CHE SI CONSOLIDA SEMPRE PIÙ




   Con la direzione orchestrale del maestro Michele Pupillo e la regia di Paolo La Delfa è andata in scena a Noto, fra la cornice di Palazzo Ducezio e la scalinata della Cattedrale, “Norma”,  un'opera in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani, tratto dalla tragedia "Norma”, ou L’Infanticide" di Louis-Alexandre Soumet. L’Opera sotto le stelle continua ad avere una grande risposta di pubblico.
  Una serie interminabile di applausi finali ha decretato il pieno successo dell’opera con gli scalini della cattedrale pieni di pubblico, come non li avevamo visti mai!!. 
  L’Opera sotto le stelle. Dopo i successi di Tosca, Traviata, Bohème, si aggiunge questo di Norma. Il sindaco di Noto Corrado Bonfanti e l’assessore alla Cultura Frankie Terranova  possono dire con orgoglio che l’Orchestra Mediterraneo Siracusana e Coro, nel calendario dell’estate notinese, sono un fiore all'occhiello del quale possono andare orgogliosi.
  Michele Pupillo ha diretto l’Orchestra, Coro e cantanti con la maestria di sempre. Tutti i protagonisti  hanno dato il loro meglio in questo posto incantevole. Tony Fanciullo ha curato la scenografia.
   Alla fine dello spettacolo sono tutti felici. Questa espressione non è esagerata, forzata. Il suo calore, la sua partecipazione, il pubblico li aveva espressi durante la messa in scena. Noi abbiamo voluto dar voce a tutti i protagonisti perché questa volta la scommessa era stata messa in moto, dopo i contatti con il sindaco Bonfanti, direttamente dal maestro. Miche Pupillo aveva voluto alzare l’asticella nella scelta dell’opera da rappresentare. "Norma " di Vincenzo Bellini. Voleva proprio vedere se la sua creatura artistica, la "sua Orchestra e Coro" sarebbero stati in grado di seguirlo in questa sfida, cioè rappresentare una delle opere più belle dell’ottocento operistico italiano. 
   In questa sfida si è trovato accanto il presidente dell’Orchestra, Natale Calafiore. Insieme sono partiti per questa avventura che adesso li rende orgogliosi della scelta ed ancora oggi commossi dal riscontro, sia durante la rappresentazione, sia subito dopo, sia nei giorni a seguire, perché, Norma, a Noto, è diventato l’argomento del quale si parla ancora oggi mentre scriviamo.
   Il capolavoro belliniano quando lo si è portato in scena lo si è sacrificato nella sua parte musicale, nel senso che le direzioni orchestrali cercavano di mettere in risalto tutti quei bellissimi passaggi vocali a discapito della parte musicale che veniva “sacrificata” per esaltare le voci. Michele Pupillo, due giorni prima della messa in scena ci ha confermato la sua scelta: “ la musica è bellissima, le voci pure, voglio mettere tutte e due questi elementi uno al servizio dell’altro”. Scommessa riuscita, vinta. Le ovazioni del pubblico durante, alla fine della rappresentazione, dopo e dopo ancora sono una testimonianza vera di questo successo.
   La regia di Paolo La Delfa, belliniano puro, ha sposato in pieno le scelte del maestro Pupillo e nei lunghi  mesi di prove quell'intreccio fra situazioni sceniche ed incroci musicali hanno trovato il loro assestamento, la loro armonia intrinseca, così come Vincenzo Bellini le aveva pensate nella sua stesura. Poi si sa che nell'esecuzione sul palcoscenico qualche sfumatura non va nel posto giusto. Persone più qualificate di noi possono, nel merito, avere pareri diversi, ma la sfida era portarla in scena, proprio perché Norma è famosa anche perché non la si porta in scena per le difficoltà vocali intrinseche nell'opera stessa.
                                  Elisabetta Corrente presenta l'opera

                       Natale Calafiore (basso) e Fulvio Bumbalo (basso)

                                                  Natale Calafiore

   Nel back-stage alla fine abbiamo sentito i protagonisti a cominciare dal presidente dell’Orchestra Mediterranea Siracusana e Coro, Natale Calafiore, nonché partecipante attivo sul palco nel ruolo (basso) di un soldato druido: “sono molto emozionato, c’è stata una grande risposta di pubblico, che ha premiato lo sforzo di una Orchestra che sta crescendo sempre più in qualità e  coinvolge grandi artisti. Sta trovando soluzioni tecniche che migliorano la messa in scena e sta tenendo viva la tradizione dell’opera lirica in provincia di Siracusa e qui in Sicilia. In questo momento sto pensando al Teatro Garibaldi di Modica dove avremo, nel mese di ottobre già due serate sold out per Bohème. Sono molto fiero di essere il presidente di una Orchestra che è il baluardo di tutte quelle persone appassionate nel fare e nell'ascoltare musica lirica”.
   

      Il regista Paolo La Delfa nei panni di Oroveso (baritono) e Norma (soprano)
nella fase di trucco e parruco, con Alfredo Danese, Lorenzo e Graziella Crifò  

Paolo La Delfa (Oroveso)
Il dott. Biagio Armaro, oggi presidente onorario, ma baluardo e sostegno dell'Orchestra fin dalla sua nascita, insieme a Paolo La Delfa
   
   Il regista Paolo La Delfa, nonché Oroveso, capo dei Druidi e padre di Norma. Il regista in scena ha dovuto sostituire Dante Roberto Muro che, a causa di un incidente automobilistico, non è stato più in grado di seguire le prove. Durante le fasi delle prove il regista ha voluto privilegiare, nell'ambito della realtà storica della vicenda, alcuni aspetti sia scenografici che comportamentali dei vari protagonisti. Infatti la scena principale privilegia la “genuinità” dei Galli nelle loro credenze religiose animiste, la stessa viene messa a confronto con la presunta superiorità romana, basata sulla forza e sulla mancanza di rispetto nei riguardi dei popoli conquistati e vinti. Pollione il proconsole romano infatti entra in scena lateralmente, cose se salisse le scale, dal basso, dove, scenicamente, con delle statue e dei pezzi di blocchi di pietra, era stato allestito l’accampamento dei Romani.
   Paolo La Delfa: “un’emozione indescrivibile. Un’edizione di Norma fatta col cuore, con il rispetto, con il sudore e con una soddisfazione finale di aver saputo dare al pubblico quello che il pubblico si aspettava e di aver reso omaggio a Vincenzo Bellini, alla sua musica, alla sua poesia, come il mio cuore voleva che avvenisse.  Mi complimento con tutti. Grande direzione di Orchestra del maestro Michele Pupillo. Ottima orchestra, ottimo coro, un cast all'altezza, capace di saper rendere al meglio questo capolavoro belliniano”. 
                  Flavio (tenore) grande amico e confidente del proconsole Pollione

   Filippo Micale: “Una bellissima esperienza, una grande emozione, anche in virtù del fatto che sto vivendo in maniera riflessa il successo di questa serata perché la protagonista, Norma, è mia moglie. Dunque emozione doppia”.  
                                       
 I quattro pannelli scenografici rappresentativi del tempio druido di Irminsul, in due, in particolare evidenza, il pilastro ligneo del tempio


                Tony Fanciullo, lo scenografo, al centro fra Norma e Flavio

  Tony Fanciullo: "una bellissima rappresentazione, una direzione molto professionale, un cast che è riuscito ad interpretare molto bene questo capolavoro, che, come sappiamo, ha fatto da battistrada a tutti gli altri capolavori dell’800. Se è stata l’unica opera a far commuovere Wagner, dice tutto, ed anche io non ho nulla da aggiungere a questa parole".

                         Natale Calafiore (basso) e Salvo Imbesi (basso)
   

   Salvo Imbesi: "io non vedevo un pubblico così da tanti anni, così caloroso da far venire i brividi a noi, sia in scena che dietro le quinte. Gli applausi finali, calorosi e forti, al maestro Pupillo ci hanno dato la dimensione del successo di Norma, questa sera.
           Adalgisa, sacerdotessa del tempio di Irmisul, nuova fiamma di Pollione
                 Pollione vuole convincere Adalgisa a seguirlo a Roma
          Adalgisa confessa a Norma che è innamorata, ma tace sul nome         

                    Sul pannello al centro scorrono i testi in italiano e inglese
                                         Adalgisa, Norma, Pollione
   La soluzione tecnica di far scorrere il testo in italiano ed inglese durante la rappresentazione è stato un elemento importante nel decretare il successo dello spettacolo. Questo effetto lo si è visto quando entra in scena, accanto a Norma ed Adalgisa, Pollione. Adalgisa in quel momento, ignara della passata storia di amore fra Norma e Pollione (dalla relazione segreta erano nati due bambini) svela il nome dell’innamorato. In quel momento inizia l’aria del terzetto finale dell’atto I. “Oh non tremare, o perfido”, è l’aria che Norma, Adalgisa e Pollione cantano a tre voci. Ed è lì che è venuta fuori una magia. Il pubblico è stato attratto, calamitato, "attaccato"(anche in siciliano!) al contenuto, alla scena. Ora non volevano perdere nessun fotogramma di quella miscela piacevole, fra voci e note, venutasi a creare. Il cantato di ogni singola voce era chiaro, lo spettatore entra dentro la scena, è partecipe di quei sentimenti drammatici e rivelatori di un intreccio che avrebbe cambiato, tragicamente, le vite degli stessi. Un applauso lunghissimo e potente accompagna i protagonisti fino alla loro uscita di scena.
   Salvina Maesano: "Adalgisa", "un ruolo importante ed impegnativo. Mi sono innamorata di questo ruolo giorno dopo giorno. Nella mia parte c’è tanto da recitare, spero di esserci riuscita, bisogna recitare cantando. Per me è un  grande onore averlo debuttato qui a Noto, con questa cornice scenografica naturale e con questo pubblico caloroso che ci ha ricompensato di tutti gli sforzi e le fatiche di questi mesi. L'ultima settimana di prove con un caldo terribile, ma ne è valsa la pena".  

                                                 Norma e Pollione
                                                         Pollione 

   Antonino Interisano: “Pollione”, “ho recitato cinque volte Norma e mi rendo sempre più conto di quanto, nell'era delle immagini, “le voci” tornino ad essere centrali nell'opera. Credo che recitare in posti suggestivi dia qualcosa di più e di diverso a chi sta sul palco. Bellini, oltre la grandezza dell’opera, ha regalato alla storia una Norma intima, grande, bellissima. 

                                 Norma sta meditando la sua vendetta 
               Norma vuole colpire Pollione negli affetti più intimi, i suoi figli
   La tempesta interiore è passata, Norma ora guarda con altri occhi i suoi figli
   
   Il confronto/accostamento con la Medea classica che uccide i figli è solo un pensiero scenico, in realtà né Vincenzo Bellini né Felice Romani vollero arrivare a tanta inumana crudeltà. Anche i bambini, Elena e Michele Francesco Battaglia, figli della cantante del Coro Sofia Suma hanno recitato bene la loro parte. 

   Gonca Dancan: "Norma","viva la musica,viva Bellini. Per me è stato un sogno venire qui, cantare e realizzare questo personaggio di Norma. Sono, come si vede, molto emozionata e felice, felicissima, cosi tanto felice che non trovo le parole per esprimere fino in fondo la mia felicità".




       Francesco Pupillo, figlio d'arte, 15 anni, al suo debutto, al violoncello

                          Francesco Pupillo, sorridente, la tensione è finita

Il maestro Michele Pupillo ed il primo violino dell'Orchestra, Giovanni Cucuccio

 Giovanni Cucuccio invita i maestri dell'Orchestra ad accordare gli strumenti

                                           Giovanni Cucuccio

   Giovanni Cucuccio, primo violino, da sempre, dell’Orchestra del maestro Michele Pupillo:  “ho suonato tante volte  diversi estratti, diverse sinfonie innumerevoli volte, ma suonare l’opera per intero mi ha dato l’idea della grandezza di Bellini. L’Orchestra del maestro Pupillo cresce sempre più per ogni nuova produzione e per me è sempre un piacere suonare con tutti. Il risultato di questa serata è stato notevole, per me indimenticabile”.

                                        Il maestro Michele Pupillo
                                                   la sua ombra
         Nel back-stage la maglietta è asciutta, ma la tensione è ancora alta

   Maestro: "eccezionale. Tutti siamo stati all'altezza della situazione, non ho nulla da aggiungere, per noi parlano gli applausi, quelli alla fine del primo atto e quelli finali. Bravi tutti".
   Meriti non secondari vanno tributati  al maestro del Coro: Maria Grazia Di Giorgio, al direttore di scena, Francesco Drago, alla Sartoria Pipi di Palermo.
   Un grazie davvero speciale a Diego Barucco per il suo servizio fotografico. 

   Salvatore Spallina