venerdì 15 febbraio 2019

DIALOGO IMMAGINARIO CON IL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI


  
                                    Carlo Maria Martini


   “Eppure io resto convinto che la vera sfida a ciascuno di noi è proprio questa: individuare spazi di libertà, di discrezionalità, di creatività dentro i ruoli che ci hanno assegnato, nello svolgimento dei compiti che ci sono stati affidati…..”[1]


  Caro cardinale Carlo Maria Martini, ci perdonerà questo incipit. Prendiamo in prestito uno schema a lei tanto caro, cioè la forma della lettera/conversazione dialogica, per cercare di seguire, non solo, le tracce “visibili” che ci ha lasciato in dono, durante il suo cammino, intorno a temi che caratterizzano la nostra attualità ed il nostro futuro prossimo, ma anche quelle “spirituali” cui poter attingere per poter costruire progetti futuri in cui proiettare forme di convivenza a misura d’uomo. Lo sappiamo, ci rendiamo conto che è una sfida difficile, ma Lei ci ha abituati al fatto che queste sfide vanno accolte cercando di trasformarle in sogni dai quali non si può disgiungere un elemento essenziale, quello di volerci credere fino in fondo.
   Gli argomenti su cui vogliamo dialogare con Lei solo i seguenti:
-          Come comunichiamo, cosa ci comunichiamo oggi
-          Il coraggio del voler confrontarsi senza paura 
-          Progettare “la nuova città” cui guardare attraverso il dialogo ecumenico

   Cercheremo di prendere in esame i contenuti, gli spunti, le proiezioni che abbiamo incrociato nelle sue “parole”, nei suoi “verbi”, nelle sue “intenzioni”, nei suoi “sogni” per rendere più chiaro il nostro percorso. Le tracce che ci hanno avvicinato a Lei le abbiamo incrociate, nel nostro cammino della vita e nel nostro lavoro, a partire dalle  Lettere Pastorali, durante il suo magistero nella Arcidiocesi di Milano, nelle Cattedre dei non credenti e poi via via nei tanti documenti cartacei, televisivi, nei quali ha espresso il suo pensiero intorno a queste tematiche. Siamo stati, di recente, al Duomo di Milano. Insieme a noi tante altre persone, a noi sconosciute, a pregare e a riflettere sulla sua tomba,  in un raccolto silenzio, per far nostro il pensiero “Pro veritate adversa diligere”. Durante questa preghiera abbiamo ripensato alla testimonianza di Marco Garzonio, a Lei tanto caro ed amico, che afferma che quando si sosta intorno a quella lapide si ha una netta sensazione di gioia, come se ci si rifugiasse in un ritrovo dell’anima. 
    Nelle società di oggi, prendendo in esame il primo argomento, le relazioni, i contatti con il mondo, fra le persone risentono della pervasività che il mondo dell’elettronica esercita. Gli “utensili” digitali, coadiuvati dall'elettronica, lo erano già durante il suo magistero, quando non sono addirittura installati in noi stessi, controllano e regolano i legami con il mondo. Questa dimensione è vissuta e sentita, anche se sembra strano, in maniera irreversibile da quelli che non vivono questa dimensione della vita. Anche loro, alla fine, ne restano influenzati e comunque partecipi. Siamo già entrati nell'era di una sorta di immaterialità fatta di finanza liquida, moneta liquida, amori liquidi, da bere e consumare all'istante, lavoro liquido, sottopagato, buono a colmare solo desideri ma non i sogni, che sono troppo lunghi e complessi per poterli realizzare subito.
   Questo nuovo modo di conoscere, di pensare, di trasmettere valori, di comunicare, cambia, muta in continuazione, trasforma il nostro modo di percepire e vivere la realtà che ci circonda.  Le nostre relazioni umane, caro Cardinale, il nostro contatto con la cultura digitale sta progressivamente bruciando tappe evolutive in svariati campi, dallo sviluppo industriale, all’automazione; nel villaggio globale, il teletrasporto ci fa quasi vivere il dono della ubiquità. In questi giorni nella sua Milano, tanto amata, stanno per nascere due grandi uffici di WeWork con circa duemila dipendenti per favorire la collaborazione tra i professionisti e per aiutare le aziende a crescere e a espandersi. Team di persone attive nel territorio ma che possono far leva sulla esperienza di oltre 280 altre location sparse nel mondo. Il fine? poter fornire servizi e spazi di altissima qualità dai migliori standard. Tutti questi intrecci materiali e modulari,  cose che, anche quindici, venti anni fa non avremmo creduto potessero accadere, stanno mutando radicalmente anche i rapporti interni alle famiglie ed anche all’interno delle cerchie di amici. Solo fino a pochi anni fa la tecnologia indicata come progresso, automazione, sviluppo industriale,  non aveva nulla a che fare con le esperienze, i rapporti relazionali di amicizia, oggi non è più così.
   La tecnologia e le relative connessioni, annullando i confini geografici, “creano” comunità che nella realtà non esistono e non esiste nessuna garanzia sulla durata delle stesse, con tutti i suoi componenti. Oggi più di ieri il mondo delle immagini, il loro primato, sono dentro noi stessi. Fra pochissimo, si può dire che ci siamo già dentro, con le applicazioni di “realtà aumentata” si potranno realizzare, a distanza, cose prima irrealizzabili.
   Lei nel film di Ermanno Olmi, “Vedete sono uno di voi”, ci racconta: “mio padre per comunicarmi la fine della guerra venne da Orbassano a Cuneo, 80 km, con una bicicletta per darmi la buona della fine della guerra, Cuneo era rimasta isolata dopo che i tedeschi avevano fatto saltare un ponte che la collegava alle strade principali”[2].  No, no Cardinale, con questa citazione, non vogliamo coinvolgerlo in una nostra visione nostalgica, no, vorrebbe dire che stiamo dialogando con la persona sbagliata!, la stiamo utilizzando solo per dire che, rispetto alla sua ultima esperienza, oggi siamo già entrati in una nuova dimensione della comunicazione, nella quale, rasa al suolo quella, però, non abbiamo la certezza, che quella attuale sappia trasmettere calore, amore, come quello che ha spinto suo padre a percorrere quegli 80 chilometri.
   Oggi dove tutto è velocità e concretezza, siamo/restiamo “chiusi” più tempo dentro di noi. Ci dobbiamo chiedere  quanto riusciamo a stare “fuori” da questo isolamento, chi incontriamo, dove andiamo e quanto, invece, sentiamo prepotente il bisogno di far ritorno “dentro”, dove i problemi dello stesso mondo esterno sono diventati una appendice da vivere solo lo stretto necessario.
   Dobbiamo recuperare una serie di relazioni a misura di sguardo, come Lei ci ha insegnato, esercitare maggiormente un ravvicinato controllo dei nostri atti, confrontare ed affinare tutte quelle capacità emozionali che scaturiscono “dall’incontro”, anche durante tutta la giornata lavorativa. Stiamo estraniando, buttando fuori dal comunicare, la bellezza, oggi scambiata e deformata in semplice piacere di pronto ed immediato consumo, dunque da ricercare in continuazione per essere di nuovo consumato. Meno di ieri si insegna che la bellezza va oltre il semplice vedere, per imparare a cercare ciò che è nascosto, per scorgere le differenze, che, a loro volta, nascondono il senso di qualcosa di inesprimibile, di inafferrabile, ma, nello stesso tempo, inalano in noi l’insopprimibile desiderio di andare oltre ciò che stiamo vedendo. Come Lei ci ricorda, se ne siamo ancora capaci, dovremmo trasmetterci qualcosa  che abbia a che fare con la bellezza, si, con la bellezza di Dio, che sta lì nello sfondo, non visto e non cercato nel moderno comunicare. Crediamo che il “bello” debba tornare ad assurgere, più che mai, a modello per ogni uomo. La bellezza, che qui intendiamo come esplicitazione del bene, non è solo oggetto della comunicazione, ne è anche lo stile. Lo stile comunicativo, dunque, partecipa, in qualche modo, del suo contenuto, della bellezza comunicata.
   Ora entriamo nel secondo punto del nostro dialogo: Il coraggio del voler confrontarsi senza paura.  
    Cominciamo col dire che ce n’è voluto tanto…di coraggio…. ricorda, Cardinale, quando, nel suo nuovo incarico, Arcivescovo di Milano, la diocesi più grande del mondo, seppe superare  paura ed incertezza nell'affrontare le nuove sfide che la vita e la realtà milanese le mettevano sul suo cammino.
   Neanche un mese dall'insediamento e i terroristi di Prima Linea uccisero il magistrato e docente Guido Galli. Non ebbe nessuna esitazione. Benché turbato e scosso, andò subito a pregare e a benedire la salma, ancora calda, nel corridoio fuori dall’aula dell'Uni­versità statale dove era stato freddato con due colpi alla nuca, dopo il primo ferimento: “bisogna­va partecipare da vi­cino alle sofferenze della gente e portare il conforto della pre­ghiera, disse”[3]. Due mesi dopo, sotto il piombo terroristico, venne fatto fuori il trentacinquenne Walter Tobagi, giornalista del Corriere, cattolico, padre di due piccoli bambini.  Lei  si trovava a Roma. Sentì il bisogno immediato di prendere la macchina e correre a Mi­lano, una Milano incredula, sbigottita, terrorizzata. “Ero senza parole, raccontò in seguito, di fronte a tanta sofferenza. Ricordo che ai funerali, in­sieme al dolore, vedevo tanto coraggio e determinazione nella innumerevole folla accorsa. Milano voleva reagire con grande forza e con grande dignità. Non era la paura che dominava, ma la vo­lontà di resistere. Ricordo molto bene anche il dolore e la grande compostezza dei familiari, lo smarrimento de­gli amici, il sincero cordoglio di tutti”[4]
    A quel funerale seppe cogliere bene quei segni Ferruccio De Bortoli che, nella stesura di una memoria in suo ricordo, ha esternato così ”… l'omelia di Martini ci colpì al cuore. Non solo noi che conoscevamo Walter e ne piangevamo la scomparsa. Mentre l'Arcivescovo parlava in una chiesa del Santo Rosario affollata fino all'inverosimile, notai le lacrime delle persone accanto a me che, al massimo, l'avevano letto qualche volta e non l'avevano forse mai sentito nominare prima. Quella fu, secondo me, la svolta, perché il velo della sofferta rassegnazione con la quale si assisteva, impotenti, alla catena di delitti si squarciò d'incanto. Un'occasione così triste si trasformò nel grido di una città che diceva no al terrore e alla violenza”[5].
   La visita ai terroristi, prima a San Vittore, a Milano, poi nel carcere di Torino, il battesimo dei due gemelli di Giulia Borrelli, nati in carcere, “proverei una profonda repulsione verso me stessa se dovessi riconoscere di aver strumentalizzato quanto ho di più caro, disse Giulia,….se ci siamo rivolti al cardinale Martini è perché riconosciamo in lui il punto di riferimento spirituale per i detenuti e per questo abbiamo chiesto che fosse lui a battezzare i nostri figli che in carcere hanno trascorso la prima parte della loro vita”[6]. I colloqui con i carcerati e poi la voglia di aprire il loro cuore quando racconta le loro parole: “quando noi sparavamo non vedevamo la gente, era come se avessimo buio davanti a noi, sparavamo nel buio. Quando abbiamo cominciato a capire che c’erano delle persone umane abbiamo cominciato a cambiare idea, a cambiare cuore “[7]. E poi la consegna delle armi e degli esplosivi dei terroristi di Prima Linea, in due borsoni, accompagnata da una lettera: “riceva Eminenza la nostra spontanea rinuncia alle armi, questo è un segnale che affidiamo alle sue mani per la ripresa del dialogo interrotto dalle nostre gesta nel clima di scontro degli anni scorsi. Siamo certi, Eminenza che saranno in buone mani. Suo in Cristo attraverso l’uomo. Ernessto Balducchi”[8].
    Dopo le titubanze dei primi anni, come ricorderà, era ormai diventato un punto di riferimento per una intera Comunità. Sapeva far discendere con la consapevolezza pastorale di chi sa da dove tirarla fuori, per le situazioni che di volta in volta si venivano a creare e nelle quali era richiesto il suo intervento, una ricchezza “divina”, fatta di cammini concreti, di profondità nelle proposte, di semplicità nel linguaggio. Le fonti di tutta questa ricchezza provenivano dai Testi biblici, dai Vangeli, da tante parabole di Gesù, dagli Atti degli Apostoli, dalla Dottrina Sociale della Chiesa, da tutti i documenti del Magistero Pontificio dopo il Concilio Vaticano II. 
  Tantissimi gli interventi con riflessioni sempre centrate fra economia ed etica, sulle tematiche del lavoro, sia pubblico che privato ed anche sul rapporto fra l’attività imprenditoriale ed il tema del profitto. Su questo argomento il suo punto di vista non ha mai suscitato dubbi in proposito: il profitto non andava demonizzato né divinizzato. Ai suoi interventi, in tante situazioni concrete, guardarono con attenzione donne e uomini impegnati nel mondo del lavoro. Nessuno Le poté mai addebitare un atteggiamento di parte, nel merito. Il cuore dei suoi contributi ruotava intorno a tre punti centrali: la dignità dell’uomo, la dignità del lavoro, la dignità della famiglia. Invitava quelli che avevano responsabilità a farsi carico delle loro decisioni per modificare, per incidere, per risolvere al meglio, nelle realtà nelle quali operavano, le questioni in corso. Sul “Vangelo della responsabilità”, se così poteva essere definito, era incentrato tutto l’impegno della Chiesa in cui ha esercitato il suo Magistero. 
   Riguardo al mondo del lavoro ci piace qui ricordare le “Giornate della solidarietà”, il “Foglio della Pastorale del lavoro della Curia di Milano”, le “Veglie dei lavoratori” cui ha partecipato, le presenze in fabbrica, a Monza (solo per fare qualche esempio), dove già i primi sintomi della globalizzazione facevano cadere gli effetti del trasferimento della produzione in regioni dell’Europa più convenienti sotto il profilo salariale, o all'ACNA di Cesano Maderno, dove anche lì si rischiava la chiusura della fabbrica. In quella occasione disse:  "…la mia presenza vuol dire che la Chiesa ambrosiana è con voi, con tutti coloro che sono in situazioni particolarmente difficili….. la soluzione spetta alle diverse realtà  sociali implicate. Ma il mio essere qui è nel nome del Vangelo, come voce del Vangelo che è voce di chi non ha voce. Ed è in forza di questa voce che è necessario proclamare qui, come radice e sorgente di tutte le soluzioni pratiche, il primato dell'uomo e del lavoratore sul lavoro stesso. Da ciò deriva la lotta senza quartiere per la distruzione del profitto come idolo a cui si sacrifica tutto il resto"[9].
   Caro Cardinale tanti sono i punti che vorremmo ancora prendere in esame su questo tema del coraggio, ci vorrebbero fiumi di inchiostro e spazi di scrittura immensi. Sentiamo, però,  di non poterci esimere dal far cenno a due temi scottanti e di grande attualità. Per prima vogliamo parlare del tema dell’immigrazione. Auspichiamo, nel merito, che le Sue parole,  a distanza di più di vent'anni, possano risuonare e trovare spazio non solo nelle menti degli uomini politici, cui spettano decisioni importanti,  ma anche in quelle dei tanti cittadini cattolici e non cattolici che, in questi giorni mentre scriviamo, sembra abbiamo dimenticato che “la Chiesa avverte la tematica dell’accoglienza degli stranieri quale esperienza vicina alle proprie origini, quale occasione per rinnovare la nostra coscienza. Possiamo dunque affermare che l’immigrazione può essere una circostanza provvidenziale anche per l’Occidente, per impegnarsi in profondità. Occorre una disposizione del cuore e vedere – l’ho sottolineato altre volte – in tale fenomeno un appello a un mondo più fraterno e solidale, a un’integrazione multirazziale che sia segno e inizio della presenza di grazia di Dio in mezzo agli uomini. L’immigrazione è davvero un’occasione storica per il futuro dell’Europa, occasione di bene o di male, a seconda di come la governeremo…..Ricordiamoci che, affrontando correttamente i problemi che quotidianamente vivono nel nostro Paese gli stranieri, contribuiremo alla soluzione di tanti problemi strutturali riguardanti pure gli italiani. Non si tratta di scatenare pericolose rivalità tra persone in stato di bisogno; si tratta piuttosto di affrontare globalmente i problemi posti sul piano sociale dall'immigrazione, con vantaggio per tutti, a partire dai più deboli e dai più sfortunati”[10].

   Il secondo riferimento riguarda il ruolo dell’Europa sia nella stretta attualità che nella prospettiva del rinnovo delle Istituzioni democratiche che avverrà nei prossimi mesi. Siamo a conoscenza degli interventi e del lavoro instancabile compiuti sia dai suoi predecessori che da Lei stesso, a partire dal 1986, anno della sua elezione alla CCEE  (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa), a favore delle Istituzioni europee. Ma qui nel dettaglio ci teniamo a ricordare il Suo intervento, lungimirante e profetico, tenuto al Parlamento europeo, a Strasburgo nel 1997: “Ritengo si possa dire che l’Europa si trova di fronte a un bivio importante, forse decisivo, della sua storia. Da un lato le si apre la strada di una più stretta integrazione: le linee per realizzarla sono molte e in gran parte sono incluse nella sua stessa storia. Dall'altro lato, la strada che può aprirsi è anche quella di un arresto del processo di unificazione o di una sua riduzione solo ad alcuni aspetti non pienamente rispettosi dei valori su cui deve fondarsi una vera unione (..). La scelta, dunque, sembra essere tra un’unità più stretta capace di coinvolgere un maggior numero di popoli e nazioni e una battuta d’arresto che potrebbe portare alla disgregazione dell’edificio europeo o alla identificazione di tale edificio con una sola parte del Continente”[11].

   Caro Cardinale, guardando al terzo punto del nostro dialogo: Progettare “la nuova città” cui guardare attraverso il dialogo ecumenico.
   Vorremo partire da una certezza cui abbiamo guardato e che abbiamo sempre cercato di trasmettere nel corso della nostra esperienza di lavoro con i giovani. I nostri pensieri, le nostre certezze hanno preso forza e vigore, in maniera sempre più marcata, quando abbiamo incrociato le sue riflessioni, i suoi insegnamenti al riguardo.
   Il nostro primo impatto con uno Stato, in quanto cittadini, lo abbiamo con la città dove nasciamo, dove viviamo con la nostra famiglia, dove si sviluppano i primi momenti della nostra vita civile e sociale. “In forza della sua complessità localizzata, la città permette tutta una serie di relazioni condotte sotto lo sguardo e a misura di sguardo, e quindi esposte al ravvicinato controllo etico, e consente all'uomo di affinare tutte le sue capacità. Essa è infatti sempre meno un territorio con caratteristiche peculiari, e sempre più un mini-Stato dove si agitano tutti i problemi dell’umano. È perciò palestra di costruzione politica generale ed esaltazione della politica come attività etica architettonica. Appena perdi la sicurezza dell’appartenenza, dal momento che ci si isola dal territorio nel quale si vive, l’estraneità nei riguardi di tutto ciò che esula dal nostro sguardo, a partire dai diversi, dagli stranieri fa aumentare in noi a dismisura la paura dell’altro. L’isolamento crea paure e insoddisfazione. Ci rifugiamo nella recriminazione per pretendere che qualcuno ci difenda da chi non si conosce e non abbiamo fatto nulla per conoscerlo, dal vicino di casa che disturba la nostra quiete familiare, allo straniero e ai diversi che percorrono le vie che siamo abituati a frequentare”[12].
   Queste idee di partenza ci sembrano rappresentare il cuore del discorso che vogliamo sviluppare su questo punto. Il suo sguardo ed il suo riferimento specifico erano riferiti alla città di Milano. La sua esperienza e le proiezioni del domani ci dicono che le dimensioni delle città cresceranno a dismisura. I nostri ragazzi di questo terzo millennio dovranno fare i conti, probabilmente, con città molto più estese di Milano, dovranno relazionarsi con un numero di persone molto più grande.  Secondo i suoi insegnamenti dobbiamo sforzarci di comprendere anche ciò che avviene intorno a noi, perché non possiamo/dobbiamo rinunciare a comprendere i problemi che la nostra epoca ci mette davanti. Connessi ai progetti di queste “nuove città” non possiamo disgiungere i problemi dell’ambiente e quello delle risorse, sia naturali che materiali.  Alcuni dati della FAO, riferiti al 2014, mettono i brividi: il 54% della popolazione  è ammassato in centri urbani, diventerà il 70% nel 2030. Quando pensiamo a questi numeri, Cardinale, pensiamo a tanti giovani, già ne conosciamo molti, che saranno costretti dalla vita, dalle aziende per cui lavorano o collaborano, ad andare a vivere in città ed in grattacieli-alveari nelle grandi periferie delle megalopoli asiatiche sia esse cinesi che indiane o europee. Tra dodici anni le prime sette città più popolate saranno in Asia,  sommeranno 205 milioni di abitanti.
   Parlare di bene comune, di sostenibilità, legati alla difesa del territorio può suonare come un discorso astratto. Ma è lo spirito che ci deve accompagnare il questo cammino cui noi guardiamo, cui bisogna guardare, quello spirito che ha saputo infondere alla comunità milanese quando neanch'essa pensava fosse possibile coniugare la Parola e i sogni.  Dovremo fare appello alla nostra coscienza cristiana, rimboccarci le maniche e cominciare ad abbattere i muri fuori e dentro di noi.  Le città e le persone non stanno ferme, si muovono per conservare ed innovare allo stesso tempo, per custodire e donare, per sviluppare  tutte quelle componenti che con la propria cultura si portano dentro. Quella che appartiene ad un cristiano è fatta di Parola, di libri, di condivisione, di missione, di speranza, di carità. A questi elementi si devono aggiungere la libertà congiunta con l’etica della responsabilità, l’amore per l’altro. 
   Faremo tesoro degli insegnamenti cristiani che ci portiamo dentro ed anche del valore del sapere scientifico, e Lei, caro Cardinale, da questo punto di vista, rappresenta un esempio luminoso. Ci ha insegnato che ogni sapere, ance quello più altamente scientifico e tecnologico non può essere disgiunto dall'idea, dal fatto di voler rinunciare a qualcosa del proprio sé, cioè di volersi sacrificare per mettersi a disposizione di un progetto che sappia guardare al bene ed alla bontà dell’agire insieme. E poi un progetto che abbia l’ambizione di voler essere credibile non può prescindere da un approccio scientifico che sappia curare e svilupparne i momenti, ma la scienza non può bastare a se stessa. Se in questo progetto c’è dentro la vita dell’uomo le sole soluzioni tecniche saranno poco efficaci se trascureranno due degli elementi più importanti del saper vivere insieme: l’idea di rinunciare ad una piccola parte di sé, cioè di volersi sacrificare per l’altro e quella di trovare dentro di noi quella parte di bontà, dono di Dio, che ci portiamo dentro per metterla a disposizione di tale progetto.
   Cercheremo di farlo noi, per quel che ci resta da vivere, e chiederemo ai giovani di questa e delle generazioni a venire di stringere forte al petto per poi trasferirlo al cuore ed alla mente “Il piccolo manuale della speranza; Vivere con fiducia il nostro tempo”[13], oltre ai tanti altri insegnamenti che abbiamo tratto e trarremo dai suoi esempi. Invece di globalizzare l’indifferenza, come continua a denunciare papa Francesco, cui non ha avuto la gioia di poter stare vicino, ma che ne ha profetizzato l’ascesa, dovremo imparare e mettere in pratica la globalizzazione della solidarietà, la sussidiarietà, sia nel diffonderla che nella pratica attiva.
   Andiamo a chiudere questo nostro breve, ma intenso scambio di pensieri, caro Cardinale, e non possiamo che esprimere tanta gratitudine per la “stretta” compagnia della quale abbiamo goduto e della quale abbiamo profittato in questo tempo occupato ad elaborare queste righe.
  Tutti noi abitanti di questo tempo futuro, di questi spazi, in questo viaggio terrestre dobbiamo imparare e trasmettere questi concetti che da Lei stiamo ereditando, ne saremo capaci?. Cercheremo di portarceli dentro nella nostra quotidianità. Se mancheranno questi  strumenti essenziali la costruzione del prossimo futuro diventerà poco credibile.
  La Gerusalemme Celeste, cui dovremo tutti noi guardare, è figlia anche di quella Gerusalemme terrestre dove per tanti anni ha vissuto ed ha avuto modo di sperimentare realmente come la preghiera, la convivenza e la tolleranza reciproca siano state e sono possibili, contrariamente a quel che sembra e a quel che una informazione, a volte, superficiale e fatta di luoghi comuni sembra rimandare. “A Gerusalemme si respira la storia biblica dai patriarchi ai profeti, fino a Gesù. Questa è la terra che lui ha visto, il cielo che ha contemplato, il suolo, le pietre che ha calpestato, dove ha sparso il suo sangue e dove si è diffusa la parola: Risorto”[14] .
   Temprati da questo “incontro”, facciamo totalmente nostro questo pensiero: “Consegna ai tuoi figli un mondo che non sia rovinato. Fa sì che siano radicati nella tradizione, soprattutto nella Bibbia. Leggila insieme a loro. Abbi profonda fiducia nei giovani, essi risolveranno i problemi. Non dimenticare di dare loro anche dei limiti. Impareranno a sopportare difficoltà e ingiurie se per  loro la giustizia conta più di ogni altra cosa “[15].

  Salvatore Spallina

   Carlo Maria Martini (Torino 15/02/1927 – Gallarate (Varese) 31/08/2012), gesuita, biblista di fama internazionale, è stato arcivescovo di Milano dal 1980 al 2002. Dal 1986 al 1993, presidente della CCEE  (Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa). È autore di numerose opere e pubblicazioni scientifiche, di tanti altri scritti, a vario titolo, su suoi interventi in molti ambiti. Di particolare interesse sono “Le lettere pastorali” durante il magistero milanese. Dal 2009 al 2012 ha tenuto una rubrica mensile sul “Corriere della Sera”, dal titolo Lettere al Cardinale. Qui ci piace citare Le 12 Cattedre dei non credenti dove sono state prese in esame diverse tematiche. Il rapporto con la città, con i sentimenti, il dolore, la violenza, la scienza, l’ateismo, la poesia, l’arte, l’universo, la fede. “Io ritengo che ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda …. Io chiedevo non se siete credenti o non credenti ma se siete pensanti o non pensanti. L’importante è che impariate a inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a inquietarvi della vostra non credenza.  Solo allora saranno veramente fondate ”.




[2] “Vedete, sono uno di voi”Il regista Ermanno Olmi racconta Carlo Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
Martini: i miei anni di piombo e di speranza, di Alessandro Zaccuri
 [5] Vergottini M. (cur), Martini e noi, Piemme, Milano 2015, pag. 310
 [6] “Vedete, sono uno di voi”Il regista Ermanno Olmi racconta Carlo Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
[7] ibidem
[8] ibidem
Il lavoro: vocazione e responsabilità  nel mondo, L'episcopato del cardinal Martini a Milano e l'odierna questione sociale di Lorenzo Cantù, 15/07/2002
L’immigrazione come sfida: un contributo del cardinal Martini
Card. Carlo M. Martini:  Paure e speranze di una città, Discorso al Comune di Milano, 28 giugno 2002, pag. 690
 [13] Martini C. M., Piccolo manuale della speranza. Vivere con fiducia il nostro tempo, Giunti, Firenze 2012
 [14] ) “Vedete, sono uno di voi”Il regista Ermanno Olmi racconta Carlo Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
[15] Martini C. M. - G. Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, Oscar Mondadori, Milano 2010, pag. 124

                                                                        
                                                                        Bibliografia

Bottalico G. – Satta V., Corpi intermedi. Una scommessa democratica, Ancora Editrice, Milano 2015
Cattoi A.( cur), C. M. Martini - I. Marino: Credere e conoscere,  Giulio Einaudi, Torino 2012
Garzonio M., Il profeta. Vita di Carlo Maria Martini, Arnaldo Mondadori Editore, Milano 2012
Garzonio M., Ritorno a Gerusalemme. Il cammino del cristiano i Terra Santa con Carlo Maria Martini, Edizioni Terra Santa, Milano 2018
Martini C. M., Piccolo manuale della speranza. Vivere con fiducia il nostro tempo, Giunti, Firenze 2012
Martini C. M., Cerco una verità….Parole ai giovani, Piemme, Casale Monferrato 1997
Martini C. M., Qualcosa in cui credere. Ritrovare la fiducia e superare l'angoscia del tempo presente, Piemme, Milano 2010
Martini C. M., Il coraggio della passione. L'uomo contemporaneo e il dilemma della scelta, Piemme Bestsellers, Milano 2010
Martini C. M. et ALII, Le cattedre dei non credenti, Bompiani, Milano 2015.
Martini C. M. - G. Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, Oscar Mondadori, Milano 2010
Martini M. C., Il segreto della prima lettera di Pietro, Piemme, Casale Monferrato 2005
Martini M. C., Che cosa dobbiamo fare. Smarrimento e inquietudine dell’uomo contemporaneo, Piemme, Milano 2011
Martini M. C., Cristiani coraggiosi. Laici testimoni del mondo di oggi, ITL srl, Milano 2016
Martini M. C., Il caso serio della fede, Piemme, Casale Monferrato 2002
Minerva D.( cur), C. M. Martini- I. Marino: Dialogo sulla vita, L'espresso, N 16 anno LII, 27 aprile 2006
Roverselli C., “Persone diverse: imparare a vivere insieme. L'approccio dell'educazione”, in C. Roverselli (cur), La persona plurale. Filosofia pedagogia e teologia in dialogo, Aracne, Roma 2002
Toschi L., La comunicazione generativa, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna  2015
Vergottini M. (cur), Martini e noi, Piemme, Milano 2015
Vergottini M. (cur), Affinché la parola corra. I Verbi di Martini, Centro Ambrosiano, Milano 2007
“Vedete, sono uno di voi”Il regista Ermanno Olmi racconta Carlo Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
Effatà apriti
Il lembo del mantello
Sto alla porta
Quale bellezza salverà il mondo?
Alain Elkann intervista/colloquio con il cardinale C. M. Martini
Martini: i media creino ponti tra la gente (intervista/colloquio di Gianni Riotta con il cardinale  C. M. Martini
https://icpressroom.wordpress.com/2018/11/07/un-futuro-da-rincorrere/ L’innovazione avanza veloce e ci precede, la scommessa? pragmatismo e fantasia
http://www.ventochemuove.it/?p=3617  E. Scalfari e C. M. Martini - Carlo Maria Martini: Il bene comune, Il testamento spirituale di C.M. Martini  di Marco Politi
Card. Carlo M. Martini: Crescita della libertà e fede cristiana
Card. Carlo M. MartiniPaure e speranze di una città, Discorso al Comune di Milano - 28 giugno 2002
Don Ciotti: ''Era capace di parlare chiaro senza ipocrisie''
Martini: i miei anni di piombo e di speranza, di Alessandro Zaccuri
Il lavoro: vocazione e responsabilità  nel mondo, L'episcopato del cardinal Martini a Milano e l'odierna questione sociale di Lorenzo Cantù, 15/07/2002
Perché La Bibbia  è il Libro del futuro dell’Europa?
Carlo Maria Martini Arcivescovo emerito di Milano
 Cesano Boscone – Cinema Teatro Cristallo – Domenica 9 Maggio 2004
L’immigrazione come sfida: un contributo del cardinal Martini