lunedì 22 aprile 2024

ERLEND ØYE & LA COMITIVA, SEMPLICITÀ E QUALITÀ MUSICALE PER COGLIERE E TRASMETTERE GIOIA E BELLEZZA

 

                             Poster delle due copertine dell'album in White o Black Vinil


   Al Locomotiv di Bologna la sera del 19 aprile il gruppo “La Comitiva”, come il 16, a Milano, esordio del Tour di questa primavera, ha registrato sold out.

                  da sx Luigi Orofino, Romain Bly, Erlend Øye, Marco Castello, Stefano Ortisi


   L’incipit del nostro incontro musicale con Erlend Øye è stato casuale. Scorrendo il canale you tube ho trovato le immagini ed il link di una canzone a me molto nota: “Una Ragazza in Due”, de “I Giganti”. Particolare non secondario, Erland ed Eirik Glambek Bøe, principali componenti del duo Kings Of Convenience, avevano girato la cover, live, a notte fonda, in una delle piazze più belle del mondo: piazza Duomo di Siracusa( il link di questa performance e di altri video si troveranno in fondo all'articolo).

               da sx Luigi Orofino, Romain Bly, Erlend Øye, Marco Castello, Stefano Ortisi

 Da lì nasce la curiosità nel voler approfondire l’ascolto e la conoscenza del gruppo. Poi, la permanenza fissa a Siracusa, dal 2012, l’intensa relazione con la città, con Ortigia in particolare, i contatti musicali con tanti musicisti siracusani fanno “sbocciare” “La Comitiva”. A partire dal 2016 la sintonia dentro il gruppo cresce e si rafforza. La formazione-base del gruppo è composta, principalmente da Erlend Øye, all’ukulele tenor (come ha chiarito a Radio Dee Jay - Summer Camp), indiscusso leader della Band, Stefano Ortisi, alla chitarra, la suona come un basso, ma tira fuori da essa altri fantastici suoni, sassofonista di formazione, di fatto polistrumentista e genio musicale (come l’ha definito il suo amico di musica e di band, Marco Castello, in un recente concerto live in duo, a Siracusa), Marco Castello, appunto, cresciuto e diplomato, come trombettista jazz, polistrumentista, ma di fatto chitarrista, e da Luigi Orofino al cavachigno (strumento a corde brasiliano).

   La  qualità del suono di Luigi miscelata con l’ukulele tenor di Erland, rendono il sound del gruppo intenso, accattivante, elegante, colto. Al gruppo in varie occasioni si aggregano altri musicisti di valore, come è successo a Bologna, con Romain Bly, compositore anch’egli, oltre che esperto di fiati e polistrumentista. 

  Dal 2018 Erlend & La Comitiva iniziano una lunga tournée internazionale dal Nord al Sud del mondo con collaborazioni continue di altri musicisti.

   Il concerto al Locomotiv di Bologna viene miscelato con dei brani di album precedenti di Erland, come Fence me in, Peng pong, Spider, Price, Reinman (nel bis). Poi Erlend rende onore agli altri due musicisti compositori del gruppo. Vengono eseguite le canzoni Beddu (dall'album "I pezzi della sera"), di Marco Castello e Amsterdam (singolo), di Luigi Orofino. Poi i brani: Paradiso, Bologna (vedi video nei link),For the time being, lockdown blues, You and only you, La prima estate, nel bis, Mornings & Afternoons.

 

             I brani dell'album La Comitiva. In digitale dal 17 maggio 2024. In vinile vedi link

   Contaminano, allegramente e con qualità, samba, jazz, rock, pop, reggae, indie, blues, con una disinvoltura e una naturalezza che prende ed affascina chi ascolta. Captano in maniera calda e ritmica la sensibilità musicale del pubblico che viene trascinato, quasi regolarmente, nel ritmo, in ogni brano eseguito. La loro semplicità, musicalmente colta, è il veicolo che trasporta il sentimento. La novità è proprio questa.  


                                        Le date del tour fino al 15 maggio

    La chiusa del concerto è fantastica. Scendono dal palco in mezzo al pubblico e cominciano ad eseguire in acustica Valdivia, si muovono lentamente fra il pubblico e poi fanno chiudere il pubblico a cantare il brano (vedi video nei link)

   Durante il concerto Erland ha comunicato che il gruppo ritornerà ad esibirsi a Bologna il prossimo 1 maggio, in Piazza Maggiore.


Salvatore Spallina

I link:
https://www.youtube.com/watch?v=5NHSg5LBLNM - Kings of Convenience - Una Ragazza in Due (I Giganti, cover), live, Piazza Duomo (Siracusa)

https://youtu.be/mrNbmv4ofCk - La Comitiva –  Locomotiv (BO) - Titolo del brano: Bologna

https://youtu.be/mZfPTI7Z0QA La Comitiva - Locomotiv (BO) - Chiusa concerto in acustica con il brano: Valdivia

Il video che a noi piace molto e che rende l'idea della lunga tournée del 2018 è  https://www.youtube.com/watch?v=jYqDs0j_Bk4&list=RDEM1OM96W4CIqAy2efyrwDXsw&start_radio=1&rv=OQGuKXo6jRk -
 Mina do Condominio - La Comitiva – Cover del brano di Seu Jorge







lunedì 5 febbraio 2024

LA VITA È ANCHE FORMA, IMMAGINE. IL PENSIERO INTRECCIA VESTIGE FRA STORIA UMANA, FORME ISTITUZIONALI, NUOVE ISTITUZIONI A VENIRE




   Interrogarsi sul “destino della società”, tutta, è un compito che spetta ad ognuno di noi.

   Il saggio di Roberto Fai, “La vita e le forme. Sulla crisi della potenza istituente” (Apalos Ed. 2023), mette al centro del suo percorso espositivo un interrogativo: l’uomo del terzo millennio sta perdendo o ha smarrito e già perduto la sua capacità di essere soggetto istituente?

   La lettura, con i pensieri ad essa connessi, tiene acceso, con costanza, l’interrogativo posto  e diventa uno stimolo che ci accompagna attraverso le pagine. A questo interrogativo si associa, approfondendolo, il percorso storico-politico dell’Occidente, così come noi Occidentali lo conosciamo e lo consideriamo “nostro”, dalla Atene periclea ai nostri giorni.

   Oramai è assodato che l’Occidente, con la sua storia politico-istituzionale, è un modello cui guardano tanti paesi del mondo. Anche se i fatti, che ci accadono intorno, ci dicono che fuori da questo modello di riferimento si affermano forme di Stato fintamente democratiche, dove il rito della democrazia, del recarsi a depositare, in un’urna, una volontà libera, che possa esprimere la libera scelta per un progetto di governo di quella società, è lontana dalla verità effettuale, machiavellicamente intesa.

   È vero pure che il saggio ci interroga su un altro aspetto non secondario della nostra esistenza in quanto essere viventi, essenti, cioè se siamo ancora portatori di quell’istanza primaria fondativa del ruolo che la Storia ci ha assegnato come componenti una comunità umana.

   Noi siamo una società di animali, aristotelicamente intesi, come altre società di animali esistenti. Una stratificazione storica-documentale ci continua a proiettare su una dimensione dalla quale il pensiero pensante non riesce a distogliersi obbligandoci a cercare soluzioni socio-politiche degne del nostro ruolo.

    Le riflessioni e gli studi di grandi pensatori antichi, ma modernissimi, man mano che scorriamo le pagine, si intrecciano con quelli di tanti, moderni e contemporanei, che hanno contribuito alla formazione ed ai mutamenti delle forme istituzionali fino a farci porre domande ancora aperte,  che un poco ci inquietano. E inquietarci è una buona ragion d'essere per dare al pensiero quella forza per continuare ad interrogarci ed a cercare risposte. 

   I temi, sotto la forma delle domande, che si pongono Italo Calvino, “il mio disagio è per la perdita della forma che constato nella vita”, e Georg Simmel, “le forme altro non sono che gli ineludibili luoghi di oggettivazione dell’esistenza…..l’esistenza stessa che si esperisce oggettivandosi in forme”,  andranno via via, nel percorso storico contemporaneo, ad intrecciarsi alle aspettative che la fine della guerra fredda e "la caduta del muro" del 1989 avevano creato nel mondo. Quelle energie , non sono riuscite a trasformarsi in nuove forme istituzionali capaci di proiettarsi in una visione "altra". 

    Inoltre "la perdita della forma" e l'oggettivarsi della vita in altre forme che si portano dentro, secondo noi, altro non sono che le domande inevase, ma chiare, quali l'interrogarsi sull’Interesse ed il Bene per l'Umanità, per il proprio Paese, per la propria città. Erano i temi che ruotavano intorno alla figura di Socrate. Atene e i suoi giudici, condannandolo a morte,  non vollero che Socrate continuasse a porle alla città e ai suoi concittadini. 

  Noi qui prendiamo lo spunto che ci offre Hanna Arendt in un profondissimo “Socrate”, R. Cortina Ed. (2021), che non confuse mai la bellezza dell’interrogarsi disgiunta dal perseguimento del Bene. Un Bene anche politicamente inteso, frutto di un percorso razionale e rigoroso sia individuale che collettivo, da condividere. 

   "Socrate aveva colto l’ironia del motto delfico, che lo definiva il più sapiente di tutti i mortali: quelle parole significavano, per lui, che il più sapiente di tutti è chi sa che gli uomini non possono essere sapienti. Ma la polis non gli credette…..”(pag. 31).  A cominciare dalle ridicole motivazioni con le quali i suoi accusatori lo avevano portato a processo.  Pubblicamente, tutto doveva diventare doxa, opinione, opinione comune, di facile comprensione ed accessibilità, in una sorta di processo, ante litteram, alla ragione, al logos,  paragonabile ai processi che oggi si fanno sui social. 


   Dopo la condanna di Socrate, il Bene, come sappiamo, sarà il punto centrale della riflessione che porterà Platone ad elaborare la teoria delle idee-forme.

   Nello scorrere delle pagine, il saggio di Fai, non trascura il contributo di pensatori come Salvatore Natoli e Karl Polanyi che hanno trattato il materialismo, inteso anche con le forme istituzionali dell’economia fino all’Antropocene, che si trasforma e si intreccia con la vita e i suoi “bisogni” senza che si riesca a decifrare, tracciandolo, un percorso che abbia una netta  visibilità, fra visioni/divisioni politiche e religiose attuali.

   Poi, da Sigmund Freud, a Karl Marx e Friedrich Nietzsche, da Michel Foucault a Biagio De Giovanni, il saggio si inoltra dentro quel percorso dove, fra vita e forma,  si incunea, in forme visibili e a volte spettrali, quel “Negativo” che con la sua potenza rimescola e abbatte Istituzioni costruite  con ratio ed aspettative  lasciandosi dietro scie di odi, violenze, sangue. 

   Le due parti del saggio che ci hanno intrigato e spinto ad indagare ed a svolgere riflessioni di grande respiro; la prima è quella che, con il contributo dei libri di Roberto Esposito, Roberto Fai ritraccia e mostra come:  " l'artificialità giuridica". Infatti le norme, il diritto sono artifici, invenzioni umane, però questa  idea di base nella  formulazione del diritto, nella Roma precristiana, aveva preso il sopravvento e tendeva a far prevalere, con essa, una "normazione della natura stessa". Poi, partendo dall'esperienza dell'ingresso del Cristianesimo nella Storia delle Istituzioni di Roma e di tutto l'Occidente, l'affermarsi della religione cristiana, come religione dell'Impero, ridarà forza a quella intangibilità connaturata con la natura/vita che identifica Dio come "unico padrone della giustizia", come sottolinea R. Esposito, sottraendo al diritto ed alla storia degli uomini l'atto dell'istituzione della vita. 

    La seconda parte è quella relativa all'aspetto proiettivo del ruolo che il paradigma istituente ed il paradigma biopolitico possono giuocare "nel presente-futuro del corpo mondo" per cercare di superare "le forme opache e ingiuste del potere globale – potere politico, economico-finanziario, tecnico-scientifico" (pag.63) Un momento importante, "perturbante", lo definisce Fai, è stato quello relativo allo sconvolgimento globale che le istituzioni sociali e  politiche hanno dovuto affrontare con il Covid 19. 

   L'altra faccia di un serio problema, il Continente europeo e tutto l'Occidente ce l'hanno in carico, è quello relativo a saper cercare o "inventare" delle nuove istituzioni che sappiano "proteggere il diritto, le persone, le libertà democratiche......e abolire tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto l'ingiustizia, la menzogna e la bruttezza (pag.69), dice Fai, citando Simone Weil. 
   Compito arduo, ma importante quello di capire quali forme assumeranno le istituzioni comunitarie a venire. Proprio l'uomo, questo essere ontologicamente essente disvela il manifestarsi  della sua bellezza in sé. Come fosse una continua rinascita. Solo chi crede di vederla cristallizzata, pensando di averla colta e bloccata in qualunque rappresentazione materiale, non sa che si sta confrontando con qualcosa che non è più.  

   Il pensiero pensante saprà trovare dentro la sua dialettica, hegelianamente intesa, quella forma istituzionale che sappia nel miglior modo dare forme democratiche di rappresentanza politica capaci di contenere quelle spinte religiose ed economiche pronte a minarne la forza ideale quand’anche, con tanti sforzi, se ne raggiunge la concretezza sotto la forma e l’egida del diritto. Una sorta di modello Occidentale come il migliore dei mondi possibili, leibnizianamente inteso, che sappia aprirsi all'idea della compossibilità. 




   La forma/vita, di per sé, è sempre instabile, ma, come i fotoni, ce l’ha insegnato la fisica quantistica, è essente, sempre viva, anche se inosservabile fino in fondo (leggasi le bellissime pagine di “Metafisica concreta” di Massimo Cacciari, Adelphi (2023), dove approfondisce il tema “L’Impossibile. Memorare Novissima”. Però i nuovi paradigmi istituzionali, magari con l'aiuto di forme di AI, Intelligenza Artificiale, hanno bisogno di intelligenze acute nel contribuire a normarli per evitare che possano "formare" e restituirci tante menti come quella di Adolf Eichmann (1) incapaci di "resistenza alcuna al contesto normativo in cui si trova immersa..........[sembra] non trasgredisce alcuna legge morale [ascoltando] una coscienza che parla però la lingua della collettività, a sua volta espressione del contenuto e della vigenza del nuovo ordine normativo" (H. Arendt, Socrate, pag. 104). Una sorta di polo estremo rispetto a Socrate (2 - vedi nota).                                                                                                                                        


    Vero è che, come ci ha insegnato Hegel, la nottola di Minerva si alza sul fare del crepuscolo, cioè quando la realtà si è compiuta, per quel giorno, però nel giorno a venire che ci ritroverà essenti e pensanti, quando ripenseremo ai giorni a seguire, prima che andranno a chiudersi anch’essi, a noi spetterà sempre, seppur piccola, una parte da svolgere.

Ci perdonerà, il nostro lettore, per questa chiusa, ma ci sentiamo di consigliare una lettura propedeutica, per il nostro tempo e per i tempi a venire. Se possibile, da regalare ad altri amici. Si tratta del libro, “Per la pace perpetua” di Immanuel Kant. In qualunque edizione lo si trovi, anche in una bancarella a poco prezzo. Noi, nel lontano 1998, insieme ad una classe di maturità dell'Einaudi di quell'anno, incrociammo, su una bancarella, a mille lire, “Le opere e i      giorni” di Esiodo, siamo ancora qui a ringraziare quel fortunato incrocio. 

   Al di là della facile battuta o del sorrisino cui andreste incontro, con il primo amico cui parlereste dell’acquisto, non tanto sulla parola Pace, quanto all'abbinamento a  “perpetua”, possiamo garantire che non c’è pascolo migliore per la mente. Infatti, lontano da qualunque forma di utopia, per gli stimoli intellettuali e culturali da cui si trae sicuro giovamento, varrà sempre la pena tornare a sfogliarlo e amarlo in profondità.


Salvatore Spallina


Roberto Fai, fondatore insieme ad Elio Cappuccio del Collegio Siciliano di Filosofia, ha ideato e promosso il Premio di Filosofia “Viaggio a Siracusa”; è stato impegnato come Dottore di ricerca in “Profili della cittadinanza nella costruzione dell’Europa” e in Teoria e prassi della Regolazione sociale nell’UE. Ha curato con Elio Cappuccio il volume “Figure della soggettività” (Siracusa, 1995); insieme a Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli il volume “Apocalisse e post-umano. Il crepuscolo della modernità” (Dedalo, 2007). Ha  pubblicato per Mimesis Ed.: “Genealogie della globalizzazione. L’Europa a venire” (2009); “Frammento e sistema. Nove istantanee sulla contemporaneità” (2013); “Jacques Derrida. Tentazione di Siracusa” (2018), a cura di Caterina Resta, postfazioni di Elio Cappuccio e Roberto Fai; “Pastorale arcadica. Per un Regno giusto” (2020); “Essere contemporanei della fine del mondo. Saggi su Manlio Sgalambro” (2022) in collaborazione con Luca Farruggio, Rita Fulco, Caterina Resta.



1 Adolf Eichmann è stato un criminale nazista, ufficiale delle SS, uno dei principali fautori ed esecutori dello sterminio degli ebrei. Catturato in Argentina fu processato a Gerusalemme e condannato a morte (1962) per crimini di guerra contro l’Umanità. Hannah Arendt seguì quel processo come giornalista. Nel suo libro “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme” ne racconta la figura e il personaggio.

2 - https://www.youtube.com/watch?v=_jaGPxHMX1I&t=613s -  Yanni - "Prelude - Love Is All - tratta dall'album The Tallest Man On Earth

Vi invito di ascoltare questa canzone a partire dalla presentazione nella quale viene citato Socrate e la sua figura, come sintesi universale del pensiero umano. Per questo link ringrazio il mio amico Giuseppe Di Giorgio.  







sabato 9 dicembre 2023

MARCO CASTELLO E LA SUA MUSICA, UN TOUR DA FAVOLA

Marco Castello - Copertina dell'album "Pezzi della sera"


   Era "Beddu" e contentu dell’accoglienza e della platea piena del Locomotiv Club di Bologna, Marco Castello. Si sentiva in un ambiente caldo, come quello che lo aveva accolto ed applaudito nell’ottobre del 2021.

   Ora noi non vogliamo raccontarvi, tediandovi, la serata, il concerto. Accenneremo ai brani, alla scaletta della serata solo en passant, invitandovi ad andare ad ascoltarlo, live, oltre che sulle piattaforme e nei dischi con una buona cuffia per goderne appieno.

   Consideriamo i “Pezzi della sera”, con l’etichetta Megghiu suli,  una conferma delle qualità musicali venute fuori con “Contenta tu”, uscito con 42 Records in Italia. Una conferma nel senso che il secondo disco non tradisce le aspettative del primo, ma nello stesso tempo diciamo che “Pezzi della sera” è un album di transizione, e ci aspettiamo ulteriori conferme di questa freschezza musicale e creativa che lascia ben sperare per il futuro, che tanta gioia sta trasmettendo in chi lo ascolta sia live o, come accennavamo, in cuffia.

da sx Leonardo Varsalona (tastiere), Pietro Selvini (sax contralto-baritono), Stefano Ortisi (sax tenore), Lorenzo Pisoni (basso), Marco Castello (chitarra), Giuseppe Molinari (batteria) 

   Il concerto si è aperto con “Porci”. Marco ha salutato e ringraziato per il sold out della serata ed anche per quella del giorno dopo, sempre a Bologna e per quelle precedenti di Milano e Pisa. La scaletta della serata ha alternato brani di “Contenta tu", il primo album che continua ad andare a mille (in sala già prima del concerto le copie disponibili erano già esaurite),  e quelli de “I Pezzi della sera”: Porci, Beddu, Polifemo, Dracme, Pipì, Narrazione, Cicciona, Dopamina, Sul serio, Marchesa, Palla, L’ultima luna (L. Dalla), Empireo, Copricolori. Poi al richiamo sul palco, per i bis, con i cori per il brano Torpi, ha concluso la serata con i brani Luca, Torpi, appunto, e Melo. Quel crogiuolo musicale del primo album si è trasformato in certezza. Lo spettacolo è stato di alto livello. 

   La musica offerta accontenta vari gusti musicali perché riesce a mettere insieme sound e stili diversi amalgamati bene in groove accattivante, fatto di ballad, ma anche di tanto soul, jazz, bossa, funky, sfumature reggae, da un brano all’altro.  

   I testi, la scrittura di Marco, ora leggera, ora autironica, ora profonda tocca svariati temi: dalla freschezza dei ricordi di un mondo giovanile/scolastico (come in Porsi, Torpi, Villaggio), ad una lettura cruda della realtà della sua città (come in Empireo risolti, Narrazione, Sul serio), di colpo può diventare specchio in cui chi ascolta riesce a riflettersi e poi leggere e riscontrare cose simili nella propria esperienza di vita. Ecco perché diciamo che adesso le aspettative solo altre per lui e per noi, ma anche per i suoi amici musicisti che lo stanno accompagnando in questa crescita musicale. 

  

 Una visione idilliaca-bucolica-futurista, di Siracusa, per nulla rassicurante, come dice Marco in questo poster. 
   

   Oltre ai musicisti che erano sul palco, a partire da Stefano Ortisi, insieme a Marco hanno curato gli arrangiamenti di “Pezzi della sera”, vogliamo fare cenno al suo piccolo clan di amici, a partire da Luigi Orofino (La Comitiva e I Calafatari), a Peppe Siracusa (I Calafatari), a Federico Zanghì e Rodrigo Patti ( Team), con cui sta girando nei teatri italiani per farsi conoscere ed apprezzare sempre di più.  

   La sua capacità creativa si condensa nel fatto che ha saputo fondere e dosare tutta la musica che aveva assorbito fin dall’infanzia, cioè quella degli anni ’70, ’80, ’90, quella dei cantautori, ma anche quella jazz, figlia del suo corso di laurea in tromba jazz, senza disdegnare di saper attingere al patrimonio culturale di musica e cultura etnica. 

   Per prima, come lui ha detto in tante interviste, ha creduto in lui Erlend Øye, dei Kings of Convenience, che lo ha voluto con lui nel gruppo “La Comitiva” con cui ha girato il mondo. Come una spugna da questa esperienza ha assorbito tantissimo e poi ha cominciato, un poco alla volta, a farlo uscire fuori e miscelarlo con il suo talento. Erlend, per esempio, già nel 2018 gli ha lasciato il palco, da solo, a Berlino e lui fra un ingenuo imbarazzo e le sue qualità ha catturato pienamente il pubblico del teatro. Lo stesso Erlend lo ha spinto a pubblicare il primo album solista e da lì è nato questo percorso di crescita continua. Poi anche le altre esperienze musicali, come lui racconta, non sono da meno, a partire da Colapesce-Dimartino, Fulminacci, Nu -Genea, Mace ed altri.

             La Comitiva da sx Marco Castello, Erlend Øye, Luigi Orofino, Stefano Ortisi

   Torniamo per un momento, anzi per due momenti, alla sera del 4 dicembre. Il primo. Il  concerto è stato, partecipato, pieno di calore e di allegria. Il momento più bello e musicalmente intenso? Alla fine del brano Marchesa. In quei momenti fatti di millesimi di secondi, prima che parta il brano successivo, si incrociano sguardi, ci sono ancora note nell'aria che emozionano, non se ne vanno via subito. I musicisti si preparano, si predispongono per il prossimo brano in scaletta che sarà “Palla”.

Questione di attimi, sotto il palco un piccolo gruppo intona il ritornello di "Marchesa", un secondo dopo tutta la sala si accoda:

E poi
per un mese
chiusi in casa
con Agnese
di Cirasa
come Lola
tutta bianca
tutta rosa

e poi di nuovo. Il gruppo riprende il ritornello, lo si esegue, insieme, ancora due volte, in un tripudio crescente fatto di gioia ed intensità. La verità secondo noi sta qui. Il gruppo quando esegue questo brano riesce a trasmettere al pubblico tanta, tanta energia ed una spiegazione c'è. Loro stessi avevano risposto, individualmente, in una intervista di settembre  2021, al concerto di Gubbio,  che   fra i  brani dell’album “Contenta tu”, quello che "sentivano" e che a loro piaceva di più suonare era proprio “Marchesa”. 

   Il secondo momento del concerto è legato all'esecuzione di una cover, dedicata a Lucio Dalla, "L'ultima luna" arrangiata magistralmente da Marco e dal gruppo. Marco, come nell’ottobre del 2021, si sentiva di nuovo ben accolto. Allora dedicò, chitarra e voce, a Lucio, “Siamo dei” e, come allora, il pubblico ha apprezzato. Alla fine dell'articolo fra i link che proporremo di rivedere, troverete anche questo brano. 

   Prima di andare a chiudere questo articolo un breve passaggio sul rapporto che ha Marco con la tradizione e le espressioni dialettali che intersecano i suoi testi. Intanto diciamo che la sua tesi di laurea in tromba jazz è passata anche attraverso lo studio di un grande conoscitore delle tradizioni siciliane e uomo di grandissima cultura. Stiamo parlando di Salvatore Uccello. Marco ha musicato, con una base jazz e voce (cerca e guarda nei link in basso), un testo della tradizione contadina, passionale e amoroso, con una sorta di invocazione a Dio, come tramite, per realizzare un sogno, Addìu", dell'album "Contenta tu". Poi una antica ninna nanna siciliana, "Avò", arrangiata a suo modo, qui, insieme al gruppo "I Calafatari". 

  (fonte Video Trippa) da sx, Luigi Orofino, Peppe Siracusa, Marco Castello, Marco Cappuccio, Danny Bronzini, di spalle Stefano Ortisi

 Per ultimo vi vogliamo segnalare, una versione dell'aria della Cavalleria Rusticana "O Lola ch'ai di latti la cammisa", per chitarra e voce.

   Quando ascolti e senti che la musica è bella, unita ad una voce che sa accompagnare e valorizzare le parole del testo, incontra i tuoi gusti musicali, il corpo si muove senza che gliel’abbia comandato….... Poi, poi, se, in aggiunta, dentro il testo trovi espressioni dialettali/gergali che ti sono sempre frullate dentro, non se ne sono mai andate e riescono ad esprimere un piccolo/grande mondo in cui ti riconosci….. e allora dillo che sono belle canzoni.   

       da sx Leonardo Varsalona, Pietro Selvini, Stefano Ortisi, Marco Castello, Lorenzo Pisoni, Giuseppe Molinari

    Anzi a proposito di come “Porsi” nei riguardi della grammatica italiana, abbiamo molto apprezzato questo passaggio che riflette un pensiero di Marco.


……............  MA CHE BEL CASTELLO MARCO NDIRO NDIRO NDIRO  NDÀ.


Salvatore Spallina

Marco Castello è nato a Siracusa nel 1993. Si è laureato ai civici corsi di jazz della scuola Claudio Abbado di Milano in tromba jazz. Suona la tromba, la batteria, il piano, predilige la chitarra, sa cantare e scrivere canzoni.

I link:

https://www.youtube.com/watch?v=Dqvv4qRGYTE

https://www.youtube.com/watch?v=J5i4Lf-Rfog

Marco Castello - cover L'Ultima Luna @ Bologna (4-12-2023)

https://www.youtube.com/watch?v=mZ40f945cLU  

Marco Castello e i Calafatari - Avò Live @ Alcazar 2023

https://www.youtube.com/watch?v=_ZfB_kwLfKw

da Cosa diavolo ci faccio qui –  dal minuto 15, 01 una versione live  di Addìu, poi dal minuto 49,50 da Cavalleria Rusticana "O Lola ch'ai di latti la cammisa"

https://www.youtube.com/watch?v=BwbBHJgDRjs

Addìu, dall'album "Contenta tu"










mercoledì 13 settembre 2023

MISCELARE NOTE MUSICALI CON I CINQUE SENSI ED I VERSI DEGLI ANIMALI PIÙ CONOSCIUTI DAI BAMBINI PER IMPARARE L’INGLESE

                                        

                                         

       Il prof Charles Googder


Teatro Mazzacorati 1763






 Nel piccolo gioiello, qual'è, il Teatro Mazzacorati, in via Toscana, 19, a Bologna, nel pomeriggio di ieri, si è svolta la lezione/spettacolo del prof.  Charles  Goodger. L’incontro aveva pure uno scopo benefico a favore di alcuni comuni alluvionati nel maggio scorso.

   Il Teatro della Villa Aldrovandi, bellissimo, piccolo, ma sempre in attività, inaugurato il 24 settembre 1763, non ha mai smesso di ospitare degli spettacoli, come si evince da questo calendario.  



   Ma veniamo alla lezione del prof. Durante l'incontro,  ha spiegato ai nonni, ai genitori ed ai ragazzi stessi, interagendo in continuazione con loro, come relazionare, mettere insieme parole e musica. Entrato in punta di piedi e con un ginocchio poggiato a terra, per stare alla stessa altezza del viso dei bambini, il prof è partito dai cinque sensi, interagendo in italiano ed inglese e stimolando i bambini a pronunciare i sostantivi e verbi in inglese, così come  i nomi degli animali. 

 

                       La locandina dello spettacolo


   Come si vede bene, nel link di questo breve video dimostrativo sulla lezione https://youtu.be/RF8vI3Lp0sc, nonni, mamme, papà, al pari dei bambini restano coinvolti. Poi, ha spiegato a voce, il professore Goodger, che quando tutto sarà sedimentato nella memoria dei bambini e successivamente comincerà ad essere destrutturato, frammentato, la mente, continuando ad apprendere ed espandere l’esperienza linguistica della lingua inglese, utilizzerà i singoli sostantivi, i verbi associati a quei sostantivi e li trasferirà in altri contesti di conoscenza, allargando così il patrimonio culturale e linguistico acquisito.












   A conclusione del pomeriggio il prof ha invitato a visitare il relativo sito, come si vede nel manifesto/locandina, e a scaricare tante altre canzoncine elaborate con lo stesso criterio e con musiche originali. Imbracciata la chitarra riprende alcuni motivi eseguiti prima coinvolgendo tutti i presenti.

   Perché, per chi non lo sapesse, il professore è un musicista a tutto tondo con decine ci canzoni registrate presso la SIAE e tiene spesso delle serate musicali o accompagna cantanti in tournée o in commedie musicali.


Salvatore Spallina


                             


giovedì 8 dicembre 2022

“NOI SIAMO UN’OPERA LIRICA, CIASCUNO DI NOI È UN’OPERA LIRICA” - Vito Mancuso



   "Noi siamo un'opera lirica, ciascuno di noi è un'opera lirica". Non è il titolo dell'ultimo libro del professore Vito Mancuso, è il passaggio di un ragionamento con il quale il professore ha concluso un interessante incontro, martedì u.s., nell’oratorio Santa Cecilia di via Zamboni, a Bologna, nell’ambito degli eventi proposti dal Teatro Comunale di Bologna. 

                                              da sx  Fulvio Macciardi e Vito Mancuso

   L’evento, come ben s’addice al valore semantico dell’espressione in sé, ha offerto dei contenuti stimolanti ed una bellezza che è andata oltre la locandina di presentazione. Andiamo a dirlo subito. 
   I pensieri espressi dal professore Vito Mancuso, ben collegati ai temi della musica e dell’opera, in generale, si sono intrecciati, con tre arie di grandi opere di Giuseppe Verdi: da Un ballo in maschera, “Eri tu che macchiavi quell’anima”, da Otello, “Ave Maria”, da Rigoletto, “Cortigiani vil razza dannata”.

  Dopo una breve presentazione del professore Mancuso, teologo, filosofo, scrittore, da parte di Fulvio Macciardi, sovrintendente presso Teatro Comunale di Bologna e Presidente ANFOLS (Associazione Nazionale Fondazioni Lirico-Sinfoniche), il professore  ha esordito dicendo che non sarebbe entrato nei dettagli delle singole opere liriche. Prima perchè convinto che i presenti all'incontro sarebbero stati più esperti di lui nel merito e poi perchè voleva coinvolgere l'uditorio in un percorso di relazioni nelle quali l'animo umano si intreccia con la musica, ovvero l'anima è la musica stessa.

   Il Sovrintendente Macciardi presenta il primo intervento musicale della serata.


 il pianista Albert
o Rinaldi e il baritono Tong Liu (nella parte di Renato) eseguono "Eri tu che macchiavi quell'anima", da "Un ballo in maschera"  


   Un'opera racchiude in sè la libertà, perchè la musica è libertà, dice il professore Mancuso. Il dualismo fra Bene e Male è solo apparente. Infatti in un'opera lirica tre sono gli elementi, i componenti fondamentali: la musica, il testo, il movimento, inteso come scena teatrale, dove si svolge il dramma, però “la musica è decisiva”. Noi dobbiamo capire se la musica ci trasmette qualcosa di quello che intendiamo per Bene e per Male. È vero che la musica sgorga da una cacofonia di suoni, da lì si trasforma, ci trasforma e ne vediamo il suo sviluppo come Bene. Allo stesso modo per Male dobbiamo intendere la disgregazione della realtà, il ritorno al caos, ai conflitti fra persone e popoli, alla guerra che tutto travolge nei suoi fini insensati.

   Il pubblico è preso e partecipe e trasferisce queste sensazioni in lunghi appalusi. Anche il sovrintendente Macciardi intende seguire questo percorso esplicativo e si limita a presentare, senza accennare a contenuti, il secondo momento musicale.


il pianista Alberto Rinaldi e il soprano Chiara Guerra (nella parte di Desdemona) eseguono "Ave Maria" da "Otello"



   Nel secondo e conclusivo intervento del professore Mancuso tanti sono i riferimenti storici degli intrecci fra l’anima dell’uomo e la musica. Da Confucio a Platone, da Mozart a Beethoven, da Cajkovskij a Nietzsche, compreso il suo amico Lucio Dalla che lo volle alla presentazione dell’album “Dalla”, uno dei più belli, e del quale ha ricordato la straordinaria capacità creativa. La musica ci concilia con la vita. “Tutto è stato composto, ma non trascritto - dice il professore”. Perché è proprio nella “nuova” trascrizione che il musicista trasferisce la parte più nobile del suo spirito creativo.  “Noi siamo un’opera lirica, ciascuno di noi è un’opera lirica”. Il sovrintendente annuncia l’ultima aria in scaletta.


il pianista Alberto Rinaldi e il baritono Tong Liu (nella parte di Rigoletto) eseguono "Cortigiani vil razza dannata" dal "Rigoletto"




                                  I tre artisti Alberto Rinaldi, Chiara Guerra, Tong Liu



Salvatore Spallina