mercoledì 26 settembre 2018

SIRACUSA-PAGANESE 3 a 1. PRONTO RISCATTO. VASQUEZ, UNA RETE D’AUTORE



     



   Un Siracusa diverso, in questa terza di campionato di Serie C, una Paganese di livello inferiore rispetto alla Juve Stabia, giusto per restare in un confronto dentro il campionato. Il primo goal all’undicesimo, su una prodezza in area di Emanuele Catania, come spesso succede nel calcio, ha agevolato la partita del Siracusa. La squadra ha potuto giuocare la gara, come l’aveva preparata Giuseppe Pagana e il modulo tattico di tutto il primo tempo ha giovato alla squadra, anche se, prodezza di Catania a parte, le azioni di un certo pericolo in area sono state costruite da entrambi le squadre.
   Il secondo tempo vede, invece, un Siracusa predisporsi con un 4-3-3- fino al 12°, cioè fino a quando è rimasto in campo Rizzo, che, dopo le mirabilie tecniche contro la Reggina, non ha più tirato fuori dal suo cappello magie spettacolari. Pur giuocando una buona partita, ma senza incidere più di tanto sulla gara, Pagana lo sostituisce e passa al suo modulo preferito, il 5-3-2, che in fase di non possesso diventa 3-5-2, con Catania spostato in maniera fissa in attacco insieme a Vasquez. Il nostro taccuino comincia a registrare una presenza in area paganese in maniera crescente, due in particolare prima dello splendido goal di Vasquez. Turati di testa al 17° sfiora il goal, al 25° Catania servito da Palermo non riesce a metterla dentro per una buona  e pronta uscita di Galli. 
   Il goal, Federico Vasquez, lo aveva cercato e voluto per tutta la gara. Un palo pieno glielo aveva negato nel primo tempo. Però al 28° tira fuori una perla dai trenta metri. Una prodezza balistica. Il portiere della Paganese si aspetta un tiro, si predispone a riceverlo (ha visto partire la palla!!!), ma il calcio inferto al pallone, lungo il percorso, fa cambiare la traiettoria e lo stesso si insacca sotto l’angolo della traversa nel palo opposto. Il De Simone, pur con una relativa presenza di pubblico, falcidiato dal giorno lavorativo e dall'orario, è esploso in un urlo potente e lungo. In tanti aspettavamo che Vasquez andasse in goal, andarci in quel modo, probabilmente aumenterà anche la sua autostima. Passano cinque minuti, Vasquez tiene palla e la serve molto bene a Catania in area. Messo giù da Galli, l’arbitro assegna un rigore che ci sta tutto. Vasquez prende il pallone, Catania è ancora dolorante sul posto dello scontro con il portiere, si avvia a posizionarlo  sul dischetto per trafiggere ancora una volta Galli, spiazzandolo. La Paganese, dicevamo prima, non è la Juve Stabia e le geometrie, volute da Pagana, nella proposizione del suo giuoco, hanno funzionato meglio.  Lo stesso portiere Giuseppe Messina, chiamato ancora a  sostituire Gomis, è sembrato molto più sicuro ed ha salvato il goal del pari paganese col piatto destro su un tiro di Della Morte (omen non nomen!!). Tuninetti è cresciuto molto nel corso della gara. Aspettiamo l’incontrista, che dovrebbe essere Ott Vale, per vedere un centrocampo più robusto che sappia coprire una difesa che stavolta ha tremato poco, ma che si è fatta sorprendere, non controllando a dovere gli avversari in area di rigore, sia nel primo tempo che in occasione del 3 a 1 per la Paganese.

                                   Federico Vasquez si alza per colpire di testa


                                       Federico Vasquez scocca il tiro del 2 a 1


    Federico Vasquez, gioia ed esultanza dopo il primo goal in Azzurro ed in Serie C


   Il “Tocco di classe” di questa partita lo assegniamo a Federico Vasquez  per la sua prima doppietta in maglia azzurra, in Serie C e per la prestazione in sé. Andare, sabato sera, a Trapani, far goal e vincere, considerate le tre vittorie, i nove punti e zero goal subiti dal Trapani, sarà impresa molto ardua. Siamo certi che Federico ci metterà del suo non solo per segnare, ma per portare a casa un risultato positivo.

   Salvatore Spallina

mercoledì 19 settembre 2018

SIRACUSA-JUVE STABIA 0 a 3 – SIRASTABIA TRIONFA SUGLI SPALTI, IN CAMPO TRE PUNTURE AVVELENATE SENZA ANTIDOTO






    Le vespe lasciano 3 pungiglioni avvelenati che hanno fatto veramente male agli azzurri, ai tifosi, alla società. Però ci sono punture e punture…. Se sberle dovevano essere,  benvenute siano, per far aprire gli occhi, dopo questa prima di campionato, a chi li deve aprire senza trovare giustificazioni di sorta, per porre rimedio sia dal punto di vista tattico che dal punto di vista del mercato. Già contro la Reggina erano emersi i limiti del raccordo fra centrocampo e difesa, ma in quella partita ci aveva pensato Nicolas Rizzo a tappare la bocca alle scontate critiche che sarebbero venute fuori se il Siracusa fosse uscito dalla Coppa Italia. Anche nella partita di domenica sera fino al 12°, con Emanuele Catania in panca, le prime magie di Rizzo, viste in campo, anche senza comprimari, avevano illuso i tifosi che la partita potesse prendere una certa piega. Un minuto dopo Paponi ha squarciato il velo delle illusioni e ha rimesso il Siracusa con i piedi per terra, dentro la triste realtà di un campionato che non sarà facile per questa squadra e per una mentalità che ancora non c’è. Se punti dovevano esser persi, a mente fredda, è meglio che se li siano presi, con merito, i cugini stabiesi. Però i tre punti in testa agli azzurri vanno cuciti con arte. Per non lasciare residui l’antistaminico/antidoto si chiama mercato. Non ce ne voglia nessuno, ma la persona giusta in società per farla lavorare, coadiuvando il lavoro dello staff che si occupa della materia, c’è, e tutti, società compresa, sappiamo chi è.
  Certo, per tutto questo nuovo blocco societario è stato un inizio difficile, bisogna riconoscerlo e i settori in cui si sta impegnando sono tanti. L’intenzione di far bene pure. Ogni giorno una tegola in testa. La più pesante, la perdita del Team Manager Davide Artale e il serio infortunio di Gomis, fra ieri e oggi, il deferimento (Stabia, Matera e Rende) anche del Siracusa con una querelle fra Cutrufo e Santangelo che non ci appassiona affatto , piuttosto ci dà la dimensione provinciale nella quale il Leone continua a sopravvivere (ben meritevole di altri palcoscenici e quant'altro!!!), si deve aggiungere una mancata ed adeguata programmazione della stagione, il subentro in luglio ( come a dire nati il 14 luglio!!!, sinonimo di rivoluzione, senza voler essere irriguardosi), e poi ultime ma, non meno gravose, le tante pendenze di varia natura. Tutte buone ragioni per aspettare che questa barca possa prendere il largo ed approdare su rive sicure.
    Non facciamo neanche cenno alle vicende relative alle decine di migliaia di appassionati di calcio, delle due Serie, B e C, che seguono,sgomenti ormai da mesi questa farsa che vede come protagonisti i maggiori vertici del calcio in Italia. Si paventa un possibile intervento del sottosegretario Giorgietti " per uscire dal caos". 

 
 Filippo Anfuso e le amiche stabiesi, a seguire, Marina Arianna, Daniela Gancagnolo, la piccola ma tostissima Chiara Iacono

   Però questa prima giornata comincia con l’amore, con i sorrisi, con la gioia dell’incontro fra persone, ancora prima che le squadre scendano in campo.  Lo 0 a 3 non ha frenato questo abbraccio a fine partita. Il nome di Nicola De Simone è ancora oggi un collante che tiene unite centinaia di persone e tutto questo, abbiamo la certezza, che non sarà mai messo in discussione.
   Però i punti in palio erano in giuoco, cioè la partita in campo doveva essere partita vera, e così è stato. Detto dello sfogo azzurro iniziale, al 24° il Siracusa è sotto di due goal, frutto di due gravi sbavature difensive con la naturale responsabilità del mancato filtro a centrocampo. Il primo cross pericoloso del Siracusa arriva al 31°, al 35° un flipper trova Turati vicino al dischetto del rigore, palla fuori, poi nulla più. Disposizione tattica e tasso tecnico hanno fatto la differenza. Non va meglio nel secondo tempo con i due cambi di modulo e con l’ingresso di Catania. Il tanto decantato Celeste, una mezza delusione, Tuninetti non è nel cuore tattico dei compagni di squadra, questo ruolo dovrà conquistarselo. Nell’intervista post-gara un Marco Turati, scuro in volto, come non lo avevamo visto mai, mette, con sincerità, sul piatto tutta la sua delusione per una sconfitta, così pesante, che negli ultimi tre anni la squadra non aveva mai subito. L'allenatore Giuseppe Pagana ha da lavorare sodo, ma secondo noi non basta. Aspettiamo che riconosca umilmente che quel che pensava verso la chiusura del mercato, " come rosa siamo messi bene al 99%", non sta trovando il riscontro del campo. Nulla di più. Lavorando bene le cose miglioreranno, gli errori diminuiranno, l'intelligenza dei calciatori messa al servizio del progetto potrà far dire a loro stessi che quel che bastava ed avanzava nello scorso campionato qui, in questo, non è ancora sufficiente per poter meritare un voto equivalente e dare soddisfazione a quelli che al campo ci vengono veramente, a partire dai quei 2000 che domenica sera erano sugli spalti del Nicola De Simone.



   Il "Tocco do classe" di questa partita lo assegniamo alle due tifoserie che insieme a tutti i giocatori presenti in campo hanno dimostrato che amicizia e amore non sono parole vuote.


    Salvatore Spallina















    

martedì 4 settembre 2018

“ È MÒ SONO ….. AMARI”- STORIE DI PERSONE, PASSIONI, CANTIERI DI GIUSEPPE MARINO - UNA VITA DI LAVORO IN PRIMA LINEA

                  La torre, simbolo della Nuova Fiera di Milano, durante i lavori al cantiere




La torre, della Fiera dei Primati, ricoperta di acciaio inox

                                               
   Giuseppe Marino è nato a Reggio Calabria il 22 novembre del 1939, la mamma di Siderno (RC), il papà, nato ad Augusta, è vissuto per tanto tempo a Catania. Pino fino alla laurea in Ingegneria civile ha vissuto tutte le estati fra Catania e Reggio Calabria.

   
   Ha frequentato il Liceo Classico e gli studi universitari a Roma. Ha scalato, dal basso, i vertici della società Astaldi S.p.A. fino a ricoprire  l’incarico di Direttore Generale dal 1996 al 2002, anno nel quale la società è stata quotata in borsa. Ha messo le mani, i piedi e, soprattutto, la testa nelle esecuzioni di lavori/opere importanti, alcune molto importanti. Ha cominciato, negli uffici di Roma, a 26 anni, elaborando buona parte dei calcoli statici e della progettazione esecutiva del cantiere di Pizzo Calabro, sul fiume Angitola dove era in costruzione, a tutt'oggi, “il viadotto ferroviario in cemento armato più lungo d’Europa”, 1132 metri,  60 metri sopra la campagna, per il  raddoppio della linea ferroviaria calabra. Un’opera importante, sotto i cui ponti siamo passati decine di volte, ammirandone struttura ed imponenza, ma ignorando il suo contributo alla realizzazione di questa opera.  
    Nel mese di ottobre del 1966 tutti i calcoli sono pronti. Immaginando quale grande organizzazione di cantiere sarebbe stata necessaria per mettere in opera i 100.000 metri cubi di cemento armato, dà la disponibilità per cominciare a “mettere i piedi nel fango”, come ripete spesso nel suo libro. Vuole andare a fare esperienza nel cantiere. Nel novembre dello stesso anno, come vice-direttore del cantiere, avviene il “battesimo”, nel Viadotto Angitola. Il suo capo è l’ing. Ottorino Zalposchi.  Dopo alcuni mesi, quando i continui attacchi febbrili costringeranno l’ing. Zap (come affettuosamente lo chiama lui) a doversi trasferire in ospedale per potersi curare bene, il nostro Pino ha dovuto prendere il suo posto ed ha provato, sulla sua pelle, come un giovane/guagliune ingegnere deve imparare a sapersi imporre sui veterani dell’azienda e del cantiere e sui presuntuosi gonfi e tronfi che si trovano in ogni dove nella vita di ognuno di noi. Far passare alcune linee, che lui riteneva più opportune nella prosecuzione dei lavori e nel far rispettare i tempi di lavorazione in previsione della consegna dell’opera, non è stato facile fino a quando non si è verificato “un incidente”, quasi opportuno, per mettere in riga tutti gli operanti nel cantiere.  Una mancata consegna ripetuta gli fece salire “il sangue agli occhi….avevo i nervi tesi come una corda di violino….dopo averlo alzato da terra, me ne andai in ufficio urlando che lo avrei spedito a Roma e non lo volevo avere più fra i piedi. Dopo un poco ripresi il controllo, ma radio cantiere aveva subito sparso la notizia”. Dopo il fatto c’era  “un atteggiamento diverso, un po’ meno confidenziale da parte di tutti…il geometra furbetto venne dopo qualche ora a scusarsi con la coda fra le gambe e da quel momento si rivolse sempre dandomi del lei, dimenticando il tu che prima ogni tanto gli scappava”.

Il Viadotto Angitola, ancora oggi, è il più lungo viadotto  ferroviario d'Europa in cemento armato    
  
   È in questo cantiere che il nostro autore si è fatto le ossa ed ha formato un piccolo gruppo, una squadra che poi lo seguirà nelle tante altre opere che lo hanno viso protagonista di primo piano: opere ferroviarie, stradali, idrauliche, di edilizia civile ed industriale. Uno fra questi collaboratori è stato Costantino Sarra, “il magazziniere per eccellenza”. Aveva la sola licenza elementare, ma una intelligenza fervida e tanta saggezza contadina. Parlava il “costantinese”, ma era capace di saper gestire un magazzino grande fino 1.000 mq, sapeva dove era collocato ogni pezzo di ricambio per qualunque mezzo del cantiere o altra cosa utile alla bisogna.
   Sono tante le esperienze che vengono raccontate nel libro, con tantissimi dettagli e spunti per la gestione di un cantiere, di una grande opera. Noi vogliamo soffermarci, in particolare, su quella relativa alla costruzione di una acciaieria nella Germania dell’Est (la DDR), “L’altra faccia del muro” e fare un cenno a quella della Fiera di Milano, “L’ultima scommessa”. Ma prima di parlare di queste due esperienze vogliamo mettere in risalto quello che per l’ing. Marino è diventato un metodo, una sorta di credo operativo: “nel progettare un’opera, non si può prescindere dalle conoscenze di base apprese negli studi, ma quando poi la devi costruire occorre un’organizzazione adeguata in termini di macchine, attrezzature, impianti, e soprattutto di uomini. Se non riesci a mettere a mettere al posto giusto tutti i pezzi di questo puzzle, ti porti dietro tanti di quei problemi che possono pregiudicare la buona riuscita del lavoro, o quantomeno di aumentarne il costo, col rischio di compromettere la sicurezza e la durabilità dell’opera stessa”. Alla luce dei gravi e luttuosi fatti avvenuti a Genova, nelle scorse settimane, sia nel lontano che nel recente passato, queste parole fanno pensare, dal momento che sono state "il suo credo", fatte proprie e messe in pratica quando già  era ancora un giovane ingegnere.
   Alla fine del 1973 il nostro ingegnere completa la consegna della seconda acciaieria dell’Italsider, 1.200.000 tonnellate/anno (Ilva), a Taranto. Nel 1974 viene promosso dirigente dall’Astaldi. Nel 1977 gli affidano una importante impresa: costruire, di sana pianta, una acciaieria di 600.000 tonnellate/anno nella Germania comunista, nella regione del Brandenburgo, a circa quaranta chilometri da Berlino Est.  La Danieli S.p.A., che mette le tecnologie, è la società capofila del consorzio di imprese, la Astaldi viene designata come responsabile dell'esecuzione di tutte le opere civili.
   “Io non conoscevo una sola parola di tedesco, nessuna impresa italiana era andata a lavorare nella Germania comunista dopo la seconda guerra mondiale, avremmo dovuto costruire un campo abitativo di 1.200 persone”.  
   La costruzione del Muro cominciò con i primi di agosto, sul Corriere della Sera del 24 agosto 1961 uscì un approfondimento dal titolo: «Berlino, polveriera del mondo».
    A casa sua non sono certo felici per questa scelta, “fu un trauma per mio figlio di otto anni, che non aveva più il coraggio di farsi vedere in giro per la vergogna che il papà avesse abbandonato la famiglia”. "Dire di no, non me la sentivo, non rientra nel mio carattere", ma “una nuova impresa in una terra tutta da scoprire, con tanta letteratura fantapolitica e di fatti di cronaca che parlavano di guerra fredda, di vicende di spionaggio, sotto un certo aspetto, mi attraeva”. Alle difficoltà connesse all'impresa da realizzare se ne aggiungevamo due molto spinose, “le modalità di progettazione e i visti d’ingresso in DDR”. Senza trascurare, come problema, quello relativo al “cibo”. Noi, qui, vogliamo accennare a quello sui "visti". Un dettaglio che  fa sorridere, ma darà l’idea, scorrendo questo capitolo, di quel che il gruppo guidato da Marino ha dovuto affrontare. 

   Questa foto, anche se in misura limitata, può dare l'idea della grandezza del  cantiere nella DDR 

   La sera, prima di attraversare la frontiera della DDR, una squadra di dodici persone, friulani e “romani” (per tutti quelli che non lavoravano in Astaldi, chiunque lavorasse in Astaldi era "romano") trascorrono una serata al ristorante per cominciare a conoscersi un po’. La mattina alle sei, un’auto ed un pulmino si addentrano in un’area che già mette paura: non ci sono alberi, ma barriere di filo spinato, più avanti specie di cavalli di Frisia, poi i Vopos  (poliziotti) con cani poliziotti, una radura erbosa  con  tante mine antiuomo, subito dopo, su una torre di vedetta, alta come come una palazzina di tre piani, erano posti dei fari e delle mitragliatrici.
   Un poliziotto prende visti e passaporti e va nell'ufficio. “Scendo per sgranchirmi le gambe e cominciai a contare le persone dentro il pulmino. Contai una volta, poi una seconda volta, ma il conto non tornava! …….dai e ridai venne fuori che al momento della partenza, Tommasino, per un bisogno impellente, si era allontanato, così noi eravamo partiti ed il pulmino ci era venuto dietro”.
   L’interprete spiega la situazione. Non potevano lasciarlo lì senza soldi e senza bagaglio. Una macchina con due persone sarebbe andata a prenderlo. Il soldato non poteva autorizzare una cosa così strana!!, Marino e i suoi insistono, viene coinvolto nella decisione un ufficiale che a prima botta sbotta “unmoeglich”, impossibile. Dopo aver spiegato che erano quelli dell’acciaieria l’ufficiale, restituiti i documenti, dice: “ uscite fuori tutti, qui non siete mai arrivati!! Andate a prendere il vostro collega  e ritornate di nuovo”. Quelli della DDR vivevano con una esasperazione parossistica il fatto che chiunque si sottraesse al loro controllo potesse far uscire foto, informazioni, notizie verso l’occidente.  Questo capitolo, in particolare, offre, a chi ne ha sentito solo parlare vagamente, una esperienza che va oltre l’immaginazione perché le cose che ci racconta Pino su quel mondo, prima della caduta del muro (1989), sono tutte “vere”

La colata d'acciaio di prova dell'impianto prima della consegna ufficiale

   In certi momenti il nostro ingegniere è un fiume in piena mentre trascrive, mette in ordine i lucidi ricordi che si susseguono nella sua mente. Ci ha confessato: “mentre stendevo questi capitoli, mi capitava, dormendo ormai poco, di svegliarmi molto presto. La mia memoria ripercorrendo quanto già trascritto riusciva a pescare un dettaglio che nella stesura precedente mi era sfuggito, allora subito mi alzavo, accendevo il pc e mi rimettevo a scrivere”.
   Superate le tante difficoltà, l’acciaieria, come da contratto, fu inaugurata, dopo solo 29 mesi, il sette ottobre 1979!!
   Dopo il 1980, con il consenso di Gianfranco Astaldi (“come un padre per me”), Teodorico De Angelis, come a.d., fa compiere un salto di qualità alla Astaldi e la pone nelle condizioni, svecchiandola, di poter concorrere alle nuove sfide che i tempi ora richiedevano, alla pari con altre società concorrenti sul piano della logistica e delle infrastrutture tecnologiche,.
   Non sono da trascurare nella lettura i passaggi di quando il nostro ingegnere ha attraversato i terreni melmosi di tangentopoli o di quando ha saputo rinunciare alla costruzione della diga Blufi, in Sicilia, senza doversi e volersi piegare alle pressioni, ai divieti ed agli impedimenti pretestuosi creati ad arte dai vari uffici (dalle 15 cave di pietra che circondavano la costruenda diga, il cantiere, da lui diretto, non riceveva i permessi per prelevare il materiale necessario per cominciare i lavori. Guarda caso le cave autorizzate erano quelle molto distanti dal cantiere!!!).

Il cardinale Tettamanzi celebra, dentro il cantiere, il Natale del 2003 (di spalle l'ing Marino)

   Come accennavamo “L’ultima scommessa”, è la costruzione de “Il Nuovo Polo Fieristico”, all'estrema periferia della città di Milano, nei comuni di Rho e Pero. Questa opera (2002-2005), voluta dalla fondazione “La Fiera di Milano”, rappresenta una sorta di fiore all'occhiello della sua carriera che lo aveva visto protagonista in tanti lavori importanti, a partire, appunto, dal 1966.
 Tante sono le esperienze contenute negli undici capitoli del libro. Molto spesso queste sono legate/comparate con  lucidità ai fatti ed agli avvenimenti politici sia del tempo che a quelli di stretta attualità.
   Pensiamo che molti giovani laureati nei vari rami di ingegneria ed i diplomati con un titolo di studio tecnico possano trarre spunti dalle tante note importanti e molto professionali contenuti in “È Mò Sono ….. Amari” - Storie di persone, passioni, cantieri e….poi percorrere una brillante e luminosa carriera pari a quella di Giuseppe Marino.

   Salvatore Spallina



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Dalle origini dell'universo alla formazione della coscienza (2013)
di Roberto Leone e Giuseppe Marino

COPPA ITALIA SERIE C - SIRACUSA REGGINA 3 a 3. PROSEGUE IL CAMMINO DEL NUOVO SIRACUSA, NEL FINALE RISCHIA LA QUALIFICAZIONE







   Il Siracusa si qualifica per la fase successiva nella Coppa Italia di Serie C. Ma il rischio di uscire fuori è stato sfiorato nel finale di gara. La Reggina termina la partita in attacco ed il fischio dell’arbitro, dopo il 3 a 3, al 90°, ed i quattro minuti di recupero fa tirare un sospiro di sollievo all'allenatore Giuseppe Pagana ed a tutta la nuova società. L’esordio al De Simone del Nuovo Siracusa sarà registrato come una non sconfitta, ma quel che più conta è che negli occhi dei tifosi resteranno impresse le due perle calcistiche di Rizzo e la forza, la potenza e, non ultima, la tecnica di  Federico Vasquez. Queste due ultime notazioni, sia nelle immagini sulla gara in rete che nel passaparola dei pochi tifosi presenti allo stadio, serviranno, non poco, ad attirare, nella prossima gara in casa, tanti tifosi amanti delle belle giocate e, auspichiamo, a far registrare tanti abbonamenti in più. La società ha riaperto, da qualche giorno, le sottoscrizioni.
   Diciamoci la verità. Lo scetticismo su questo esordio era tanto, e come succede nel calcio professionistico, il campo racconta sempre tante cose che possono smentire o confermare le azioni della società fuori dal campo. La società ha dalla sua il poco tempo avuto per poter sistemare tutto quel che c’era da mettere in ordine e le cose non potevano andare nel giusto verso troppo in fretta, come è naturale. Di tutta la vecchia struttura societaria( l’Organigramma) sono in pochi quelli lasciati al loro posto. Staff e giocatori, si sono comportati da professionisti, niente polemiche, niente strascichi sui social, toni bassi e rispetto per le  scelte della Nuova Società da parte di chi ha lasciato. A conferma di quel che diciamo? un breve scambio di battute con Antonio Midolo durante l’intervallo della partita. C’era tanta attesa, anche riflessa. I tanti che non sono stati allo stadio avrebbero divorato, come sta succedendo, le news ed i filmati online,  ed i racconti di chi allo stadio c’è stato, perché, perché? perché la Juve non si può perdere!!! ( e come no!!!??!!).
   Ma partiamo, saremo brevi, da inizio gara. Nelle facce e nei commenti, almeno in gradinata, ma anche in altri settori dello stadio, con quel primo tempo, sia sotto il profilo tattico che dell’approccio alla gara, la partita stava confermando tutto lo scetticismo che stava accompagnando questo esordio. Sarà stata la troppa tensione davanti al nuovo pubblico, ma, fatto sta che la Regina sembrava più squadra, più compatta e più ben disposta tatticamente del Siracusa che commetteva tanti errori di impostazione nella manovra, i reparti restavano troppo distanti fra di loro, con l'aggiunta di quelli commessi dai singoli calciatori, a cominciare dalle prime incertezze di Gomis, il portierone ex Nocerina, allargate, poi, a tutto il reparto difensivo. Poi quando al 19° Tulissi realizza una bella rete, lasciandosi dietro, con una finta di corpo  Giacomo Fricano,  i malumori aumentano, associati a tante considerazioni non positive. Al goal reggino non c’è stata reazione. E così via per tutto il primo tempo.
   Nel secondo tempo la squadra cambia volto tattico, Catania, come a Vibo, alto sopra la difesa a quattro, Tuninetti e Palermo esterni di centrocampo, Rizzo dietro Diop e Vasquez, ma interscambiandosi spesso le posizioni in campo. Ma a cambiare la gara, oltre l’aspetto tattico, c’è la presenza di Nicolas Rizzo. I movimenti, gli appoggi del pallone, i tocchi dicono a tutti i presenti che la gara è cambiata. Rizzo mette i piedi e la testa, in tuttietre i goal, ma anche in ogni pallone che tocca, a partire da quello offerto a Diop per l’1 a 1. La rete di Diop è un’azione corale con quattro tocchi, Turati, Tuninelli, Rizzo e Diop, appunto. È un’altra partita!. La Reggina accusa il colpo e non sa trovar rimedio al Siracusa del secondo tempo. Dopo 16 minuti sale in cattedra ancora Rizzo e i tifosi, com'è naturale, passano dallo sconforto al sogno. Il goal da centrocampo con il portiere reggino fuori dai pali è spettacolare. Dopo undici minuti, all’81°, si procura, anche, un calcio di punizione. Lo calcia magistralmente sopra la barriera e manda in visibilio i tifosi in campo. Ora le frasi sono mutate: "da salvezza stentata e sperata, a play off e Serie B", i più spinti. Però Roberto Cevoli, il mister reggino, dopo quel bel primo tempo non ci sta a perdere così. Risistema la squadra e la invita di nuovo a giocare palla. Mister Pagana pensando di avere la partita in pugno pensa a rinsaldare con forze fresche il centrocampo. Tre minuti dopo l’uscita di Emanuele Catania per una sbavatura difensiva sulla fascia di Del Col, Tutari cicca il pallore e Maritato beffa  Gomis, che  nulla può su 3 a 2. La reggina ci crede ed insiste. È l’89°, Pagana toglie Diop,  anche la Reggina fa un cambio all’inverso. Un minuto dopo, altro errore in difesa ed Ungaro, colpevolmente lasciato solo fa 3 a 3, sulla respinta corta di Gomis.

     Catania festeggia Rizzo, Vasquez guarda soddisfatto e sorridente, aspetta l'abbraccio

   Prima di assegnare il nostro “Tocco di classe”, due brevi notazioni. Una su Federico Vasquez. Nel primo tempo il Siracusa ha giocato tanti palloni su/con Vasquez.  Lui non si è tirato indietro, ha difeso la palla, anticipato l’avversario, ha fatto ammonire due reggini perché di falli, tutti al limite dell’ammonizione, ne ha subiti 9. Nel secondo tempo, sul 3 a 1, dopo aver corso per tutta la gara, sfiora il quarto goal con una giocata da vero centravanti, dribbla tre avversari e calcia di mancino sfiorando il palo esterno dove Confente non sarebbe arrivato. Una gran bella azione.
   La seconda nota la vogliamo dedicare ad Antonello Laneri. È l’unico pezzo da novanta rimasto nella nuova società, anche se sulla carta i suoi compiti sono diversi da quelli che ha sempre svolto da quando è a Siracusa, è Direttore Generale. Anche la società ha balbettato un poco sul suo ruolo; prima, è stanco di stare sul campo (lo ha chiesto lui!!!???), poi dopo la nomina del nuovo direttore tecnico, “abbiamo Antonello Laneri che ci aiuta a fare mercato”, oggi non compare e non fa dichiarazioni. La società è libera di fare le sue scelte. Però sarebbe un vero peccato mortale privarsi della professionalità, della competenza, della discrezione, dei suoi occhi e della sua mente, per l’abilità dimostrata in questi ultimi anni, per cercare di migliorare questa squadra. Antonello è un grande valore aggiunto che è meglio tenersi stretto in questa categoria. Sa scegliere, guardando i conti interni, le pedine giuste che possono servire a completare  qualche reparto, a partire da quello difensivo.

                                                      Nicolas Cesar Rizzo

   Il “Tocco di classe” di questa partita non possiamo che assegnarlo Nicolas Cesar Rizzo per aver messo più dello zampino nei tre goal del Siracusa e per aver ridato fiato al De Simone che, sebbene avesse poche presenze sabato sera, al goal del 3 a 1 su punizione è scoppiato in un boato degno di uno stadio strapieno per poter ammirare queste giocate speciali.

         Salvatore Spallina