giovedì 24 dicembre 2015

SIRACUSA-RENDE, UNA ZAMPATA VINCENTE: RIPRESO IL PRIMO POSTO

















Siracusa-Rende, una zampata vincente: ripreso il primo posto

   E’ cambiato l’umore per la Siracusa calcistica. Queste festività trascorreranno con un linguaggio più carico di aggettivi positivi e propositivi e di una qualche ambizione che può poggiare su basi forti, ma da consolidare, come qualche prestazione recente ci induce a scrivere. Per chi ha seguito le nostre riflessioni sa che la metafora del mondiale della Moto GP (offerta da mister Longo della Cavese dopo la partita del De Simone) si presta ancora di più ad interpretare i risultati di domenica scorsa e della attuale classifica del Girone I di Serie D.
Alla fine della diciottesima giornata di campionato, staccate dalle altre, c’erano tre squadre che si giocavano la testa della classifica. Al Siracusa è riuscita l’accelerazione e dopo l’ultima curva si è portato decisamente in testa, staccando Frattese e Cavese insieme. Infatti proprio in quella curva la Cavese ha sbandato ed ha lasciato che la Frattese la appaiasse, in arrivo, alla seconda posizione.
 La partita del De Simone contro il Rende non è stata facile. Loro molto ben messi in campo non facevano svolgere al Siracusa le sue solite trame offensive anche perché quando in campo gli equilibri tattici delle due squadre si compensano nessuna delle due riesce a decollare. Il Rende ha in Zangàro il suo punto di riferimento più pericoloso sia per tecnica che per personalità e nel Siracusa gli uomini che di solito si accendono non avevano trovato la presa giusta.
   Ad inizio ripresa ci ha pensato mister Sottil a cercare di cambiare la gara. Arena al posto di Longoni. Arena era arrivato a fine settimana. Il direttore Laneri e il mister sanno bene chi è. Tanto bene da prendersi/lasciargli la responsabilità, dopo solo due minuti di gara, di calciare una punizione dal limite. I compagni gli affidano il calcio e vanno in area. Lui fa partire un tiro velenoso che si insacca nel sette. E’ un tripudio di gioia. L’equilibrio tattico e mentale del primo tempo si è rotto in favore del Siracusa.  
   Zangàro il più pericoloso del Rende, per una botta presa nel primo tempo, viene sostituito. Il Siracusa comincia a tessere il suo gioco secondo il modulo voluto e preferito dal mister (4-2-3-1). I piedi cominciano a calibrare bene i passaggi, le maglie avversarie si allargano. Il princeps del centrocampo azzurro,Baiocco, marca il cambio di ritmo, per almeno tre volte, con le sue accelerazioni dà il segnale alla squadra di portare il pressing appena fuori dall’area di rigore del Rende. Le azioni pericolose per il Siracusa crescono quelle del Rende, oltre alla punizione di Musca (54°) che Viola para bene deviando in angolo, non trovano più posto nel nostro taccuino. Il lancio delizioso di Giordano per lo scatto di Dezai che firma il 2 a 0 e un diagonale di Orefice, dopo una brillante azione sulla destra, che sfiora il 3 a 0 chiudono una prestazione convincente ed la fine di un girone di andata da incorniciare.

   Il tocco di classe di questa partita lo assegniamo a Baiocco, per quanto descritto prima ed anche perché, sia noi che il direttore dell’area tecnica Antonello Laneri, sappiamo che il mercato dei calciatori per trovare un eventuale alter ego di Davide Baiocco è sempre chiuso.
Salvo Spallina


martedì 15 dicembre 2015

LA SCONFITTA DI LAMEZIA E I MESSAGGI DAL CAMPO





   La sconfitta di Lamezia e i messaggi dal campo

   I segnali/segni, in mancanza di una comunicazione vera, si devono interpretare. Noi qui abbozziamo, su alcune situazioni, il nostro punto di vista, in mancanza di quella chiarezza che caratterizza da sempre questo mondo finto-dilettantistico.  Siamo un poco navigati, avendo attraversato, come giornalisti e sportivi/tifosi, questo mondo di mezzo del pallone, dove nulla è come appare, come sembra, dove si dicono cose a metà o meno di un quarto e dove si fa finta, quando si comunica all’esterno che tutto fila liscio e le strade per compiere le grandi imprese sono a portata di mano.  Veniamo ai fatti.
   Siamo passati da un Leon Forte, al Leon Superior,  al Leon Moscio/Perdente? No, siamo passati al Leon Comunicante nel senso che non potendo esprimere in altre maniere certe situazioni di disagio, malumori, promesse non mantenute  i giocatori hanno fatto parlare il campo. Non è una vera novità questa. Da sempre i calciatori attraverso le prestazioni esprimono ciò che in altre maniere son riescono a dire, oppure dal momento che i messaggi precedenti non trovano ascolto usano lo strumento migliore per comunicare: la testa e i piedi. Cioè con la testa  fanno dire ai piedi ciò che in altro modo non riescono a far capire con le parole. Questo vuol dire tante cose e il redde rationem della chiusura del mercato del 17 dicembre (fra due giorni) diventa una specie di resa dei conti fra alcuni elementi della rosa delusi da tante cose, come spettanze, rendimento personale, aspirazioni, autovalutazioni non corrisposte da giudizi di chi ti prende esame con le prove offerte ed altre cose ancora. Dall’altro il team societario, nei suoi vari organismi  usa l’arma del mercato per sistemare conti in sospeso, insoddisfazioni nel rendimento di alcuni elementi, aggiustamenti in corso d’opera con interventi opportuni sulla rosa, ad ora.
   In fondo perdere con il Lamezia non fa male tanto hanno pensato quelli che dovevano mandare i messaggi. Non si danno vantaggi ad avversari importanti/competitivi. Si presentava al momento giusto, diventava un’opportunità da non perdere per  messaggi forti per chi li vuole intendere.
   Chi si trova in mezzo a questo guazzabuglio è il povero (ci perdoni l’espressione!!) mister Sottil che ne ha viste e vissute tante , ma non pensava di vivere anche questa. Non si può schierare con la squadra, altrimenti oltrepassa la soglia delle regole non scritte, ma operanti, non si può schierare con la società altrimenti diventerebbe altro, non può dire come stanno veramente le cose (per quel che sa o dovrebbe sapere per poter fare al meglio il proprio mestiere), capisce bene che questa volta la funzione di parafulmine non gli riuscirà bene fino in fondo.
   Non stiamo scoprendo l’acqua calda, sono cose sapute e risapute nel mondo del calcio. Dobbiamo far finta che non le sappiamo?  perché i manovratori facciano il loro percorso e ci portino una minestra pronta per mangiarla e poi tutti di nuovo a scaldarci il cuore per questi colori che amiamo tanto?
E il mondo dei tifosi dove lo mettiamo? L’entusiasmo a mille, che per una settimana ha nutrito aspettative, mezze rinascite, sacrifici economici e fisici, si è infranto davanti ad una sconfitta che lascia il segno. C’è qualcosa che non gira nel giusto verso nel porgersi a questi tifosi/sportivi per poterseli tenere stretti. Il nostro “Siracusa in cima, tieniti stretti i 5mila del De Simone”, dopo la partita con la Cavese, si voleva riferire proprio a tutto il Siracusa, a partire per prima cosa dalla propria dirigenza.
In sala stampa nel dopogara con la Cavese, mister Longo aveva usato la metafora del Campionato della Moto GP, vista la prova non deludente della sua squadra, seguita anche da uno stuolo di giornalisti campani: “nel corso del campionato consideriamo questa partita come un sorpasso in curva, il Siracusa è stato più bravo e con un colpo di acceleratore si è portato in testa”. Per chiudere vogliamo anche noi prendere in prestito la metafora di mister Longo e pensare che, in questo lungo campionato, il Siracusa aspetterà di nuovo l’opportunità di un’altra curva e riportarsi in testa, con un’accelerazione, e che poi possa restarci, senza guardare, per il momento a salti di categoria che, alla luce dei fatti recenti, ci sembrano inopportuni.


Salvatore Spallina 


sabato 21 novembre 2015

Stefano non ci ha lasciato, vive dentro di noi

Un altro nostro giovane amico non è più con noi. Vive, come qualche altro che lo ha preceduto, sempre dentro di noi. Sono cose troppo dure da accettare con il cuore. La mattinata trascorsa in classe insieme ai miei colleghi e ai ragazzi della 4A ci ha dato la dimensione del vuoto che Stefano lascia (il suo compagno di sempre, Mattia, ha voluto trascorre insieme a lui queste ultime ore, anche dopo che se n’era andato, Emanuele lo aveva fatto ieri, ma oggi è rimasto, solo, dentro il suo dolore. Il rito collettivo del lutto non ha lenito il nostro, di dolore, ma ci ha aiutato a parlare di Stefano e di scuola come se in alcuni istanti fosse ancora con noi. Almeno così è stato per me che non sono più “ufficialmente” il suo prof. Stefano con il suo silenzio operoso, come quando era in classe,  oggi, mi ha accompagnato in questo incontro. Perché lui era così educato!!!, non molto loquace, ma presente, interessato, non molto coinvolto, ma attivo, capace di cogliere quelle cose che potevano cominciare a coinvolgerlo. Da ora, come appunto, un angelo, starà sempre con noi, non ci lascerà più e questo pensiero non è da poco. Ora sarà lui a pregare per noi, così hanno scritto i suoi compagni di classe nel messaggio che hanno letto con l’interfono a tutto l’Einaudi, muto e meditante. Così immaginiamo che una grande parte della città di Siracusa accoglierà la notizia della sua morte. Da tutti i tifosi di ogni settore del De Simone ai tanti altri gruppi che operano nel sociale e in rete.
Ora non possiamo non rivolgere i nostri pensieri a questo incrocio maledetto, sulla via Paolo Orsi, che continua, nostro malgrado, a farci scrivere necrologi, commemorazioni, corsi e ricorsi spiacevoli, atti che non vorremmo più compiere. Qualcuno, a cominciare dal Sindaco e dai suoi assessori e da chi in ogni modo ha responsabilità con la viabilità cittadina, cominci a mettere la testa e le mani su questo incrocio maledetto, a cominciare dall’eliminazione dell’ingresso sulla via principale di quella attività commerciale di materiali per l’edilizia che rappresenta un pericolo costante nell’arco della giornata. E’ possibile, e se non lo è lo si faccia diventare possibile, creare  un’altra via di accesso a quella attività. Si apra dalle parti della stazione/cintura ferroviaria. Per quell’incrocio maledetto di via Paolo Orsi con via Luigi Agnello si venga a trovare una sistemazione stradale definitiva, una rotatoria, che limiti, intanto,  la velocità e ci faccia uscire dall’incubo di una  prossima possibile vittima.

Ancora un pensiero per Stefano. Noi ricorderemo tante facce e sfumature del modo di essere di Stefano, ma quelle che esprimono queste foto ce le porteremo, più di tutte, nel nostro cuore e nella mostra memoria.
Salvatore Spallina

domenica 15 novembre 2015

QUANTI ISLAM CI SONO? LA FINTA BATTAGLIA CONTRO L’OCCIDENTE, A COLPI DI CADAVERI E DI SANGUE


   Allah. In suo nome tanti imbracciano un mitra, una pistola, una scimitarra, una mitragliatrice, si mettono intorno alla pancia una cintura di esplosivo. Ci sono immagini vecchie e contemporanee che in questo momento scorrono davanti ai nostri occhi…. le stiamo ripercorrendo, non solo nei campi di battaglia, nelle case private, come adesso, ma anche nelle strade, in mezzo alle persone, con gente armata che con la pallottola in canna, con un coltello in mano inneggia ad Allah e uccide. Ma anche nel mondo islamico ci sono migliaia di vittime trucidate per imporre una certa visione dell’Islam, dell’Islam del più forte.

   Ormai è fin troppo chiaro che la battaglia è interna a quel mondo, solo che la giocano su due fronti: al loro interno e contro gli occidentali.  

   La domanda è: QUANTI ISLAM CI SONO? Dentro quel mondo questo problema è chiaro?  La guerra in corso a Gaza sta riproponendo la questione.

   La questione Israele-Palestina, senza soluzione di continuità dal 1948 ad oggi, mette sotto i riflettori ancora di più questo conflitto dentro il mondo islamico.

   L’Islam è il fulcro intorno al quale si è sviluppata tutta la società del Medio Oriente. Questa religione permea ogni aspetto della vita del credente. Guarda a Maometto come capo politico e religioso allo stesso tempo. Finisce per disciplinare totalmente la vita di tutti i credenti, sia la vita civile che quella religiosa e politica. Autorità e legittimità diventano i perni centrali nei tre ambiti. I paesi guida dei due schieramenti sono l'Iran (sciita) e l'Arabia Saudita (sunnita)

   L’importanza della religione in medio-Oriente è diventata più evidente con la demarcazione profonda, per motivi politici e di potere, a partire dal 1979, con il ritorno di Khomeini in Iran. La presa del potere degli ayatollah sciiti ha rotto gli equilibri interni al mondo islamico. Il primo conflitto sanguinosissimo, a partire dal 1980, tra Iran e Iraq, è durato dieci anni, senza esclusione di colpi, con decine di migliaia di morti, tra sciiti, Iran, e sunniti Iraq. Con l'acuirsi del conflitto fra le due parti, si sono formate zone di influenza, alleanze, strategie interne e internazionali contribuendo così all’instabilità non solo del medio-Oriente ma anche di altre regioni del mondo.

   A tutto questo si aggiungono motivazioni economiche connesse alle riserve di petrolio e alle divergenze politiche derivanti dalla volontà di porsi, ognuno, come Paese egemone nella regione. 

   Dopo la guerra in Iraq, in pratica mai chiusa, nell’eterno conflitto, lo scontro si è spostato in Siria, complicandosi ed aggrovigliandosi ancora di più. Insieme la Turchia, l’Iraq e l’Iran hanno dovuto e stanno affrontando, in un conflitto senza fine, “la questione curda”. A questi teatri, fra sunniti e sciiti, se n’è aggiunto un altro, lo Yemen.

   In Yemen gli Houthi, sciiti nel nord hanno costretto alle dimissioni il presidente Hadi, sostenuto dalla comunità internazionale e da molti paesi arabi, a cominciare dall’Arabia Saudita, contro gli Houthi, sostenuti dall’Iran. 

   In questo scontro non sono mancate torture, attacchi suicidi e attentati, persecuzioni con squadroni della morte. Questa guerra civile ha accentuato gli atteggiamenti identitari fra sciiti e sunniti facendo nascere al suo interno gruppi terroristici come Al-Qaida e l’Isis.

   Ma torniamo al tema principale. Cosa divide precisamente queste due correnti dell’Islam? Il punto cruciale è su chi sia e che ruolo debba avere il “khalifa”, ovvero il califfo, cioè il successore di Maometto.

   Gli sciiti si sentono i veri eredi di Maometto, che non ebbe figli maschi, perché hanno sempre seguito gli insegnamenti di Alì, in arabo sciita vuol dire sostenitore di Alì, il genero di Maometto.

   I sunniti fanno discendere il loro potere religioso dal fatto di essere i veri interpreti delle tradizioni maomettane, dunque i più ortodossi e puri.

    Nel mondo i sunniti sono la stragrande maggioranza gli sciiti una minoranza, pur presente in tanti paesi mediorientali. L’Iran è il più potente, popoloso e, cosa non banale, non è di etnia araba. Dunque la cosiddetta fratellanza mussulmana spesso è una finzione che dobbiamo tenere ben presente quando parliamo di islam, per rendere ancora più chiare a noi stessi nozioni, conoscenze, approfondimenti utili ad un confronto civile che metta la bando le armi e si apra alla compossibilità, pensiero che va ben oltre la tolleranza e sa guardare all'altro con vero spirito di apertura. 

   A questi due filoni centrali dell’islamismo si devono aggiungere le dottrine del salafismo, del wahhabismo e del panislamismo.
  Il wahhabismo, una sorta di sunnismo più ortodosso e  ultraconservatore, è una forma estremamente rigida di Islam sunnita, che insiste su un'interpretazione letterale del Corano. Per i wahhabiti chi non pratica l'Islam secondo le modalità da essi indicate viene identificato come pagano e nemico dell'Islam. In questa visione rigorista dell'Islam possiamo inserire Osama bin Laden ed i vari gruppi di talebani.

   Anche nel conflitto tra Israele e Palestina, di questi giorni di ottobre-novembre 2023, mentre scriviamo, la religione ha un ruolo, e i distinguo, fra questi attori religiosi nel mondo arabo, stanno rimarcando le loro divisioni. L’antiebraismo, pur vero, è  pretesto vile e strumentale e lascia sul campo disastri umani, civili, economici. 

   È come se si sfidassero, nel sostegno alla causa palestinese, nel mettere ai margini chi non si schiera contro Israele. Hamas, l’ala militare e terrorista dei palestinesi di Gaza, è certo che abbia fatto scoppiare il conflitto, per conto dell’Iran, il 7 ottobre 2023, per fermare ed interrompere gli Accordi di Abramo che recentemente stavano avviando un dialogo fra l’Arabia Saudita e Israele, con gli Stati Uniti a fare da sponsor.

   

Salvatore Spallina