La sconfitta
di Lamezia e i messaggi dal campo
I
segnali/segni, in mancanza di una comunicazione vera, si devono interpretare.
Noi qui abbozziamo, su alcune situazioni, il nostro punto di vista, in mancanza
di quella chiarezza che caratterizza da sempre questo mondo finto-dilettantistico.
Siamo un poco navigati, avendo
attraversato, come giornalisti e sportivi/tifosi, questo mondo di mezzo del
pallone, dove nulla è come appare, come sembra, dove si dicono cose a metà o
meno di un quarto e dove si fa finta, quando si comunica all’esterno che tutto
fila liscio e le strade per compiere le grandi imprese sono a portata di
mano. Veniamo ai fatti.
Siamo
passati da un Leon Forte, al Leon Superior, al Leon Moscio/Perdente? No, siamo passati al
Leon Comunicante nel senso che non potendo esprimere in altre maniere certe
situazioni di disagio, malumori, promesse non mantenute i giocatori hanno fatto parlare il campo. Non
è una vera novità questa. Da sempre i calciatori attraverso le prestazioni
esprimono ciò che in altre maniere son riescono a dire, oppure dal momento che
i messaggi precedenti non trovano ascolto usano lo strumento migliore per
comunicare: la testa e i piedi. Cioè con la testa fanno dire ai piedi ciò che in altro modo non
riescono a far capire con le parole. Questo vuol dire tante cose e il redde
rationem della chiusura del mercato del 17 dicembre (fra due giorni) diventa
una specie di resa dei conti fra alcuni elementi della rosa delusi da tante
cose, come spettanze, rendimento personale, aspirazioni, autovalutazioni non
corrisposte da giudizi di chi ti prende esame con le prove offerte ed altre
cose ancora. Dall’altro il team societario, nei suoi vari organismi usa l’arma del mercato per sistemare conti in
sospeso, insoddisfazioni nel rendimento di alcuni elementi, aggiustamenti in
corso d’opera con interventi opportuni sulla rosa, ad ora.
In fondo
perdere con il Lamezia non fa male tanto hanno pensato quelli che dovevano
mandare i messaggi. Non si danno vantaggi ad avversari importanti/competitivi. Si
presentava al momento giusto, diventava un’opportunità da non perdere per messaggi forti per chi li vuole intendere.
Chi si trova
in mezzo a questo guazzabuglio è il povero (ci perdoni l’espressione!!) mister Sottil
che ne ha viste e vissute tante , ma non pensava di vivere anche questa. Non si
può schierare con la squadra, altrimenti oltrepassa la soglia delle regole non
scritte, ma operanti, non si può schierare con la società altrimenti
diventerebbe altro, non può dire come stanno veramente le cose (per quel che sa
o dovrebbe sapere per poter fare al meglio il proprio mestiere), capisce bene
che questa volta la funzione di parafulmine non gli riuscirà bene fino in
fondo.
Non stiamo
scoprendo l’acqua calda, sono cose sapute e risapute nel mondo del calcio. Dobbiamo
far finta che non le sappiamo? perché i
manovratori facciano il loro percorso e ci portino una minestra pronta per
mangiarla e poi tutti di nuovo a scaldarci il cuore per questi colori che
amiamo tanto?
E il mondo
dei tifosi dove lo mettiamo? L’entusiasmo a mille, che per una settimana ha
nutrito aspettative, mezze rinascite, sacrifici economici e fisici, si è
infranto davanti ad una sconfitta che lascia il segno. C’è qualcosa che non
gira nel giusto verso nel porgersi a questi tifosi/sportivi per poterseli
tenere stretti. Il nostro “Siracusa in cima, tieniti stretti i 5mila del De
Simone”, dopo la partita con la Cavese, si voleva riferire proprio a tutto il
Siracusa, a partire per prima cosa dalla propria dirigenza.
In sala
stampa nel dopogara con la Cavese, mister Longo aveva usato la metafora del
Campionato della Moto GP, vista la prova non deludente della sua squadra,
seguita anche da uno stuolo di giornalisti campani: “nel corso del campionato
consideriamo questa partita come un sorpasso in curva, il Siracusa è stato più
bravo e con un colpo di acceleratore si è portato in testa”. Per chiudere
vogliamo anche noi prendere in prestito la metafora di mister Longo e pensare che,
in questo lungo campionato, il Siracusa aspetterà di nuovo l’opportunità di
un’altra curva e riportarsi in testa, con
un’accelerazione, e che poi possa restarci, senza guardare, per il momento a
salti di categoria che, alla luce dei fatti recenti, ci sembrano inopportuni.
Salvatore
Spallina
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