La torre, della Fiera dei Primati, ricoperta di acciaio inox
Giuseppe Marino è nato a Reggio Calabria il 22 novembre del 1939, la mamma di Siderno (RC), il papà, nato ad Augusta, è
vissuto per tanto tempo a Catania. Pino fino alla laurea in Ingegneria civile
ha vissuto tutte le estati fra Catania e Reggio Calabria.
Ha frequentato il Liceo Classico e gli studi universitari a Roma. Ha scalato, dal basso, i vertici della società Astaldi S.p.A. fino a ricoprire l’incarico di Direttore Generale dal 1996 al 2002, anno nel quale la società è stata quotata in borsa. Ha messo le mani, i piedi e, soprattutto, la testa nelle esecuzioni di lavori/opere importanti, alcune molto importanti. Ha cominciato, negli uffici di Roma, a 26 anni, elaborando buona parte dei calcoli statici e della progettazione esecutiva del cantiere di Pizzo Calabro, sul fiume Angitola dove era in costruzione, a tutt'oggi, “il viadotto ferroviario in cemento armato più lungo d’Europa”, 1132 metri, 60 metri sopra la campagna, per il raddoppio della linea ferroviaria calabra. Un’opera importante, sotto i cui ponti siamo passati decine di volte, ammirandone struttura ed imponenza, ma ignorando il suo contributo alla realizzazione di questa opera.
Nel mese di ottobre del 1966 tutti i
calcoli sono pronti. Immaginando quale grande organizzazione di cantiere
sarebbe stata necessaria per mettere in opera i 100.000 metri cubi di cemento
armato, dà la disponibilità per cominciare a “mettere i piedi nel fango”, come
ripete spesso nel suo libro. Vuole andare a fare esperienza nel cantiere. Nel
novembre dello stesso anno, come vice-direttore del cantiere, avviene il
“battesimo”, nel Viadotto Angitola. Il suo capo è l’ing. Ottorino Zalposchi. Dopo alcuni mesi, quando i continui attacchi febbrili
costringeranno l’ing. Zap (come affettuosamente lo chiama lui) a doversi
trasferire in ospedale per potersi curare bene, il nostro Pino ha dovuto
prendere il suo posto ed ha provato, sulla sua pelle, come un giovane/guagliune
ingegnere deve imparare a sapersi imporre sui veterani dell’azienda e del
cantiere e sui presuntuosi gonfi e tronfi che si trovano in ogni dove nella
vita di ognuno di noi. Far passare alcune linee, che lui riteneva più opportune nella
prosecuzione dei lavori e nel far rispettare i tempi di lavorazione in
previsione della consegna dell’opera, non è stato facile fino a quando non si
è verificato “un incidente”, quasi opportuno, per mettere in riga tutti gli
operanti nel cantiere. Una mancata
consegna ripetuta gli fece salire “il sangue agli occhi….avevo i nervi tesi
come una corda di violino….dopo averlo alzato da terra, me ne andai in ufficio
urlando che lo avrei spedito a Roma e non lo volevo avere più fra i piedi. Dopo
un poco ripresi il controllo, ma radio cantiere aveva subito sparso la notizia”.
Dopo il fatto c’era “un atteggiamento
diverso, un po’ meno confidenziale da parte di tutti…il geometra furbetto venne
dopo qualche ora a scusarsi con la coda fra le gambe e da quel momento si
rivolse sempre dandomi del lei, dimenticando il tu che prima ogni tanto gli
scappava”.
È in questo cantiere che il nostro autore si
è fatto le ossa ed ha formato un piccolo gruppo, una squadra che poi lo seguirà
nelle tante altre opere che lo hanno viso protagonista di primo piano: opere
ferroviarie, stradali, idrauliche, di edilizia civile ed industriale. Uno fra
questi collaboratori è stato Costantino Sarra, “il magazziniere per
eccellenza”. Aveva la sola licenza elementare, ma una intelligenza fervida e
tanta saggezza contadina. Parlava il “costantinese”, ma era capace di saper
gestire un magazzino grande fino 1.000 mq, sapeva dove era collocato ogni pezzo di
ricambio per qualunque mezzo del cantiere o altra cosa utile alla bisogna.
Sono tante le esperienze che vengono
raccontate nel libro, con tantissimi dettagli e spunti per la gestione di un
cantiere, di una grande opera. Noi vogliamo soffermarci, in particolare, su
quella relativa alla costruzione di una acciaieria nella Germania dell’Est (la
DDR), “L’altra faccia del muro” e fare un cenno a quella della Fiera di Milano, “L’ultima scommessa”. Ma prima di parlare di queste due
esperienze vogliamo mettere in risalto quello che per l’ing. Marino è diventato
un metodo, una sorta di credo operativo: “nel progettare un’opera, non si può
prescindere dalle conoscenze di base apprese negli studi, ma quando poi la devi
costruire occorre un’organizzazione adeguata in termini di macchine,
attrezzature, impianti, e soprattutto di uomini. Se non riesci a mettere a
mettere al posto giusto tutti i pezzi di questo puzzle, ti porti dietro tanti di
quei problemi che possono pregiudicare la buona riuscita del lavoro, o
quantomeno di aumentarne il costo, col rischio di compromettere la sicurezza e
la durabilità dell’opera stessa”. Alla luce dei gravi e luttuosi fatti avvenuti
a Genova, nelle scorse settimane, sia nel lontano che nel recente passato, queste
parole fanno pensare, dal momento che sono state "il suo credo", fatte proprie e messe in pratica quando già era ancora un giovane ingegnere.
Alla fine del 1973 il nostro ingegnere completa la
consegna della seconda acciaieria dell’Italsider, 1.200.000 tonnellate/anno
(Ilva), a Taranto. Nel 1974 viene promosso dirigente dall’Astaldi. Nel 1977 gli affidano una importante impresa: costruire, di sana pianta, una acciaieria di 600.000 tonnellate/anno
nella Germania comunista, nella regione del Brandenburgo, a circa quaranta
chilometri da Berlino Est. La Danieli
S.p.A., che mette le tecnologie, è la società capofila del consorzio di imprese, la Astaldi viene designata come responsabile dell'esecuzione di tutte le opere civili.
“Io non conoscevo una sola parola di tedesco, nessuna impresa italiana era andata a lavorare nella Germania comunista dopo la seconda guerra mondiale, avremmo dovuto costruire un campo abitativo di 1.200 persone”.
La costruzione del Muro cominciò con i primi di agosto, sul Corriere della Sera del 24 agosto 1961 uscì un approfondimento dal titolo: «Berlino, polveriera del mondo».
“Io non conoscevo una sola parola di tedesco, nessuna impresa italiana era andata a lavorare nella Germania comunista dopo la seconda guerra mondiale, avremmo dovuto costruire un campo abitativo di 1.200 persone”.
La costruzione del Muro cominciò con i primi di agosto, sul Corriere della Sera del 24 agosto 1961 uscì un approfondimento dal titolo: «Berlino, polveriera del mondo».
A casa sua non sono certo felici per questa
scelta, “fu un trauma per mio figlio di otto anni, che non aveva più il
coraggio di farsi vedere in giro per la vergogna che il papà avesse abbandonato
la famiglia”. "Dire di no, non me la sentivo, non rientra nel mio carattere", ma “una nuova impresa in una terra tutta
da scoprire, con tanta letteratura fantapolitica e di fatti di cronaca che
parlavano di guerra fredda, di vicende di spionaggio, sotto un certo aspetto,
mi attraeva”. Alle difficoltà connesse all'impresa da realizzare se ne
aggiungevamo due molto spinose, “le modalità di progettazione e i visti
d’ingresso in DDR”. Senza trascurare, come problema, quello relativo al “cibo”. Noi, qui, vogliamo accennare a quello sui "visti". Un dettaglio che fa sorridere, ma darà l’idea, scorrendo
questo capitolo, di quel che il gruppo guidato da Marino ha dovuto
affrontare.
Queste foto, anche se in misura limitata, possono dare l'idea della grandezza del cantiere nella DDR
La sera, prima di attraversare la frontiera
della DDR, una squadra di dodici persone, friulani e “romani” (per tutti quelli che non lavoravano in Astaldi, chiunque lavorasse in Astaldi era "romano") trascorrono una
serata al ristorante per cominciare a conoscersi un po’. La mattina alle sei, un’auto ed un pulmino si addentrano in un’area che già mette paura: non ci
sono alberi, ma barriere di filo spinato, più avanti specie di cavalli di
Frisia, poi i Vopos (poliziotti) con cani poliziotti, una radura erbosa con tante mine antiuomo, subito dopo, su una torre di vedetta, alta come come una palazzina di tre piani, erano posti dei fari e delle mitragliatrici.
Un poliziotto prende visti e passaporti e va nell'ufficio. “Scendo per sgranchirmi le gambe e cominciai a contare le persone dentro il pulmino. Contai una volta, poi una seconda volta, ma il conto non tornava! …….dai e ridai venne fuori che al momento della partenza, Tommasino, per un bisogno impellente, si era allontanato, così noi eravamo partiti ed il pulmino ci era venuto dietro”.
Un poliziotto prende visti e passaporti e va nell'ufficio. “Scendo per sgranchirmi le gambe e cominciai a contare le persone dentro il pulmino. Contai una volta, poi una seconda volta, ma il conto non tornava! …….dai e ridai venne fuori che al momento della partenza, Tommasino, per un bisogno impellente, si era allontanato, così noi eravamo partiti ed il pulmino ci era venuto dietro”.
L’interprete spiega la situazione. Non
potevano lasciarlo lì senza soldi e senza bagaglio. Una macchina con due
persone sarebbe andata a prenderlo. Il soldato non poteva autorizzare una cosa
così strana!!, Marino e i suoi insistono, viene coinvolto nella decisione un
ufficiale che a prima botta sbotta “unmoeglich”,
impossibile. Dopo aver spiegato che erano quelli dell’acciaieria l’ufficiale,
restituiti i documenti, dice: “ uscite fuori tutti, qui non siete mai
arrivati!! Andate a prendere il vostro collega
e ritornate di nuovo”. Quelli della DDR vivevano con una esasperazione
parossistica il fatto che chiunque si sottraesse al loro controllo potesse far
uscire foto, informazioni, notizie verso l’occidente. Questo capitolo, in particolare, offre, a chi
ne ha sentito solo parlare vagamente, una esperienza che va oltre l’immaginazione perché
le cose che ci racconta Pino su quel mondo, prima della caduta del muro (1989),
sono tutte “vere”
La colata d'acciaio di prova dell'impianto prima della consegna ufficiale
In
certi momenti il nostro ingegniere è un fiume in piena mentre trascrive, mette
in ordine i lucidi ricordi che si susseguono nella sua mente. Ci ha confessato:
“mentre stendevo questi capitoli, mi capitava, dormendo ormai poco, di
svegliarmi molto presto. La mia memoria ripercorrendo quanto già trascritto
riusciva a pescare un dettaglio che nella stesura precedente mi era sfuggito,
allora subito mi alzavo, accendevo il pc e mi rimettevo a scrivere”.
Superate le tante difficoltà, l’acciaieria,
come da contratto, fu inaugurata, dopo solo 29 mesi, il sette ottobre 1979!!
Dopo il 1980, con il consenso di Gianfranco
Astaldi (“come un padre per me”), Teodorico De Angelis, come a.d., fa compiere un
salto di qualità alla Astaldi e la pone nelle condizioni, svecchiandola, di
poter concorrere alle nuove sfide che i tempi ora richiedevano,
alla pari con altre società concorrenti sul piano della logistica e delle
infrastrutture tecnologiche,.
Non sono da trascurare nella lettura i
passaggi di quando il nostro ingegnere ha attraversato i terreni melmosi di
tangentopoli o di quando ha saputo rinunciare alla costruzione della diga Blufi, in
Sicilia, senza doversi e volersi piegare alle pressioni, ai divieti ed agli impedimenti pretestuosi creati ad arte dai vari uffici (dalle 15 cave di pietra che
circondavano la costruenda diga, il cantiere, da lui diretto, non riceveva i
permessi per prelevare il materiale necessario per cominciare i lavori. Guarda caso le cave autorizzate erano quelle molto distanti dal cantiere!!!).
Come accennavamo “L’ultima scommessa”, è la
costruzione de “Il Nuovo Polo Fieristico”, all'estrema periferia della città di
Milano, nei comuni di Rho e Pero. Questa opera (2002-2005), voluta dalla fondazione “La Fiera
di Milano”, rappresenta una sorta di fiore all'occhiello della sua carriera che
lo aveva visto protagonista in tanti lavori importanti, a partire, appunto, dal
1966.
Tante sono le esperienze contenute negli undici capitoli del libro. Molto spesso queste sono legate/comparate con lucidità ai fatti ed agli avvenimenti politici sia del tempo che a quelli di stretta attualità.
Tante sono le esperienze contenute negli undici capitoli del libro. Molto spesso queste sono legate/comparate con lucidità ai fatti ed agli avvenimenti politici sia del tempo che a quelli di stretta attualità.
Pensiamo che molti giovani laureati nei vari
rami di ingegneria ed i diplomati con un titolo di studio tecnico possano
trarre spunti dalle tante note importanti e molto professionali contenuti in “È
Mò Sono ….. Amari” - Storie di persone, passioni, cantieri e….poi percorrere
una brillante e luminosa carriera pari a quella di Giuseppe Marino.
Salvatore Spallina
Il libro “È Mò Sono ….. Amari” - Storie di
persone, passioni, cantieri (2018) lo si può ordinare a: https://ilmiolibro.kataweb.it o nei migliori siti online di vendita
libri, a cominciare dalla Feltrinelli
Sempre su https://ilmiolibro.kataweb.it è
acquistabile “L’evoluzione della materia” -
Dalle
origini dell'universo alla formazione della coscienza (2013)
di
Roberto Leone e Giuseppe Marino
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