Dopo il discreto successo della prima mostra dei lavori di Bruno Formosa alla Libreria NeaPolis di Annalisa Sansalone, in viale Teocrito, a Siracusa, abbiamo pensato che il vasto pubblico dei suoi curiosi ammiratori meriti di venire a conoscenza di qualche altro elemento in più. In particolare, riguardo la sua ispirazione, come realizza le sue opere, quali pensieri attraversano la sua mente quando va a cercare il materiale da usare, dove lo va a cercare, dove lo trova. Siamo andati a trovarlo nella sua tana operativa ed abbiamo raccolto quel che segue.
Per un poco lo abbiamo visto anche
all’opera nel completamento di un lavoro.
Infatti l’artista fa passare il suo trapano o la piccola sega là
dove li spinge la sua ispirazione o l’idea da realizzare, e lì si fermano. Come
fossero colpi di pennello d’autore. Quando
la sua stessa natura è paga del risultato raggiunto, in quel momento, la mano si
ferma. Poi fra un tipo di resina, un fornellino
a gas, pinze varie per non bruciarsi le dita, fono, a freddo, per far
condensare i materiali usati, si avvia a definire.
Anche noi guardiamo il lavoro finito e comprendiamo, dal suo sguardo,
che sono sempre i colori dell’anima che prendono il sopravvento e lasciano il
segno.
Le infinite possibilità
espressive dell’opera d’arte, quando passa, maggiormente, dal legno, com’è il
caso del nostro artista, transitano, in primis dalla forma, così come l’ha
trovata.
Il nostro artista si colloca in
un filone d’arte, che viene definita da più di
un esperto, come tecnica mista di
assemblaggio polimaterico, una sorta di “Riclicarte”, presente, già da tempo,
nel panorama italiano.
Proiezioni abitative astrali
Fra vecchia e nuova produzione, cominciamo col dire che questi materiali assemblati, in una sorta di trama intricata,
alla fine si uniscono in un dialogo comunicativo. Pezzi di legno, parti di
tronchi d’alberi, trucioli di segatura, chicchi di caffè, resine, pezzi di
ceramica, chiodi arrugginiti, chiavi di ogni tipo, vecchie monete, plastiche
varie, pezzi di corde, varie forme di pasta cruda, piumini vecchi, scarpe e
scarponi sbucherellati, segatura varia e tanto altro.
Abbiamo cercato di cogliere, in questo dialogo, gli elementi connessi a questo materiale che tratta. In maniera sincera, abbiamo scambiato i nostri pensieri nel merito.
Come è nato tutto questo?
“Questa cosa, che è diventata passione, è nata dopo una serie di
esperimenti compensativi al mio mixare dischi, per una vita. Il lockdown ha
contribuito, però poco. Ancora oggi è così. Ho cominciato a misurarmi con cose
che non avevo mai fatto prima e come tutte le cose che nascono per la prima
volta, via via, con gli errori che andavo commettendo, si stavano trasformando
in una sorta di tirocinio, servivano a migliorare i miei prodotti”.
Noi pensiamo che, in fondo, questi materiali possono svelare qualcosa di più di ciò che sembrano a prima vista. Dalla apparente mutabilità delle cose, dalla trasformazione della materia, alla nostra finitezza. È come se la materia, mischiata con altre cose poco conosciute, fuori dal tempo, oppure mischiata col tempo (che concepiamo, a nostro comodo!!!) se la rida della nostra esistenza. Ci sopravvive, si trasforma o resta com’è, per un tempo così lungo che noi non riusciamo a quantificare. Pensiamo ad una pietra, ad un ceppo, ad un pezzo di legno massello. Quasi si fanno beffe delle nostre incapacità di saperci proiettare oltre il mondo piccolo e confuso nel quale viviamo ed oltre il quale non sappiamo lanciare uno sguardo.
Il legno di suo ha un carattere, un carattere antico. Si porta dietro una sua identità, dono della Natura. Anche le sue trasformazioni, sia quelle naturali che per opera dell’uomo, fino a che restano nella sua struttura compositiva, originaria, non ne modificano il carattere antico.
Partiamo
dalle immagini.
Quando vai in giro, a cercare del materiale, hai qualcosa in mente in modo che quello che trovi possa corrispondere alla tua idea?
“A volte si, quando cerco ho delle
cose in mente, delle immagini di persone e situazioni che mi porto dietro, qualche
viso che corrisponde ad un mestiere, ad una identità fisica specifica della
persona che lo esercita. Cerco, confessa,
di tenere impressionate quelle forme. Certe
volte trovo dei materiali che in qualche modo hanno una certa rispondenza, come
è normale, a volte no. Altre volte prendono il sopravvento forme diverse che si
fanno strada nella mia mente durante la lavorazione".
"Per esempio, ecco, quella particolare bruciatura, quel buco là in mezzo a
quella tavola bruciacchiata, di “Spiro”, (era una porta d’ingresso in un antico
casolare, mi piace pensare, di qualche sperduta campagna di chissà dove e che
il mare mi ha fatto trovare in uno degli anfratti che vado visitando abitualmente,
mi ha fatto subito pensare a Nico, detto “Spiro”. Il bottegaio/putiaru di vino
sfuso, olive sott'olio, pane di casa, cipolle, solo rosse ed altri prodotti
da mangiare e gazzose, da mischiare col vino. La forma del legno era perfetta per
la sua fronte bruciata dal sole. Perché devi sapere che Spiro lavorava in
campagna ed il vino che vendeva lo produceva lui. Era orgoglioso del suo, Nero
d'Avola. Fumava solo sigari toscani fino alla fine dell’incartamento del
sigaro…fino a bruciarsi le labbra. Ecco perché era detto "Spiro",
perchè tutti, a vederlo sempre con il toscano in bocca, mattina e sera, gli
chiedevano se riuscisse a respirare bene..... e lui spiro, spiro, respiro, non ti preoccupare”.
Quali sono i temi ispiratori?
“Prevalentemente le realtà che mi circondano. I paesaggi urbani, le strade abitate della periferia che portano verso il mare che è sempre il luogo cui guardo principalmente, pensando a tante canzoni che parlano del mare, in particolare a “Come è profondo il mare”, a “Caruso” di Lucio Dalla, a “Chi tene 'o mare” di Pino Daniele".
"Sono cose che mi hanno sempre affascinato, filari di case, i lungomare, così come sono stati “abusati” dalla cementazione selvaggia e dalla noncuranza delle amministrazioni locali che hanno lasciato che tutto questo imbarbarimento avvenisse. Sotto il profilo squisitamente tecnico ho cercato, sperimentando, nello sviluppo dei miei lavori, di inserire elementi nuovi come la ceramica e la resina, naturalmente, oltre la materia prima che è il legno. Case sospese fra sabbia, pietrisco, ed acqua. Piccoli isolotti pieni di case. Pesci multicolori che riflettono tutto quello che hanno mangiato come rifiuti gettati in mare da noi. Un presente che si manifesta con i rumori, i simboli, il “frastuono urbanistico” dell’oggi, che faccio fatica ad accettare e denuncio con alcuni dei mei lavori".
Passiamo adesso alle persone, ai personaggi
“I mie punti saldi sono sempre la ricerca dell’espressività, perché la scommessa è questa: cioè non tanto realizzare una faccia, ma dare a quella faccia l'incisività che, in quel momento, sento di farle esprimere, puntualmente, (sorride!!). Magari non si verifica, non mi riesce bene. Qualche volta è capitata che me ne viene subito in mente un’altra che in qualche modo appaga il mio bisogno primario nel forgiare quell’espressione. Allora, tutto sommato, mi va bene lo stesso. Essendo una tecnica che vado acquisendo cerco di accontentarmi di ciò che realizzo, ma non sono sempre appagato del risultato finale. Eppure ho imparato, anche rovinando dei lavori quasi completi!!. Tutte le volte che cercavo di migliorare un viso, finivo per perdere “lo spunto originale” che lo aveva generato”.
Ma torniamo
ai legni trovati nelle zone di risacca del mare. Oltre a “Spiro” qualche altro ritrovamento
ti ha suggerito, al volo, qualche personaggio?
“ Si, si, qualche volta è stato così. Una volta trovai un pezzo di legno massiccio. Alcune scheggiature mi avevano suggerito un personaggio di una commedia di Aristofane che avevo visto qualche giorno prima al teatro greco. Lisistrata. Quel legno la rappresentava in pieno. Trascuro di guardare altre cose in quella discarica e vado verso il mio laboratorio. In un primo momento avevo pensato di costruirle intorno gli altri personaggi della commedia, ma pian piano il progetto mi scappava dalle mani, anche Lisistrata cambiava volto. Mentre assemblavo i legni, per rappresentare le donne spartane, mi è venuta l’idea di mettere insieme tutti i singoli pezzi e piano piano comincia prendere forma quello che diventerà la Sibillina. Stavo mutando con la lavorazione il progetto iniziale. La sua faccia non aveva più contorni, gli occhi bianchi a denotare l’impossibilità a chi la guardasse di capire qualcosa di lei. La bocca stava diventando inespressiva, alla fine le ho dato, la sua identità, era diventata, appunto, sibillina. Dunque “La Sibillina”. Il progetto iniziale era stato stravolto”.
Poi hai dedicato una sezione speciale agli orologi, perché?
“Ah, io di orologi ne ho tantissimi. È una cosa che mi affascina possederli, di tutti i tipi. Il motivo è presto detto: non sopportando nulla addosso ho orologi dovunque. Esercitano su di me un fascino particolare, rappresentano per me tante cose che hanno a che fare con la malinconia, con il tempo che se ne va, con il vivere nel tempo. Come una forma ansiosa che un po’ va tenuta sotto controllo, è come evitare che qualcosa ti sfugga dalle mani. Immagino siano dinamiche inconsce, certamente, non legate solo alla mia persona. Credo proprio che di questo tipo di, se lo vogliamo chiamare, malessere, siamo in molti a soffrirne".
Sei selettivo nella ricerca di particolari tipi di legno?
“A me
piacciono molto, quando li trovo in qualche discarica, i famosi tavoloni vecchi
che usano i muratori. Ci trovo schegge di cemento incastonato, chiodi
arrugginiti conficcati dentro, che non vale la pena togliere, perché danno una sua
veste al legno. Questi sono i pezzi migliori, sono legni vissuti. Certo poi io
li lavoro poco ma cerco di lasciare l’impronta originaria che mi ha colpito”.
Lampada - Favela Illuminata
Parliamo delle costruzioni, delle case. Quelle ammonticchiate l’una sull’altra a me sono sembrate delle favelas brasiliane
“Si, si, una in particolare. Ero partito con l’idea di comporre una favela brasiliana, (sorride!!) ho finito col farla diventare solo una lampada”.
Musicassetta di Tom Waits - Etta, la sua amata cagnettaUn discorso, quasi a parte, merita questo sportello di una cucina in massello d’abete. Ci abbiamo fantasticato sopra un poco sulla provenienza, sul dono di Poseidone, sulla sua possibile provenienza e su quello che l'anta di un mobile avesse mai custodito e tenesse in serbo, fra le sue fibre. Magari con qualcosa che avesse a che fare con delle bottiglie di whisky invecchiate, tanto care a Tom.
Per noi che abbiamo
amato ed amiamo ancora Tom Waits era poca questa fantasia su questa anta trovata
a Siracusa, ma ce la siamo fatta bastare!!!.
Poi l’artista ha
avuto la brillante idea di trasformare l’anta in una musicassetta. Di Tom,
infatti, di musicassette, ce ne siamo
scambiate!!!, le prime, inizi anni ’80, in quantità, per arrivare ai cd e poi ai
video in VHF, appena Youtube cominciò a farli circolare sul suo canale. Poi
quando ha deciso, nel 2018, di incidere “Bella
ciao”, in italiano, il nostro amore per Tom ha smarrito la linea del confine.
La canzone di suo è già un pezzo universale, utilizzata nei contesti più vari,
ma sempre con il fine di far ruotare il suo profondo significato dentro il
concetto, l’idea sacra di Libertà. Come
hanno fatto dentro la metropolitana di Kyiv i ragazzi ucraini, dopo l’invasione
russa del 24 febbraio di quest’anno.
Architetti che dormono a tratti sognano
Poi ancora case, strette, asimmetriche, assemblate in un maniera strana….ed un ripetuto richiamo agli architetti
“Quello dello sbizzarrimento sulle case e sugli architetti che fumano, che fumano male, che fumano peggio è stato ed è un giuoco. Non me ne vogliano, giusto per prenderci in giro. Il primo con cui voglio giuocare è il mio alter ego. Per evitare di prendermi troppo sul serio. E poi non posso permettermi di perdere la dimensione giocosa con cui voglio affrontare questi lavori. In fondo servono a me stesso come segni di ironia e autoironia”.Vicini di casa vicini vicini vicini
Come a ben rappresentare gli abitatori di quei caseggiati!!!!
Abiti in una villetta fuori città, e vista la produzione abbondante di case, ce l'hai un luogo ideale dove vorresti abitare?
"Il mio habitat naturale sarebbe quello di vivere in un isolotto sopra una piccola collina, proprio in cima. Magari con una strada sconnessa , difficile da percorrere , giusto per scoraggiare persone che avessero l’intenzione di venirmi a trovare. Da lì osservare la natura, i tramonti, il mare, la luna che sorge, l’ombra delle case proiettata sull’acqua, il sibilo del vento durante le tempeste".
Nelle facce degli umani non ci sono mai sorrisi, c’è un motivo?
“Fra la felicità dei volti che cerco di rappresentare e quella degli animali preferisco sempre quella degli animali in primis. Laddove ci riesco, punto a far esprimere agli umani altri sentimenti ma non certo la felicità. Ma cosa cui punto soprattutto è quello di fargli esprimere un umorismo involontario, ho una sorta di risentimento recondito nei riguardi degli uomini in generale, mentre guardo con amore lo sguardo degli animali. Voglio sempre realizzare cose che quanto meno suscitino un sorriso ”.
Salvatore Spallina
Le precedenti "Formose Creazioni" -
https://youtu.be/7X1akF7Axho: musica di sottofondo - Tom Waits & Bruce Springsteen (live) - Jersey Girl
Gli ultimi lavori di Bruno Formosa
https://youtu.be/kiolKv1xY3s: musica di sottofondo - Cesaria Evora – Angola – Live in Bataclan, Paris 1995
https://www.youtube.com/watch?v=Ga0Z41hfl8w: Tom Waits and Marc Ribot - Bella Ciao (Goodbye Beautiful)..!!!!
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