Carlo Maria Martini
“Eppure io resto convinto che la vera sfida a ciascuno di noi
è proprio questa: individuare spazi di libertà, di discrezionalità, di
creatività dentro i ruoli che ci hanno assegnato, nello svolgimento dei compiti
che ci sono stati affidati…..”[1]
[13]
Martini
C. M., Piccolo manuale della speranza. Vivere con fiducia il nostro tempo,
Giunti, Firenze 2012
[14]
) “Vedete, sono uno di voi”, Il regista Ermanno Olmi racconta Carlo
Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
Caro cardinale Carlo
Maria Martini, ci perdonerà questo incipit. Prendiamo in prestito uno schema a
lei tanto caro, cioè la forma della lettera/conversazione dialogica, per
cercare di seguire, non solo, le tracce “visibili” che ci ha lasciato in dono,
durante il suo cammino, intorno a temi che caratterizzano la nostra attualità
ed il nostro futuro prossimo, ma anche quelle “spirituali” cui poter attingere
per poter costruire progetti futuri in cui proiettare forme di convivenza a
misura d’uomo. Lo sappiamo, ci rendiamo conto che è una sfida difficile, ma Lei
ci ha abituati al fatto che queste sfide vanno accolte cercando di trasformarle
in sogni dai quali non si può disgiungere un elemento essenziale, quello di
volerci credere fino in fondo.
Gli argomenti su cui
vogliamo dialogare con Lei solo i seguenti:
-
Come comunichiamo, cosa ci comunichiamo oggi
-
Il coraggio del voler confrontarsi senza paura
-
Progettare “la nuova città” cui guardare attraverso il dialogo ecumenico
Cercheremo di
prendere in esame i contenuti, gli spunti, le proiezioni che abbiamo incrociato
nelle sue “parole”, nei suoi “verbi”, nelle sue “intenzioni”, nei suoi “sogni”
per rendere più chiaro il nostro percorso. Le tracce che ci hanno avvicinato a
Lei le abbiamo incrociate, nel nostro cammino della vita e nel nostro lavoro, a
partire dalle Lettere Pastorali, durante
il suo magistero nella Arcidiocesi di Milano, nelle Cattedre dei non credenti e
poi via via nei tanti documenti cartacei, televisivi, nei quali ha espresso il
suo pensiero intorno a queste tematiche. Siamo stati, di recente, al Duomo di
Milano. Insieme a noi tante altre persone, a noi sconosciute, a pregare e a
riflettere sulla sua tomba, in un
raccolto silenzio, per far nostro il pensiero “Pro veritate adversa diligere”.
Durante questa preghiera abbiamo ripensato alla testimonianza di Marco
Garzonio, a Lei tanto caro ed amico, che afferma che quando si sosta intorno a
quella lapide si ha una netta sensazione di gioia, come se ci si rifugiasse in
un ritrovo dell’anima.
Nelle società di
oggi, prendendo in esame il primo argomento, le relazioni, i contatti con il
mondo, fra le persone risentono della pervasività che il mondo dell’elettronica
esercita. Gli “utensili” digitali, coadiuvati dall'elettronica, lo erano già
durante il suo magistero, quando non sono addirittura installati in noi stessi,
controllano e regolano i legami con il mondo. Questa dimensione è vissuta e
sentita, anche se sembra strano, in maniera irreversibile da quelli che non
vivono questa dimensione della vita. Anche loro, alla fine, ne restano
influenzati e comunque partecipi. Siamo già entrati nell'era di una sorta di
immaterialità fatta di finanza liquida, moneta liquida, amori liquidi, da bere
e consumare all'istante, lavoro liquido, sottopagato, buono a colmare solo
desideri ma non i sogni, che sono troppo lunghi e complessi per poterli
realizzare subito.
Questo nuovo modo di
conoscere, di pensare, di trasmettere valori, di comunicare, cambia, muta in
continuazione, trasforma il nostro modo di percepire e vivere la realtà che ci
circonda. Le nostre relazioni umane,
caro Cardinale, il nostro contatto con la cultura digitale sta progressivamente
bruciando tappe evolutive in svariati campi, dallo sviluppo industriale,
all’automazione; nel villaggio globale, il teletrasporto ci fa quasi vivere il
dono della ubiquità. In questi giorni nella sua Milano, tanto amata, stanno per
nascere due grandi uffici di WeWork con circa duemila dipendenti per favorire
la collaborazione tra i professionisti e per aiutare le aziende a crescere e a
espandersi. Team di persone attive nel territorio ma che possono far leva sulla
esperienza di oltre 280 altre location sparse nel mondo. Il fine? poter fornire
servizi e spazi di altissima qualità dai migliori standard. Tutti questi
intrecci materiali e modulari, cose che,
anche quindici, venti anni fa non avremmo creduto potessero accadere, stanno
mutando radicalmente anche i rapporti interni alle famiglie ed anche all’interno
delle cerchie di amici. Solo fino a pochi anni fa la tecnologia indicata come
progresso, automazione, sviluppo industriale,
non aveva nulla a che fare con le esperienze, i rapporti relazionali di
amicizia, oggi non è più così.
La tecnologia e le
relative connessioni, annullando i confini geografici, “creano” comunità che
nella realtà non esistono e non esiste nessuna garanzia sulla durata delle
stesse, con tutti i suoi componenti. Oggi più di ieri il mondo delle immagini,
il loro primato, sono dentro noi stessi. Fra pochissimo, si può dire che ci
siamo già dentro, con le applicazioni di “realtà aumentata” si potranno
realizzare, a distanza, cose prima irrealizzabili.
Lei nel film di
Ermanno Olmi, “Vedete sono uno di voi”, ci racconta: “mio padre per comunicarmi
la fine della guerra venne da Orbassano a Cuneo, 80 km, con una bicicletta per
darmi la buona della fine della guerra, Cuneo era rimasta isolata dopo che i
tedeschi avevano fatto saltare un ponte che la collegava alle strade principali”[2]. No, no Cardinale, con questa citazione, non
vogliamo coinvolgerlo in una nostra visione nostalgica, no, vorrebbe dire che
stiamo dialogando con la persona sbagliata!, la stiamo utilizzando solo per
dire che, rispetto alla sua ultima esperienza, oggi siamo già entrati in una
nuova dimensione della comunicazione, nella quale, rasa al suolo quella, però,
non abbiamo la certezza, che quella attuale sappia trasmettere calore, amore,
come quello che ha spinto suo padre a percorrere quegli 80 chilometri.
Oggi dove tutto è
velocità e concretezza, siamo/restiamo “chiusi” più tempo dentro di noi. Ci
dobbiamo chiedere quanto riusciamo a
stare “fuori” da questo isolamento, chi incontriamo, dove andiamo e quanto,
invece, sentiamo prepotente il bisogno di far ritorno “dentro”, dove i problemi
dello stesso mondo esterno sono diventati una appendice da vivere solo lo
stretto necessario.
Dobbiamo recuperare
una serie di relazioni a misura di sguardo, come Lei ci ha insegnato,
esercitare maggiormente un ravvicinato controllo dei nostri atti, confrontare
ed affinare tutte quelle capacità emozionali che scaturiscono “dall’incontro”,
anche durante tutta la giornata lavorativa. Stiamo estraniando, buttando fuori
dal comunicare, la bellezza, oggi scambiata e deformata in semplice piacere di
pronto ed immediato consumo, dunque da ricercare in continuazione per essere di
nuovo consumato. Meno di ieri si insegna che la bellezza va oltre il semplice
vedere, per imparare a cercare ciò che è nascosto, per scorgere le differenze,
che, a loro volta, nascondono il senso di qualcosa di inesprimibile, di
inafferrabile, ma, nello stesso tempo, inalano in noi l’insopprimibile
desiderio di andare oltre ciò che stiamo vedendo. Come Lei ci ricorda, se ne
siamo ancora capaci, dovremmo trasmetterci qualcosa che abbia a che fare con la bellezza, si, con
la bellezza di Dio, che sta lì nello sfondo, non visto e non cercato nel
moderno comunicare. Crediamo che il “bello”
debba tornare ad assurgere, più che mai, a modello per ogni uomo. La
bellezza, che qui intendiamo
come esplicitazione del bene, non è solo oggetto della comunicazione, ne è
anche lo stile. Lo stile comunicativo, dunque, partecipa, in qualche modo, del
suo contenuto, della bellezza comunicata.
Ora entriamo nel
secondo punto del nostro dialogo: Il coraggio del voler confrontarsi senza
paura.
Cominciamo col dire che ce n’è voluto tanto…di coraggio….
ricorda, Cardinale, quando, nel suo nuovo incarico, Arcivescovo di Milano, la
diocesi più grande del mondo, seppe superare
paura ed incertezza nell'affrontare le nuove sfide che la vita e la
realtà milanese le mettevano sul suo cammino.
Neanche un mese
dall'insediamento e i terroristi di Prima Linea uccisero il magistrato e
docente Guido Galli. Non ebbe nessuna esitazione. Benché turbato e scosso, andò
subito a pregare e a benedire la salma, ancora calda, nel corridoio fuori
dall’aula dell'Università statale dove era stato freddato con due colpi alla
nuca, dopo il primo ferimento: “bisognava partecipare da vicino alle sofferenze
della gente e portare il conforto della preghiera, disse”[3]. Due mesi
dopo, sotto il piombo terroristico, venne fatto fuori il trentacinquenne Walter
Tobagi, giornalista del Corriere, cattolico, padre di due piccoli bambini. Lei si
trovava a Roma. Sentì il bisogno immediato di prendere la macchina e correre a
Milano, una Milano incredula, sbigottita, terrorizzata. “Ero senza parole,
raccontò in seguito, di fronte a tanta sofferenza. Ricordo che ai funerali, insieme
al dolore, vedevo tanto coraggio e determinazione nella innumerevole folla
accorsa. Milano voleva reagire con grande forza e con grande dignità. Non era
la paura che dominava, ma la volontà di resistere. Ricordo molto bene anche il
dolore e la grande compostezza dei familiari, lo smarrimento degli amici, il
sincero cordoglio di tutti”[4].
A quel funerale seppe cogliere bene quei segni Ferruccio De Bortoli che, nella
stesura di una memoria in suo ricordo, ha esternato così ”… l'omelia di Martini
ci colpì al cuore. Non solo noi che conoscevamo Walter e ne piangevamo la
scomparsa. Mentre l'Arcivescovo parlava in una chiesa del Santo Rosario
affollata fino all'inverosimile, notai le lacrime delle persone accanto a me
che, al massimo, l'avevano letto qualche volta e non l'avevano forse mai sentito
nominare prima. Quella fu, secondo me, la svolta, perché il velo della sofferta
rassegnazione con la quale si assisteva, impotenti, alla catena di delitti si
squarciò d'incanto. Un'occasione così triste si trasformò nel grido di una
città che diceva no al terrore e alla violenza”[5].
La visita ai
terroristi, prima a San Vittore, a Milano, poi nel carcere di Torino, il
battesimo dei due gemelli di Giulia Borrelli, nati in carcere, “proverei una
profonda repulsione verso me stessa se dovessi riconoscere di aver
strumentalizzato quanto ho di più caro, disse Giulia,….se ci siamo rivolti al
cardinale Martini è perché riconosciamo in lui il punto di riferimento
spirituale per i detenuti e per questo abbiamo chiesto che fosse lui a
battezzare i nostri figli che in carcere hanno trascorso la prima parte della
loro vita”[6].
I colloqui con i carcerati e poi la voglia di aprire il loro cuore quando
racconta le loro parole: “quando noi sparavamo non vedevamo la gente, era come
se avessimo buio davanti a noi, sparavamo nel buio. Quando abbiamo cominciato a
capire che c’erano delle persone umane abbiamo cominciato a cambiare idea, a
cambiare cuore “[7].
E poi la consegna delle armi e degli esplosivi dei terroristi di Prima Linea,
in due borsoni, accompagnata da una lettera: “riceva Eminenza la nostra
spontanea rinuncia alle armi, questo è un segnale che affidiamo alle sue mani
per la ripresa del dialogo interrotto dalle nostre gesta nel clima di scontro
degli anni scorsi. Siamo certi, Eminenza che saranno in buone mani. Suo in
Cristo attraverso l’uomo. Ernessto Balducchi”[8].
Dopo le titubanze
dei primi anni, come ricorderà, era ormai diventato un punto di riferimento per
una intera Comunità. Sapeva far discendere con la consapevolezza pastorale di
chi sa da dove tirarla fuori, per le situazioni che di volta in volta si
venivano a creare e nelle quali era richiesto il suo intervento, una ricchezza
“divina”, fatta di cammini concreti, di profondità nelle proposte, di
semplicità nel linguaggio. Le fonti di tutta questa ricchezza provenivano dai
Testi biblici, dai Vangeli, da tante parabole di Gesù, dagli Atti degli
Apostoli, dalla Dottrina Sociale della Chiesa, da tutti i documenti del
Magistero Pontificio dopo il Concilio Vaticano II.
Tantissimi gli interventi con riflessioni sempre centrate fra economia ed etica, sulle tematiche del lavoro, sia pubblico che privato ed anche sul rapporto fra l’attività imprenditoriale ed il tema del profitto. Su questo argomento il suo punto di vista non ha mai suscitato dubbi in proposito: il profitto non andava demonizzato né divinizzato. Ai suoi interventi, in tante situazioni concrete, guardarono con attenzione donne e uomini impegnati nel mondo del lavoro. Nessuno Le poté mai addebitare un atteggiamento di parte, nel merito. Il cuore dei suoi contributi ruotava intorno a tre punti centrali: la dignità dell’uomo, la dignità del lavoro, la dignità della famiglia. Invitava quelli che avevano responsabilità a farsi carico delle loro decisioni per modificare, per incidere, per risolvere al meglio, nelle realtà nelle quali operavano, le questioni in corso. Sul “Vangelo della responsabilità”, se così poteva essere definito, era incentrato tutto l’impegno della Chiesa in cui ha esercitato il suo Magistero.
Riguardo al mondo del lavoro ci piace qui ricordare le “Giornate della solidarietà”, il “Foglio della Pastorale del lavoro della Curia di Milano”, le “Veglie dei lavoratori” cui ha partecipato, le presenze in fabbrica, a Monza (solo per fare qualche esempio), dove già i primi sintomi della globalizzazione facevano cadere gli effetti del trasferimento della produzione in regioni dell’Europa più convenienti sotto il profilo salariale, o all'ACNA di Cesano Maderno, dove anche lì si rischiava la chiusura della fabbrica. In quella occasione disse: "…la mia presenza vuol dire che la Chiesa ambrosiana è con voi, con tutti coloro che sono in situazioni particolarmente difficili….. la soluzione spetta alle diverse realtà sociali implicate. Ma il mio essere qui è nel nome del Vangelo, come voce del Vangelo che è voce di chi non ha voce. Ed è in forza di questa voce che è necessario proclamare qui, come radice e sorgente di tutte le soluzioni pratiche, il primato dell'uomo e del lavoratore sul lavoro stesso. Da ciò deriva la lotta senza quartiere per la distruzione del profitto come idolo a cui si sacrifica tutto il resto"[9].
Tantissimi gli interventi con riflessioni sempre centrate fra economia ed etica, sulle tematiche del lavoro, sia pubblico che privato ed anche sul rapporto fra l’attività imprenditoriale ed il tema del profitto. Su questo argomento il suo punto di vista non ha mai suscitato dubbi in proposito: il profitto non andava demonizzato né divinizzato. Ai suoi interventi, in tante situazioni concrete, guardarono con attenzione donne e uomini impegnati nel mondo del lavoro. Nessuno Le poté mai addebitare un atteggiamento di parte, nel merito. Il cuore dei suoi contributi ruotava intorno a tre punti centrali: la dignità dell’uomo, la dignità del lavoro, la dignità della famiglia. Invitava quelli che avevano responsabilità a farsi carico delle loro decisioni per modificare, per incidere, per risolvere al meglio, nelle realtà nelle quali operavano, le questioni in corso. Sul “Vangelo della responsabilità”, se così poteva essere definito, era incentrato tutto l’impegno della Chiesa in cui ha esercitato il suo Magistero.
Riguardo al mondo del lavoro ci piace qui ricordare le “Giornate della solidarietà”, il “Foglio della Pastorale del lavoro della Curia di Milano”, le “Veglie dei lavoratori” cui ha partecipato, le presenze in fabbrica, a Monza (solo per fare qualche esempio), dove già i primi sintomi della globalizzazione facevano cadere gli effetti del trasferimento della produzione in regioni dell’Europa più convenienti sotto il profilo salariale, o all'ACNA di Cesano Maderno, dove anche lì si rischiava la chiusura della fabbrica. In quella occasione disse: "…la mia presenza vuol dire che la Chiesa ambrosiana è con voi, con tutti coloro che sono in situazioni particolarmente difficili….. la soluzione spetta alle diverse realtà sociali implicate. Ma il mio essere qui è nel nome del Vangelo, come voce del Vangelo che è voce di chi non ha voce. Ed è in forza di questa voce che è necessario proclamare qui, come radice e sorgente di tutte le soluzioni pratiche, il primato dell'uomo e del lavoratore sul lavoro stesso. Da ciò deriva la lotta senza quartiere per la distruzione del profitto come idolo a cui si sacrifica tutto il resto"[9].
Caro Cardinale tanti
sono i punti che vorremmo ancora prendere in esame su questo tema del coraggio, ci
vorrebbero fiumi di inchiostro e spazi di scrittura immensi. Sentiamo,
però, di non poterci esimere dal far
cenno a due temi scottanti e di grande attualità. Per prima vogliamo parlare del
tema dell’immigrazione. Auspichiamo, nel merito, che le Sue parole, a distanza di più di vent'anni, possano
risuonare e trovare spazio non solo nelle menti degli uomini politici, cui
spettano decisioni importanti, ma anche
in quelle dei tanti cittadini cattolici e non cattolici che, in questi giorni
mentre scriviamo, sembra abbiamo dimenticato che “la Chiesa avverte la tematica
dell’accoglienza degli stranieri quale esperienza vicina alle proprie origini,
quale occasione per rinnovare la nostra coscienza. Possiamo dunque affermare
che l’immigrazione può essere una circostanza provvidenziale anche per
l’Occidente, per impegnarsi in profondità. Occorre una disposizione del cuore e
vedere – l’ho sottolineato altre volte – in tale fenomeno un appello a un mondo
più fraterno e solidale, a un’integrazione multirazziale che sia segno e inizio
della presenza di grazia di Dio in mezzo agli uomini. L’immigrazione è davvero
un’occasione storica per il futuro dell’Europa, occasione di bene o di male, a
seconda di come la governeremo…..Ricordiamoci che, affrontando correttamente i
problemi che quotidianamente vivono nel nostro Paese gli stranieri,
contribuiremo alla soluzione di tanti problemi strutturali riguardanti pure gli
italiani. Non si tratta di scatenare pericolose rivalità tra persone in stato
di bisogno; si tratta piuttosto di affrontare globalmente i problemi posti sul
piano sociale dall'immigrazione, con vantaggio per tutti, a partire dai più
deboli e dai più sfortunati”[10].
Il secondo
riferimento riguarda il ruolo dell’Europa sia nella stretta attualità che nella
prospettiva del rinnovo delle Istituzioni democratiche che avverrà nei prossimi
mesi. Siamo a conoscenza degli
interventi e del lavoro instancabile compiuti sia dai suoi predecessori che da
Lei stesso, a partire dal 1986, anno della sua elezione alla CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa), a favore delle Istituzioni europee. Ma qui nel dettaglio ci teniamo
a ricordare il Suo intervento, lungimirante e profetico, tenuto al Parlamento europeo, a Strasburgo nel 1997:
“Ritengo si possa dire che l’Europa si trova di fronte a un bivio importante,
forse decisivo, della sua storia. Da un lato le si apre la strada di una più
stretta integrazione: le linee per realizzarla sono molte e in gran parte sono
incluse nella sua stessa storia. Dall'altro lato, la strada che può aprirsi è
anche quella di un arresto del processo di unificazione o di una sua riduzione
solo ad alcuni aspetti non pienamente rispettosi dei valori su cui deve
fondarsi una vera unione (..). La scelta, dunque, sembra essere tra un’unità
più stretta capace di coinvolgere un maggior numero di popoli e nazioni e una
battuta d’arresto che potrebbe portare alla disgregazione dell’edificio europeo
o alla identificazione di tale edificio con una sola parte del Continente”[11].
Caro Cardinale,
guardando al terzo punto del nostro dialogo: Progettare “la nuova città” cui
guardare attraverso il dialogo ecumenico.
Vorremo partire da una
certezza cui abbiamo guardato e che abbiamo sempre cercato di trasmettere nel
corso della nostra esperienza di lavoro con i giovani. I nostri pensieri, le
nostre certezze hanno preso forza e vigore, in maniera sempre più marcata,
quando abbiamo incrociato le sue riflessioni, i suoi insegnamenti al riguardo.
Il nostro primo
impatto con uno Stato, in quanto cittadini, lo abbiamo con la città dove
nasciamo, dove viviamo con la nostra famiglia, dove si sviluppano i primi
momenti della nostra vita civile e sociale. “In forza della sua complessità
localizzata, la città permette tutta una serie di relazioni condotte sotto lo
sguardo e a misura di sguardo, e quindi esposte al ravvicinato controllo etico,
e consente all'uomo di affinare tutte le sue capacità. Essa è infatti sempre
meno un territorio con caratteristiche peculiari, e sempre più un mini-Stato
dove si agitano tutti i problemi dell’umano. È perciò palestra di costruzione
politica generale ed esaltazione della politica come attività etica
architettonica. Appena perdi la sicurezza dell’appartenenza, dal momento che ci
si isola dal territorio nel quale si vive, l’estraneità nei riguardi di tutto
ciò che esula dal nostro sguardo, a partire dai diversi, dagli stranieri fa
aumentare in noi a dismisura la paura dell’altro. L’isolamento crea paure e
insoddisfazione. Ci rifugiamo nella recriminazione per pretendere che qualcuno
ci difenda da chi non si conosce e non abbiamo fatto nulla per conoscerlo, dal
vicino di casa che disturba la nostra quiete familiare, allo straniero e ai
diversi che percorrono le vie che siamo abituati a frequentare”[12].
Queste idee di
partenza ci sembrano rappresentare il cuore del discorso che vogliamo
sviluppare su questo punto. Il suo sguardo ed il suo riferimento specifico
erano riferiti alla città di Milano. La sua esperienza e le proiezioni del
domani ci dicono che le dimensioni delle città cresceranno a dismisura. I
nostri ragazzi di questo terzo millennio dovranno fare i conti, probabilmente,
con città molto più estese di Milano, dovranno relazionarsi con un numero di
persone molto più grande. Secondo i suoi
insegnamenti dobbiamo sforzarci di comprendere anche ciò che avviene intorno a
noi, perché non possiamo/dobbiamo rinunciare a comprendere i problemi che la
nostra epoca ci mette davanti. Connessi ai progetti di queste “nuove città” non
possiamo disgiungere i problemi dell’ambiente e quello delle risorse, sia
naturali che materiali. Alcuni dati
della FAO, riferiti al 2014, mettono i brividi: il 54% della popolazione è ammassato in centri urbani, diventerà il
70% nel 2030. Quando pensiamo a questi numeri, Cardinale, pensiamo a tanti
giovani, già ne conosciamo molti, che saranno costretti dalla vita, dalle
aziende per cui lavorano o collaborano, ad andare a vivere in città ed in
grattacieli-alveari nelle grandi periferie delle megalopoli asiatiche sia esse
cinesi che indiane o europee. Tra dodici anni le prime sette città più popolate
saranno in Asia, sommeranno 205 milioni
di abitanti.
Parlare di bene
comune, di sostenibilità, legati alla difesa del territorio può suonare come un
discorso astratto. Ma è lo spirito che ci deve accompagnare il questo cammino
cui noi guardiamo, cui bisogna guardare, quello spirito che ha saputo infondere
alla comunità milanese quando neanch'essa pensava fosse possibile coniugare la
Parola e i sogni. Dovremo fare appello
alla nostra coscienza cristiana, rimboccarci le maniche e cominciare ad
abbattere i muri fuori e dentro di noi.
Le città e le persone non stanno ferme, si muovono per conservare ed
innovare allo stesso tempo, per custodire e donare, per sviluppare tutte quelle componenti che con la propria
cultura si portano dentro. Quella che appartiene ad un cristiano è fatta di
Parola, di libri, di condivisione, di missione, di speranza, di carità. A
questi elementi si devono aggiungere la libertà congiunta con l’etica della
responsabilità, l’amore per l’altro.
Faremo tesoro degli insegnamenti cristiani che ci portiamo dentro ed anche del valore del sapere scientifico, e Lei, caro Cardinale, da questo punto di vista, rappresenta un esempio luminoso. Ci ha insegnato che ogni sapere, ance quello più altamente scientifico e tecnologico non può essere disgiunto dall'idea, dal fatto di voler rinunciare a qualcosa del proprio sé, cioè di volersi sacrificare per mettersi a disposizione di un progetto che sappia guardare al bene ed alla bontà dell’agire insieme. E poi un progetto che abbia l’ambizione di voler essere credibile non può prescindere da un approccio scientifico che sappia curare e svilupparne i momenti, ma la scienza non può bastare a se stessa. Se in questo progetto c’è dentro la vita dell’uomo le sole soluzioni tecniche saranno poco efficaci se trascureranno due degli elementi più importanti del saper vivere insieme: l’idea di rinunciare ad una piccola parte di sé, cioè di volersi sacrificare per l’altro e quella di trovare dentro di noi quella parte di bontà, dono di Dio, che ci portiamo dentro per metterla a disposizione di tale progetto.
Faremo tesoro degli insegnamenti cristiani che ci portiamo dentro ed anche del valore del sapere scientifico, e Lei, caro Cardinale, da questo punto di vista, rappresenta un esempio luminoso. Ci ha insegnato che ogni sapere, ance quello più altamente scientifico e tecnologico non può essere disgiunto dall'idea, dal fatto di voler rinunciare a qualcosa del proprio sé, cioè di volersi sacrificare per mettersi a disposizione di un progetto che sappia guardare al bene ed alla bontà dell’agire insieme. E poi un progetto che abbia l’ambizione di voler essere credibile non può prescindere da un approccio scientifico che sappia curare e svilupparne i momenti, ma la scienza non può bastare a se stessa. Se in questo progetto c’è dentro la vita dell’uomo le sole soluzioni tecniche saranno poco efficaci se trascureranno due degli elementi più importanti del saper vivere insieme: l’idea di rinunciare ad una piccola parte di sé, cioè di volersi sacrificare per l’altro e quella di trovare dentro di noi quella parte di bontà, dono di Dio, che ci portiamo dentro per metterla a disposizione di tale progetto.
Cercheremo di farlo
noi, per quel che ci resta da vivere, e chiederemo ai giovani di questa e delle
generazioni a venire di stringere forte al petto per poi trasferirlo al cuore ed
alla mente “Il piccolo manuale della speranza; Vivere con fiducia il nostro tempo”[13],
oltre ai tanti altri insegnamenti che abbiamo tratto e trarremo dai suoi
esempi. Invece di globalizzare l’indifferenza, come continua a denunciare papa
Francesco, cui non ha avuto la gioia di poter stare vicino, ma che ne ha
profetizzato l’ascesa, dovremo imparare e mettere in pratica la globalizzazione
della solidarietà, la sussidiarietà, sia nel diffonderla che nella pratica
attiva.
Andiamo a chiudere
questo nostro breve, ma intenso scambio di pensieri, caro Cardinale, e non
possiamo che esprimere tanta gratitudine per la “stretta” compagnia della
quale abbiamo goduto e della quale abbiamo profittato in questo tempo occupato
ad elaborare queste righe.
Tutti noi abitanti
di questo tempo futuro, di questi spazi, in questo viaggio terrestre dobbiamo
imparare e trasmettere questi concetti che da Lei stiamo ereditando, ne saremo
capaci?. Cercheremo di portarceli dentro nella nostra quotidianità. Se
mancheranno questi strumenti essenziali
la costruzione del prossimo futuro diventerà poco credibile.
La Gerusalemme
Celeste, cui dovremo tutti noi guardare, è figlia anche di quella Gerusalemme
terrestre dove per tanti anni ha vissuto ed ha avuto modo di sperimentare
realmente come la preghiera, la convivenza e la tolleranza reciproca siano
state e sono possibili, contrariamente a quel che sembra e a quel che una
informazione, a volte, superficiale e fatta di luoghi comuni sembra rimandare.
“A Gerusalemme si respira la storia biblica dai patriarchi ai profeti, fino a
Gesù. Questa è la terra che lui ha visto, il cielo che ha contemplato, il
suolo, le pietre che ha calpestato, dove ha sparso il suo sangue e dove si è
diffusa la parola: Risorto”[14]
.
Temprati da questo
“incontro”, facciamo totalmente nostro questo pensiero: “Consegna ai tuoi figli
un mondo che non sia rovinato. Fa sì che siano radicati nella tradizione,
soprattutto nella Bibbia. Leggila insieme a loro. Abbi profonda fiducia nei
giovani, essi risolveranno i problemi. Non dimenticare di dare loro anche dei
limiti. Impareranno a sopportare difficoltà e ingiurie se per loro la giustizia conta più di ogni altra
cosa “[15].
Salvatore
Spallina
Carlo Maria Martini (Torino 15/02/1927 – Gallarate (Varese) 31/08/2012),
gesuita, biblista di fama internazionale, è stato arcivescovo di Milano dal
1980 al 2002. Dal 1986 al 1993, presidente della CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa). È autore di numerose opere e pubblicazioni scientifiche, di tanti
altri scritti, a vario titolo, su suoi interventi in molti ambiti. Di
particolare interesse sono “Le lettere pastorali” durante il magistero
milanese. Dal 2009 al 2012 ha tenuto una rubrica mensile sul “Corriere della Sera”,
dal titolo Lettere al Cardinale. Qui ci piace citare Le 12
Cattedre dei non credenti dove sono state prese in esame diverse
tematiche. Il rapporto con la città, con i sentimenti, il dolore, la violenza,
la scienza, l’ateismo, la poesia, l’arte, l’universo, la fede. “Io ritengo che
ciascuno di noi abbia in sé un non credente e un credente, che si parlano
dentro, si interrogano a vicenda …. Io chiedevo non se siete credenti o non
credenti ma se siete pensanti o non pensanti. L’importante è che impariate a
inquietarvi. Se credenti, a inquietarvi della vostra fede. Se non credenti, a
inquietarvi della vostra non credenza. Solo allora
saranno veramente fondate ”.
Il lembo del mantello, pag. 17
[2] “Vedete, sono uno di voi”, Il
regista Ermanno Olmi racconta Carlo Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da
Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
Martini:
i miei anni di piombo e di speranza, di Alessandro
Zaccuri
Martini:
i miei anni di piombo e di speranza, di Alessandro Zaccuri
[5] Vergottini M. (cur), Martini e noi, Piemme, Milano 2015,
pag. 310
[6] “Vedete, sono uno di voi”, Il
regista Ermanno Olmi racconta Carlo Maria Martini, 2017; DVD Prodotto da
Istituto Luce Cinecittà con Rai Cinema
[7] ibidem
[8] ibidem
Il lavoro: vocazione e responsabilità nel mondo, L'episcopato del cardinal Martini
a Milano e l'odierna questione sociale di Lorenzo Cantù, 15/07/2002
L’immigrazione come sfida: un contributo del
cardinal Martini
Card. Carlo M. Martini: Paure e speranze di una città,
Discorso al Comune di Milano, 28 giugno 2002, pag. 690
[15]
Martini
C. M. - G. Sporschill, Conversazioni
notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede, Oscar Mondadori, Milano
2010, pag. 124
Bibliografia
Bottalico
G. – Satta V., Corpi intermedi. Una
scommessa democratica, Ancora Editrice, Milano 2015
Cattoi A.(
cur), C. M. Martini - I. Marino: Credere
e conoscere, Giulio Einaudi, Torino
2012
Garzonio
M., Il profeta. Vita di Carlo Maria
Martini, Arnaldo Mondadori Editore, Milano
2012
Garzonio
M., Ritorno a Gerusalemme. Il cammino del
cristiano i Terra Santa con Carlo Maria Martini, Edizioni Terra Santa,
Milano 2018
Martini C.
M., Piccolo manuale della speranza.
Vivere con fiducia il nostro tempo, Giunti, Firenze 2012
Martini C.
M., Cerco una verità….Parole ai giovani,
Piemme, Casale Monferrato 1997
Martini C.
M., Qualcosa in cui credere. Ritrovare la
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Effatà apriti
Il lembo del mantello
Sto alla porta
Quale bellezza salverà il mondo?
Alain
Elkann intervista/colloquio con il cardinale C. M. Martini
Martini: i
media creino ponti tra la gente (intervista/colloquio di Gianni Riotta con il
cardinale C. M. Martini
https://icpressroom.wordpress.com/2018/11/07/un-futuro-da-rincorrere/
L’innovazione avanza veloce e ci precede, la scommessa? pragmatismo
e fantasia
http://www.ventochemuove.it/?p=3617 E. Scalfari e C. M. Martini - Carlo Maria Martini: Il bene comune, Il
testamento spirituale di C.M. Martini di Marco Politi
Card. Carlo M. Martini: Crescita della libertà e fede cristiana
Card. Carlo M. Martini: Paure
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di Milano - 28 giugno 2002
Don Ciotti: ''Era capace di parlare chiaro senza ipocrisie''
Martini: i miei anni di piombo e di speranza, di Alessandro Zaccuri
Il lavoro: vocazione e responsabilità
nel mondo, L'episcopato del cardinal Martini a Milano e l'odierna
questione sociale di Lorenzo Cantù, 15/07/2002
Perché La Bibbia è il Libro del
futuro dell’Europa?
Carlo Maria Martini Arcivescovo emerito di Milano
Cesano Boscone – Cinema
Teatro Cristallo – Domenica 9 Maggio 2004
L’immigrazione come sfida: un contributo del cardinal Martini
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