Il saggio di Roberto Fai, “La vita e le forme. Sulla crisi della
potenza istituente” (Apalos Ed. 2023), mette al centro del suo
percorso espositivo un interrogativo: l’uomo del terzo millennio sta perdendo o
ha smarrito e già perduto la sua capacità di essere soggetto istituente?
La lettura, con i pensieri ad essa connessi, tiene
acceso, con costanza, l’interrogativo posto
e diventa uno stimolo che ci accompagna attraverso le pagine. A questo
interrogativo si associa, approfondendolo, il percorso storico-politico
dell’Occidente, così come noi Occidentali lo conosciamo e lo consideriamo
“nostro”, dalla Atene periclea ai nostri giorni.
Oramai è assodato che l’Occidente, con la sua storia politico-istituzionale, è un modello cui guardano tanti paesi del mondo. Anche
se i fatti, che ci accadono intorno, ci dicono che fuori da questo modello di
riferimento si affermano forme di Stato fintamente democratiche, dove il rito della
democrazia, del recarsi a depositare, in un’urna, una volontà libera, che possa
esprimere la libera scelta per un progetto di governo di quella società, è lontana
dalla verità effettuale, machiavellicamente intesa.
È vero pure che il saggio ci interroga su un altro aspetto non
secondario della nostra esistenza in quanto essere viventi, essenti, cioè se
siamo ancora portatori di quell’istanza primaria fondativa del ruolo che la Storia
ci ha assegnato come componenti una comunità umana.
Noi siamo una società di animali, aristotelicamente intesi, come altre
società di animali esistenti. Una stratificazione storica-documentale ci
continua a proiettare su una dimensione dalla quale il pensiero pensante non
riesce a distogliersi obbligandoci a cercare soluzioni socio-politiche degne
del nostro ruolo.
Le riflessioni e gli studi di grandi
pensatori antichi, ma modernissimi, man mano che scorriamo le pagine, si
intrecciano con quelli di tanti, moderni e contemporanei, che hanno contribuito
alla formazione ed ai mutamenti delle forme istituzionali fino a farci porre
domande ancora aperte, che un poco ci
inquietano. E inquietarci è una buona ragion d'essere per dare al pensiero quella forza per continuare ad interrogarci ed a cercare risposte.
I temi, sotto la forma delle domande, che si pongono Italo Calvino, “il
mio disagio è per la perdita della forma che constato nella vita”, e Georg
Simmel, “le forme altro non sono che gli ineludibili luoghi di oggettivazione
dell’esistenza…..l’esistenza stessa che si esperisce oggettivandosi in forme”, andranno via via, nel percorso storico contemporaneo, ad intrecciarsi alle aspettative che la fine della guerra fredda e "la caduta del muro" del 1989 avevano creato nel mondo. Quelle energie , non sono riuscite a trasformarsi in nuove forme istituzionali capaci di proiettarsi in una visione "altra".
Inoltre "la perdita della forma" e l'oggettivarsi della vita in altre forme che si portano dentro, secondo noi, altro non sono che le
domande inevase, ma chiare, quali l'interrogarsi sull’Interesse ed il Bene per l'Umanità, per il proprio Paese, per la propria città. Erano i temi che ruotavano intorno alla figura di Socrate. Atene e i suoi giudici, condannandolo a morte, non vollero che Socrate continuasse a porle alla città e ai suoi concittadini.
Noi qui prendiamo lo spunto che ci offre Hanna
Arendt in un profondissimo “Socrate”, R. Cortina Ed. (2021), che non confuse mai la
bellezza dell’interrogarsi disgiunta dal
perseguimento del Bene. Un Bene anche politicamente inteso, frutto di un percorso razionale e rigoroso sia individuale che collettivo, da condividere.
"Socrate aveva colto l’ironia del motto delfico, che lo definiva il più sapiente di tutti i mortali: quelle parole significavano, per lui, che il più sapiente di tutti è chi sa che gli uomini non possono essere sapienti. Ma la polis non gli credette…..”(pag. 31). A cominciare dalle ridicole motivazioni con le quali i suoi accusatori lo avevano portato a processo. Pubblicamente, tutto doveva diventare doxa, opinione, opinione comune, di facile comprensione ed accessibilità, in una sorta di processo, ante litteram, alla ragione, al logos, paragonabile ai processi che oggi si fanno sui social.
Dopo la condanna di Socrate, il Bene, come sappiamo, sarà il punto centrale della riflessione che porterà Platone ad elaborare la teoria delle idee-forme.
Nello scorrere delle pagine, il saggio di Fai, non
trascura il contributo di pensatori come Salvatore Natoli e Karl Polanyi che hanno trattato
il materialismo, inteso anche con le forme istituzionali dell’economia fino
all’Antropocene, che si trasforma e si intreccia con la vita e i suoi “bisogni”
senza che si riesca a decifrare, tracciandolo, un percorso che abbia una netta visibilità, fra visioni/divisioni politiche e religiose attuali.
Poi, da Sigmund Freud, a Karl Marx e Friedrich Nietzsche, da Michel Foucault a Biagio De Giovanni, il saggio si inoltra dentro quel percorso dove, fra vita e forma, si incunea, in forme visibili e a volte spettrali, quel “Negativo” che con la sua potenza rimescola e abbatte Istituzioni costruite con ratio ed aspettative lasciandosi dietro scie di odi, violenze, sangue.
Le due parti del saggio che ci hanno intrigato e spinto ad indagare ed a svolgere riflessioni di grande respiro; la prima è quella che, con il contributo dei libri di Roberto Esposito, Roberto Fai ritraccia e mostra come: " l'artificialità giuridica". Infatti le norme, il diritto sono artifici, invenzioni umane, però questa idea di base nella formulazione del diritto, nella Roma precristiana, aveva preso il sopravvento e tendeva a far prevalere, con essa, una "normazione della natura stessa". Poi, partendo dall'esperienza dell'ingresso del Cristianesimo nella Storia delle Istituzioni di Roma e di tutto l'Occidente, l'affermarsi della religione cristiana, come religione dell'Impero, ridarà forza a quella intangibilità connaturata con la natura/vita che identifica Dio come "unico padrone della giustizia", come sottolinea R. Esposito, sottraendo al diritto ed alla storia degli uomini l'atto dell'istituzione della vita.
La seconda parte è quella relativa all'aspetto proiettivo del ruolo che il paradigma istituente ed il paradigma biopolitico possono giuocare "nel presente-futuro del corpo mondo" per cercare di superare "le forme opache e ingiuste del potere globale – potere politico, economico-finanziario, tecnico-scientifico" (pag.63) Un momento importante, "perturbante", lo definisce Fai, è stato quello relativo allo sconvolgimento globale che le istituzioni sociali e politiche hanno dovuto affrontare con il Covid 19.
L'altra faccia di un serio problema, il Continente europeo e tutto l'Occidente ce l'hanno in carico, è quello relativo a saper cercare o "inventare" delle nuove istituzioni che sappiano "proteggere il diritto, le persone, le libertà democratiche......e abolire tutto ciò che nella vita contemporanea schiaccia le anime sotto l'ingiustizia, la menzogna e la bruttezza (pag.69), dice Fai, citando Simone Weil.
Compito arduo, ma importante quello di capire quali forme assumeranno le istituzioni comunitarie a venire. Proprio l'uomo, questo essere ontologicamente essente disvela il manifestarsi della sua
bellezza in sé. Come fosse una continua rinascita. Solo chi crede di vederla
cristallizzata, pensando di averla colta e bloccata in qualunque
rappresentazione materiale, non sa che si sta confrontando con qualcosa che non
è più.
Il pensiero pensante saprà trovare dentro la sua dialettica,
hegelianamente intesa, quella forma istituzionale che sappia nel miglior modo
dare forme democratiche di rappresentanza politica capaci di contenere quelle
spinte religiose ed economiche pronte a minarne la forza ideale quand’anche,
con tanti sforzi, se ne raggiunge la concretezza sotto la forma e l’egida del
diritto. Una sorta di modello Occidentale come il migliore dei mondi possibili, leibnizianamente inteso, che sappia aprirsi all'idea della compossibilità.
La forma/vita, di per sé, è sempre instabile, ma,
come i fotoni, ce l’ha insegnato la fisica quantistica, è essente, sempre viva,
anche se inosservabile fino in fondo (leggasi le bellissime pagine di
“Metafisica concreta” di Massimo Cacciari, Adelphi (2023), dove approfondisce
il tema “L’Impossibile. Memorare Novissima”. Però i nuovi paradigmi istituzionali, magari con l'aiuto di forme di AI, Intelligenza Artificiale, hanno bisogno di intelligenze acute nel contribuire a normarli per evitare che possano "formare" e restituirci tante menti come quella di Adolf Eichmann (1) incapaci di "resistenza alcuna al contesto normativo in cui si trova immersa..........[sembra] non trasgredisce alcuna legge morale [ascoltando] una coscienza che parla però la lingua della collettività, a sua volta espressione del contenuto e della vigenza del nuovo ordine normativo" (H. Arendt, Socrate, pag. 104). Una sorta di polo estremo rispetto a Socrate (2 - vedi nota).
Vero è
che, come ci ha insegnato Hegel, la nottola di Minerva si alza sul fare del
crepuscolo, cioè quando la realtà si è compiuta, per quel giorno, però nel
giorno a venire che ci ritroverà essenti e pensanti, quando ripenseremo ai
giorni a seguire, prima che andranno a chiudersi anch’essi, a noi spetterà sempre, seppur piccola, una parte da svolgere.
Ci perdonerà, il nostro lettore, per questa chiusa, ma ci sentiamo di consigliare una lettura propedeutica, per
il nostro tempo e per i tempi a venire. Se possibile, da regalare ad altri
amici. Si tratta del libro, “Per la pace perpetua” di Immanuel Kant. In qualunque edizione lo si trovi, anche in una bancarella a poco prezzo. Noi, nel
lontano 1998, insieme ad una classe di maturità dell'Einaudi di quell'anno, incrociammo, su una bancarella, a mille lire, “Le opere e i giorni”
di Esiodo, siamo ancora qui a ringraziare quel fortunato incrocio.
Al di là
della facile battuta o del sorrisino cui andreste incontro, con il primo amico cui parlereste
dell’acquisto, non tanto sulla parola Pace, quanto all'abbinamento a “perpetua”, possiamo garantire
che non c’è pascolo migliore per la mente. Infatti, lontano da qualunque forma di
utopia, per gli stimoli intellettuali e culturali da cui si trae sicuro giovamento, varrà sempre la pena tornare a sfogliarlo e amarlo in
profondità.
Salvatore Spallina
Roberto Fai, fondatore insieme ad
Elio Cappuccio del Collegio Siciliano di Filosofia, ha ideato e promosso il
Premio di Filosofia “Viaggio a Siracusa”; è stato impegnato come Dottore
di ricerca in “Profili della cittadinanza nella costruzione dell’Europa”
e in Teoria e prassi della Regolazione sociale nell’UE. Ha curato con
Elio Cappuccio il volume “Figure della soggettività” (Siracusa, 1995); insieme a Pietro Barcellona e Fabio Ciaramelli il volume “Apocalisse e
post-umano. Il crepuscolo della modernità” (Dedalo, 2007). Ha pubblicato per Mimesis Ed.: “Genealogie
della globalizzazione. L’Europa a venire” (2009); “Frammento e sistema.
Nove istantanee sulla contemporaneità” (2013); “Jacques Derrida.
Tentazione di Siracusa” (2018), a cura di Caterina Resta, postfazioni di
Elio Cappuccio e Roberto Fai; “Pastorale arcadica. Per un Regno giusto”
(2020); “Essere contemporanei della fine del mondo. Saggi su Manlio Sgalambro”
(2022) in collaborazione con Luca Farruggio, Rita Fulco, Caterina Resta.
1 - Adolf Eichmann è stato un criminale nazista, ufficiale delle
SS, uno dei principali fautori ed esecutori dello sterminio degli ebrei. Catturato
in Argentina fu processato a Gerusalemme e condannato a morte (1962) per crimini di
guerra contro l’Umanità. Hannah
Arendt seguì quel processo come giornalista. Nel suo libro “La banalità del
male. Eichmann a Gerusalemme” ne racconta la figura e il personaggio.
2 - https://www.youtube.com/watch?v=_jaGPxHMX1I&t=613s
- Yanni - "Prelude - Love Is All - tratta
dall'album The Tallest Man On Earth
Vi invito di ascoltare questa canzone a partire dalla presentazione nella quale viene
citato Socrate e la sua figura, come sintesi universale del
pensiero umano. Per questo link ringrazio il mio amico Giuseppe Di Giorgio.